Pizza e bolle? Che sia Lambrusco di Sorbara
Esiste da sempre un binomio molto popolare tra pizza e birra. Ma il lievitato funziona bene anche con altre bolle. Una via inesplorata è l'abbinamento con il Lambrusco.
- Pizza e birra: un abbinamento "a norma"
- Un binomio pop
- Pizza e bolle
- Lambrusco e pizza
- Il lambrusco di chiarli
- La prova a tavola
La pizza è cambiata. Alta, bassa, al padellino, di grani antichi, con ingredienti selezionati e ricercati, dagli accostamenti originali: anche lei si è guadagnata ormai uno spazio nell'olimpo delle proposte gourmet. È tempo, quindi, di cambiare anche gli abbinamenti con il bere.
In primo luogo andrebbe riconsiderata quella radicata tradizione internazionale che vuole la birra come accompagnamento ideale della pizza (al punto che dal 2016 è stato istituito il 9 ottobre come “Beer and Pizza Day”).
Un binomio che perdura nonostante non si tratti del più salutare degli abbinamenti (avete mai sentito parlare di post-fermentation syndrome? Forse no, ma molto probabilmente l'avete provata). E neanche quello più adeguato ad accompagnare quella new wave di dischi di pasta lievitata destinate ad accogliere chicche artigianali e materie prime ricercate. Del resto pizza e birra non si abbinano per gusto, bensì... Per questioni di legge.
PIZZA E BIRRA: UN ABBINAMENTO "A NORMA"
Bisogna addentrarsi nei meandri della legislazione in merito alla concessione di licenze per la vendita di alcolici per comprendere le ragioni di questo legame. Se la pizza fa la sua comparsa ufficiale nella Napoli del XVIII secolo, le prime pizzerie sorgono nel resto d’Italia solo a partire dal dopoguerra e, come tutti gli esercizi commerciali, erano soggette alla disciplina del TULPS (Degli esercizi pubblici del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) in vigore dall’epoca fascista (1931 e 1940).
Abbiamo provato a ricostruire perché si sarebbe consolidato questo binomio di successo. Sembrerebbe per il grado alcolico della birra che rientrava nel range massimo dei 4,5% vol. (art. 95) per poterla commercializzare in modo capillare e per la possibilità di confezionarla in piccoli formati (art. 176), che potevano essere venduti anche “al minuto” dagli «spacci di bevande non alcoliche e di cibi cotti con consumo sul posto (art. 174)», categoria in cui rientravano le pizzerie quando non erano anche ristoranti.
UN BINOMIO POP
Se le leggi nel frattempo sono state modificate, quello che non si è più perso è il nesso popolare tra la bevanda e la pizza, fortificato, aspetto non di poco conto, dalla sua abbordabilità e facilità di consumo: vuoi mettere l’immediatezza di una lattina di birra rispetto a una bottiglia di vino? E se vi state chiedendo perché non si sia aggirato l’ostacolo normativo facendo subito anche il vino in lattina, la spiegazione è semplice: fino agli anni ’80 era vietato.
Oggi l’abbinamento tra una semplice lager e una classica pizza margherita resta confortante e poco pretenzioso, al netto di tutte le possibili controversie su gusto e digeribilità. E, diciamolo, talvolta anche una via di fuga dalla “persecuzione” del vino inevitabile compagno di ogni pasto. Senza contare che le bollicine stanno proprio bene con la pizza… Vero, ma mica solo quelle della birra!
PIZZA E BOLLE
Gino Veronelli negli anni ’90 consigliava di bere Asprinio di Aversa con la pizza, in un abbinamento territoriale che funzionava molto bene anche dal punto di vista gustativo. L’acidità e la frizzantezza del vino rinfrescavano la bocca dalla grassezza del fiordilatte e dalla naturale dolcezza della pasta. Ma l’Asprinio, prodotto in viticoltura eroica su alberate dispendiose e sempre più rare, seppur faccia figo, non è certamente il vino più accessibile e indicato al nostro scopo.
È ormai comprovato che l’abbinamento con spumanti Metodo Classico di bella acidità, italiani o francesi, blanc de blancs o rosé, risponda perfettamente alle ragioni del palato. Certo, un po’ meno a quelle del portafoglio, che ci guidano piuttosto verso gli Charmat, ma con grande attenzione al dosaggio zuccherino, per non perdere la necessaria freschezza.
C’è tuttavia una “terra di mezzo” rimasta ancora piuttosto inesplorata, sebbene vi convivano tutti gli elementi che giocano un ruolo chiave in questo abbinamento: italianità, frizzantezza, profumi fruttati decisi e fragranti, acidità spiccata, bassa alcolicità e prezzi friendly. Di chi parliamo? Del Lambrusco, ovviamente.
LAMBRUSCO E PIZZA
L'idea che il Lambrusco sia una bevanda cheap non è più di moda. Molto più opportuno considerarlo un bere piacevole e disimpegnato a un prezzo perlopiù abbordabile. Anche all’estero “l’umile champagne dell’Emilia romagna”, come lo definì negli anni ’50 il giornalista di vino Mario Soldati, si conferma, anno dopo anno, ai vertici dell'export di vino frizzante (di cui l’Italia rappresenta oltre l’80% del valore generato nell’Unione europea) e il vino italiano più diffuso nel mondo (sì, persino più del prosecco).
Quando si parla di Lambruschi, però, bisogna specificare che si tratta di una famiglia enorme (sono ben 13 le varietà registrate, dislocate tra Emilia e Lombardia, appartenenti al genere di Vitis V. Sativa, ma il cui nome deriva dal latino Vitis Labrusca, perché così erano chiamate le viti selvatiche che crescevano ai margini delle zone coltivate), ripartite in 7 DOC con fisiologiche differenze produttive. Quello però destinato ad accompagnare con maggiore successo la pizza è senza dubbio il Sorbara.
Un’uva “selvatica”, dal grappolo spargolo con acini irregolari e poco zuccherini, che traina la categoria con vini di colore rosso tenue, dai raffinati profumi di piccoli frutti rossi, bollicina delicata e acidità tagliente, accompagnata da grado alcolico sempre contenuto. Senza contare che si tratta di spumanti rossi, esemplari rari, in grado di aprire quindi a tutta una gamma inedita di sfumature gusto-olfattive.
L'abbiamo sperimentato nelle tre versioni proposte dalla cantina storica Cleto Chiarli, che abbiamo avuto modo di assaggiare in abbinamento alle pizze gourmet di TEMA. pizzeria Elementare a Milano, concept di pizzeria orientato sulla ricerca della materia prima e l’originalità degli accostamenti, ideato dalle giovanissime Chiara Abate e Francesca Marcantognini.
IL LAMBRUSCO DI CHIARLI
Fondata nel 1860 a Modena, la Cleto Chiarli è la più antica azienda dell’Emilia e l’unica ancora nelle mani della stessa famiglia che, nel 2001, ha creato la Cleto Chiarli Tenute Agricole e deciso di dedicare alle sue migliori produzioni una nuova cantina, realizzata all’interno della tenuta di Villa Cialdini, a Castelvetro. Qui si radunano le uve di Lambrusco provenienti dai vocati vigneti di Cialdini, Belvedere e Sozzigalli, un totale di 100 ettari da dove arrivano rispettivamente Grasparossa, Salamino e Sorbara. Particolarità nella produzione dei vini Lambrusco aziendali è il fatto che la spumantizzazione non avviene dalla base vino, ma direttamente dal mosto (tenuto refrigerato fino a necessità produttiva), permettendo quindi di preservare tutta la fragranza aromatica del vitigno.
Ancora il Sorbara è diventato protagonista dell’ultima novità in casa, ovvero la gamma di spumanti Metodo Classico Quintopasso, in grado di porre l’accento anche sulle capacità di eleganza ed evoluzione del vitigno.
LA PROVA A TAVOLA
Ad aprire gli assaggi, è stato proprio quest’ultimo nato, nonché il più raffinato della gamma, il Modena DOC Spumante Brut Rosé Quintopasso, Metodo Classico con 36 mesi di sosta sui lieviti. Con i suoi aromi delicati e fragranti di piccoli frutti rossi, agrumi e crosta di pane, l’acidità vivace ma bilanciata da una beva cremosa e salina, si è rivelato perfetto per accompagnare la delicatezza dell’innovativa pizza con baccalà mantecato, spinaci e peperone crusco.
Seconda uscita, il Lambrusco di Sorbara DOC Fondatore, prodotto con metodo ancestrale, adottato sin dai primordi in azienda, ben prima che si facesse strada il metodo Charmat.
Col suo gusto secco, salino e appena astringente di piccoli frutti rossi, ha accompagnato l’equilibrato dinamismo dolce/sapido della pizza con alici di Cetara, stracciatella di bufala, pomodorini confit e pomodorini gialli in acqua di mare. Di questo vino ci era stata anche proposta, in apertura, una riuscita versione “rosata” del cocktail St. Germain Hugo, che ha gradevolmente accompagnato l’entrée di polpette fritte di zucca con maionese al rafano.
Il Lambrusco di Sorbara DOC Vecchia Modena Premium Mention Honorable, etichetta storica del brand che si aggiudicò, per l’appunto, la Mention Honorable all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, ha affiancato, con la sua immediatezza fruttata e la sua acidità nettante, la freschezza e il gusto deciso della pizza con tartare di fassona, maionese al limone, maionese allo scalogno, olio al prezzemolo e sale Maldon.
Prova davvero sorprendente, infine, per un “outsider”: il Lambrusco di Modena DOC Spumante Dry Pruno Nero, in questo caso ottenuto da uve Grasparossa e Salamino, che con il suo netto impatto fruttato di mora e la sua morbidezza complessiva, ha accompagnato con grande efficacia la pizza al padellino sponge semidolce con crema di ricotta di bufala, crumble, pomodorini confit, crema di zucca e polvere di cacao amaro. Una ricetta insolita e borderline, da classificarsi quasi come un pre dessert, che non ha tuttavia intimorito quest’altra interpretazione del Lambrusco, aprendo le porte a infiniti possibili match di questa famiglia di uve con la pizza.