L'Italia delle frattaglie
Un viaggio da nord a sud della penisola all'insegna del quinto quarto. La tradizione delle frattaglie. Cosa sono e come si classificano?
“Signora, sono a sua completa disposizione, corpo, anima e frattaglie”. Questa frase, tratta da “Totò cerca moglie”, contiene una non trascurabile verità: esiste qualcosa di più profondo di una frattaglia? Se si pensa che con questo termine ci si riferisce alle interiora di un animale, la risposta è no.
Eppure il lemma ha sempre avuto una connotazione negativa. Contrapposte per definizione ai tagli nobili, le frattaglie per molto tempo sono state relegate ai margini della cucina, associate irrimediabilmente all’appartenenza a classi disagiate.
Cos'è il quinto quarto
Ma più della povertà potè la distinzione e, in tempi di inversione di tendenza e di ricerca di nuovi percorsi di diversificazione culinaria, ecco che anche le frattaglie sono tornate alla ribalta con il sinonimo di quinto quarto (per dare un’accezione di fighezza? Chi lo sa!). Noi alle frattaglie abbiamo sempre creduto e, per onorarle a dovere, ve le proponiamo nelle diverse ricette che abbiamo scovato in giro per l’Italia.
Viaggio in Italia alla ricerca delle frattaglie
Valle d’Aosta
Partiamo dalla Valle d’Aosta dove ci fermiamo per un assaggio di Teteun: mammella di mucca, messa in salamoia per giorni con sale, varie erbe e spezie (rosmarino, salvia, alloro, ginepro), risciacquata, pressata, fatta asciugare, poi bollita e servita a fette.
Piemonte
In Piemonte la frattaglia per eccellenza è la finanziera, il cui nome deriva dalla popolarità riscontrata dal piatto tra la gente di borsa e di banca. Per realizzarla vengono usati più tagli di carne di diversi animali.
Il vitello domina, presente sotto forma di animelle e di filoni (schienale); il resto è costituito da manzo, creste, barbigli, fegatini e ovette di pollo. Rimanendo in questa regione, vale la pena assaggiare i baciuà, piedi di porco impanati e fritti.
Liguria
Lingua, grasso, cotiche e cartilagine della testa di maiale, con l’aggiunta di erbe aromatiche, sono gli ingredienti principali della testa in cassetta, una specialità di norcineria ligure e piemontese.
Lombardia
L’insalata di nervetti, fatta con le cartilagini di vitello o di maiale lessate a lungo, tagliate a strisce e conditi con cipolle, olio, limone, aceto, è uno degli antipasti più diffusi in Lombardia, dove sono molto apprezzate anche le cervella di vitello impanate e fritte.
Ma il piatto per antonomasia della cucina lombarda è la cassoeula, un trionfo del quinto quarto, preparato con la verza cotta a lungo con sedano, carote, zampette, piedini, codino, cotenne, orecchie di maiale.
Trentino-Alto Adige
La mortandela è un salume tipico della Val di Non, preparato pestando nel mortaio (da qui il nome) le parti meno nobili del maiale, quali lingua, fegato e coppa del collo che vengono appallottolate e avvolte nell’omento (la grassa membrana trasparente definita comunemente rete).
Friuli-Venezia Giulia
In Friuli con lo stesso procedimento, viene realizzata la marcundela.
Veneto
Non andate via dal Veneto senza aver gustato il figà alla venesiana in cui il fegato del vitello viene cucinato a listarelle con la cipolla di Chioggia, il burro, l’olio, il prezzemolo e l’aceto.
Toscana
I chioschetti dei lampredottai sono tra le principali attrazioni di Firenze. Il capoluogo toscano non sarebbe lo stesso senza il panino al lampredotto, la cui identità è strettamente vincolata a questa città.
Da piatto povero regionale, ricavato da uno dei quattro stomaci dei bovini, l’abomaso, il lampredotto è ormai un’istituzione nazionale.
Al naturale con salsa verde, con fagioli all’uccelletto e salsiccia, alla cacciatora con olive nere denocciolate: sono molti i condimenti a cui si presta il panino con il lampredotto.
Se siete in Toscana ricordate di assaggiare il cibreo, un intingolo (Artusi docet) realizzato con rigaglie di pollo (fegato, cuore e stomaco), creste, tuorlo d’uovo, cipolla, vino e burro.
Lazio
La cucina della frattaglie fa parte dell’identità gastronomica della capitale: a Roma i piatti a base di quinto quarto imperversano. Dalla coda alla vaccinara, realizzata con coda di bue stufata e speziata alla pajata, in cui la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte, pulito ed eviscerato ma non privato del latte, è l’ingrediente protagonista di piatti cult della tradizione capitolina, come i rigatoni.
Senza dimenticare la coratella, il nome collettivo che indica un complesso di interiora (fegato, polmone e cuore, poi esteso ad animelle, rene e milza) di diversi animali, in particolare agnello, e che viene preparata soprattutto in umido con i carciofi, o fritta.
Sud Italia
Rotolando verso Sud abbiamo la possibilità di assaggiare altri sfizi a base di frattaglie. Molto diffusi in Puglia, ma presenti con delle varianti anche in Molise e Basilicata, gli gnummareddi sono degli involtini di interiora di agnello (fegato, polmone e rognone) avvolti nell’intestino dello stesso animale, conditi con prezzemolo, pepe nero o finocchio e rosolati sulla griglia.
Altro inno al quinto quarto lo troviamo nella punta dello stivale. Stiamo parlando del morzeddhu calabro, un panino (si usa quasi sempre la pitta), farcito con un soffritto di frattaglie (milza, esofago, polmone) e parti meno pregiate della trippa di vitello, cotte nel pomodoro con alloro, origano e una quantità davvero notevole di peperoncino piccante.
Le varianti del morzeddhu sono tante, ma per gustarlo nella sua versione più autentica occorre fare tappa a Catanzaro, la città che ha dato i natali a questa chicca dello Street food nazionale.
Lo street food delle frattaglie
E, sempre rimanendo in tema di street food, cosa dire del pani ca’ meusa? È Palermo la patria dei meusari: venditori ambulanti della vastedda (pagnotta al sesamo) imbottita con pezzetti di milza e polmone di vitello, tagliati, bolliti e cotti a lungo nella sugna.
Se siete a Palermo non perdetevi le stigghiola, budelline di agnello o capretto avvolte nella cipolla e nel prezzemolo, cotte alla brace e condite con sale e limone. Chiudiamo la nostra rassegna con la Sardegna, una regione che ha sempre reso onore alle frattaglie e vi proponiamo sa cordula, una prelibatezza dell’isola che si prepara intrecciando gli intestini (tenue e grasso) dell’agnello con il suo stomaco e la pancia.
Si può mangiare in umido con i piselli o alla brace con una spruzzata di limone. Ricordate infine che ovunque in Italia potete mangiare la trippa, la regina delle frattaglie, in cui i tre prestomaci del bovino (rumine, reticolo e omaso) vengono cucinati in umido in infiniti modi che prevedono l’uso di ortaggi, legumi, pane raffermo e Parmigiano Reggiano.