Agriturismo con piscina a Bergamo: il Colletto AgriBio Relais
Il Colletto AgriBioRelais è un posto perfetto in provincia di Bergamo, grazie anche all'arrivo dello chef Angelo Bonfitto
Quando si dice “vale il viaggio”. Amo tornare nei posti dove mi sento a casa ma amo anche scoprirne di nuovi. Di quelli che, come in questo caso, ti entrano dritti nel cuore. Vedo qualche foto dei piatti sui social e incuriosita m’informo sul cuoco, appena ventiseienne.
Sapete che non mi piace parlare del passato, quindi per i suoi pregressi lascio a voi documentarvi. Mi soffermo solo sulla sua emozione e gratitudine che ha espresso parlando di chi gli ha dato la possibilità di formarsi, imparare e crescere.
Dovrei tornare una seconda volta per scriverne, forse. Ma poi mi dico che non mi serve perché mi è arrivato tutto quello di cui avevo bisogno e tornerò sì, ma per seguirne il divenire che, metto la mano sul fuoco, sarà molto luminoso. Mi sbilancio e sono troppo precipitosa? No. Provare per credere.
Colletto AgriBioRelais: il locale
Intanto ve lo racconto, portandovi in viaggio con me. Un viaggio che parte da Bergamo e arriva in poco più di mezz’ora sempre in provincia, nel comune di Adrara San Martino, a me sconosciuto fino a quel momento. Si scollina per qualche chilometro e arrivati si rimane a bocca aperta per la struttura e la vista. Sembra un podere toscano, immerso nella natura, con i muri di pietra, la piscina, l’orto, le terrazze per le viti, gli ulivi, le camere e la pace che si respira.
Entrando al ristorante, ops agriturismo, continua lo stupore per la bellezza e ricercatezza negli arredi. Scopriamo in seguito che la titolare e il padre sono architetti e quindi niente è lasciato al caso, soprattutto nella scelta dei materiali. Ci accomodiamo su un’enorme tavolo senza tovagliato, con una seduta più che comoda vicino alla vetrata che affaccia sull’esterno, dove d’estate sarà un incanto accomodarsi.
Il menù
Arriva il menù. Come piace a noi. Con quattro proposte per portata, senza nomi di fantasia, ma solo materia prima, a cui viene dedicata anche tutta la pagina finale con l’elenco dei produttori.
C’è poi il menù degustazione, A modo nostro, in 5 o 7 passaggi, che viene introdotto così: “Ci insegnano che bisogna viaggiare per scoprire nuovi gusti e trovare prodotti unici. Tante volte basta solo guardarsi intorno. Noi lo abbiamo fatto e come? Creando un forte legame con i piccoli produttori che ci garantiscono il meglio rispettando il ritmo delle stagioni del nostro territorio”.
Si parla al plurale perché Angelo Bonfitto arriva grazie all’amico e collega di sempre, Ivan Manicone, che lavorava già qui ma voleva cambiare, facendo qualcosa di ricerca sul territorio con lui. Risponde “proviamoci”, perché era il momento di capire a che punto era arrivato nella sua professione.
“Abbiamo aperto il 14 febbraio, ma a lavorare da metà gennaio per riazzerare un po’ tutto e ripartire da capo. Con i piccoli produttori non è facilissimo. Hanno un’etica totalmente differente e una disponibilità del prodotto diversa da quella a cui siamo abituati. In un grande ristorante puoi utilizzare prodotti eccellenti provenienti da tutto il mondo. Arrivando qui devi fermarti e dire ok vediamo cos’abbiamo intorno.
Essendo un agriturismo dobbiamo utilizzare l’80% dei prodotti provenienti dalla Lombardia e da Aziende agricole. È molto stimolante, senza vincoli e quello che c’è questa settimana, non è detto ci sia la prossima. Da qui la genericità sul pescato (solo ed esclusivamente di lago) e sulla carne in menù, che di sicuro non sarà mai filetto o un taglio pregiato”.
Scelta difficile, ma che dimostra tanto carattere, passione e aggiungo anche voglia di educare al gusto, che penso sia una delle missioni più belle e importanti per chi fa questa professione.
I piatti
Degustazione di 5 portate con la richiesta di assaggiare anche il piatto più fotografato ed elogiato: quinto quarto, topinambur, aglio orsino e rapanello.
Questa volta mi soffermerò un po’ di più sulla descrizione dei piatti perché ci hanno proprio conquistato. Sul fondo la crema del tubero montata con olio di semi per dare la percezione grassa e che sembra panna/burro, ma non lo è.
Le frattaglie cambiano in base alla disponibilità dell’allevatore e in questo caso, essendo periodo pasquale, sono stati utilizzati polmone e rognoncini dei capretti, cotti al vapore e successivamente conditi con fondo di agnello e rapanello fermentato. A chiudere aglio orsino ed erba pepe. Interessante la consistenza del polmone, volutamente gommosa per un gioco di masticazione che piace creare a loro e a noi degustare. La firma su ogni piatto è un olio aromatizzato e le erbe, delle più svariate e coltivate in vaso, appena fuori dalla cucina. Vedrete il sempre il cuoco uscire dalla cucina e andare a prenderle, per utilizzarle solo all’ultimo in modo che mantengano tutta la loro intensità e freschezza.
Ma partiamo dall’inizio con il benvenuto. Minimal, elegante e composto solo da tre piccoli assaggi inseriti in un contenitore di legno, a ognuno il suo. Maionese di mandorla e ragù di asparagi, pan brioche con cicoria marinata e prosciutto di pecora affinato da loro e, come elemento da bere, estratto di pisello con olio e sale per andare a pulire il tutto. Capiamo già da qui che ci aspetterà un grande pranzo. Costante la scarpetta: risulta fondamentale l’ottimo pane, che finisce a più riprese, a base di farine locali macinate a pietra, farro e integrale, e realizzato con lievito madre.
Iniziamo il percorso con il coregone. Periodo ideale per questo pesce d’acqua dolce, che con l’aumento delle temperature raggiunge il punto perfetto di grassezza. La carne è molto consistente, paragonabile a un pesce di mare. Servito con estratto e tartare di barbabietola e basilico in tre tipologie, artico, greco e viola, a donare balsamicità. Chiude un olio al sedano. In bocca è un gioco di consistenze davvero divertente. Un piatto di grande freschezza, con i sapori ben netti e in perfetto equilibrio tra di loro.
Si prosegue con una portata totalmente vegetale: patata, verza e salsa lavorata come se fosse una bagna càuda, dove le acciughe e l’aglio sono sostituite dal lievito di birra per far arrivare in bocca un sapore molto fermentato. L’erba che lo completa è della famiglia della ruta, leggermente amara, che bilancia l’acidità della verza. Perfetto. Non posso dire altrimenti. Lunghissimo e che dimostra grande preparazione, conoscenza e bravura, a maggior ragione lavorando solo verdure.
Arriviamo ai primi piatti e qui è doveroso citare a chi sono affidati, Andrea Fratus. Non cambia assolutamente la mano e il filo conduttore. Anzi si rimarca. risotto carnaroli mantecato con grana di 36 mesi, olio alla salvia e, solo in chiusura, senape all’antica, per un’accennata nota di acidità, presente e fondamentale in ogni piatto. Al di sopra cardamomo verde, la parte balsamica che va a bilanciare l’acidità della senape. Aggiungono “secondo noi” e noi diciamo anche secondo noi. Questa citazione mi dà lo spunto per evidenziare la loro l’umiltà, la voglia di confronto e la capacità di ascoltare e fare tesoro di qualsiasi tipo di spunto. Rarissimo ormai, soprattutto nei giovani! Tornando al piatto dico che piatto! Il profumo conquista i sensi ancor prima di assaggiarlo. Da manuale la cottura e la mantecatura, anzi cremosità. Ancora perfetto l’equilibrio. Ancora eccellenza.
E vogliamo parlare dei tajarin? pasta tirata e tagliata molto sottile, condita con ragù di fegatini e durelli di pollo, legato con un accenno di cioccolato fondente. Terminata con un brodo di stracchino, l’acidità, e olio di pino mugo. Istruzioni: mischiare il tutto e finire il brodo con il cucchiaio. Che mano incredibile e che voglia di fare che arriva da ogni piatto!
Considerando la richiesta in aggiunta dovremmo già essere al dolce. Siamo a 5 + 1. E se ne aggiungessimo un altro salato? Perché? Perché siamo così colpiti che non possiamo fermarci? Perché crediamo sia impossibile che un cuoco così giovane e alla sua prima esperienza in autonomia possa fare piatti così e vogliamo ancora una conferma? Perché siamo curiosi di cosa sceglie di servirci? Le risposte possono essere molteplici o semplicemente per il piacere di aver conosciuto un talento. Sapete, capita spesso di andare in un posto nuovo e affermare su un piatto “questo è da stella”. Qui è stato il pensiero costante su ognuno! E non solo mio.
Ecco la sua descrizione: “siccome si avvicina il dolce siamo tornati un po’ indietro. Io sono del sud Italia, amo quella tradizione. Vi propongo una preparazione pugliese che è a base di testina di maiale condita con insalata di arancia, cipolle e molto aceto. Nel nostro piatto abbiamo cotto la testina di maiale per 7 ore, interamente spolpata e, grazie al suo collagene, la abbiamo trasformata in una sorta di salame che tagliamo e serviamo a fette. Andiamo a fare una marmellata di arance e cipolla in agrodolce, molto intensa, e sopra completiamo con capulì, parte amara, e erbe aromatiche che richiamano la profumazione dell’arancia, tagete e coriandolo vietnamita, olio al cipollotto”. Scelta perfetta, così com’è perfetta nell’esecuzione e in bocca. Insomma un piatto per ogni momento della giornata! E questo era proprio l’ideale per avvicinarci al dolce.
Il dolce
Pre dessert. gelato al fieno servito in uno scrigno di legno. Torna il materiale del benvenuto.
La prima volta che un loro produttore gli ha mandato lo stracchino c’era all’interno un fieno profumatissimo. Incuriosisti li hanno contattati per farselo raccontare. Praticamente non lo fanno essiccare al sole, ma in stanze buie e a ventilazione controllata per preservarne profumi e colore. Da qui l’idea di utilizzarlo per valorizzarne tutte le sfumature aromatiche. Come? In infusione a freddo per una notte, su una base di crema classica. Sprigiona sentori di miele, camomilla e lavanda, ma in realtà non c’è nulla di tutto questo, ma è solo un gelato alla crema.
Sui dolci si apre un’altra porta perché Angelo è da dolce che sia dolce. E infatti sceglie per noi una brioche con marmellata di fragole e crema al mascarpone. Golosa. Da mangiare con le mani e leccarsi le dita, e che mi riporta con emozione al pane, burro e marmellata dell’infanzia.
Siamo proprio alla fine, con uno stupore che rimane anche ora mentre ne scrivo. La carta dei vini è in lavorazione. Ci sono le loro bollicine e una piccola selezione di etichette che piacciono a noi, tipo l’ottimo Syrah di Amerighi, annata 2018. La strada è proprio quella giusta. Mancano solo i bicchieri all’altezza di tutto.
Un progetto che trasmette passione e voglia di costruire qualcosa di bello e insieme, perché non c’è un assolo, ma una squadra che guarda nella stessa direzione e lo dimostra anche il suo parlare sempre al plurale.
Saranno famosi e noi felici di averli visti nascere.
Contatti
Colletto AgriBioRelais
Via Colletto 6, Adrara San Martino (BG)
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