Il Sylvaner secondo Cantina Valle Isarco
Alto Adige: le diverse declinazioni del Sylvaner, vitigno autoctono a bacca bianca, secondo la Cantina Valle Isarco.
Alzi la mano chi conosce il Sylvaner. È vero, non è senz’altro tra i vitigni più noti della nostra enologia. Questa varietà a bacca bianca altoatesina è un prodotto piuttosto di nicchia, la cui coltivazione occupa appena l’1,2% (69 ha) del totale coltivato in Alto Adige, dominato per il 64% da vini bianchi. Eppure, è considerato un vitigno fortemente rappresentativo, oltre a essere tra i più antichi del territorio di riferimento. Il motivo è semplice: cresce bene solo qui e solo in particolari condizioni. Conosciamolo meglio.
IL SYLVANER
Il vitigno – meglio noto come Sylvaner verde come appare nel Registro nazionale delle varietà di vite – è un’uva a bacca bianca, nata da un incrocio casuale fra il Traminer e l’Austriaco-bianco (Österreichisch weiss, varietà diffusa nel viennese e oggi quasi scomparsa).
Il suo arrivo in Alto Adige, probabilmente dalla Valle del Reno, risale al 1881, in ottemperanza alle indicazioni date dall’oggi nota come Fondazione Edmund Mach, istituto agrario di formazione e sperimentazione, fondato nel 1874 a San Michele all’Adige sul modello di quello già esistente alle porte di Vienna, per iniziativa dell’Associazione dei viticoltori, frutticoltori e orticoltori di Bolzano.
Vigoroso e produttivo, come i suoi progenitori il Sylvaner predilige ambienti di montagna e quote altimetriche piuttosto elevate (500-800 metri s.l.m.) dove dà vini territoriali, dai nitidi profumi erbacei e fruttati, di spiccata acidità e dal corpo leggero, salvo più o meno prolungate soste in legno.
LA VALLE ISARCO
Culla del Sylvaner, di cui rappresenta il vitigno autoctono più antico, è la Valle Isarco, la regione vitivinicola più a nord d’Italia, generata dall’omonimo fiume ai piedi delle Dolomiti e fino alla conca di Bressanone. Per le sue condizioni pedoclimatiche si differenzia radicalmente dal resto della Provincia autonoma, in quanto si tratta, a tutti gli effetti, di un ambiente montano. Qui, lo zoccolo duro della produzione enologica è affidato alla più giovane cooperativa vinicola dell’Alto Adige, la Cantina Valle Isarco, fondata nel 1961 e oggi composta da 135 soci che coltivano 150 ettari di vigneto in 11 comuni compresi tra Bolzano e Bressanone. «Siamo una realtà composta da famiglie, che abitano tutte nella valle e che coltivano le loro vigne al 90% in proprio, senza dipendenti» spiega il direttore generale Armin Gratl. «Operiamo in un’area montuosa, dove le vigne vanno dai 500 ai 1.000 metri di altitudine; una situazione già estrema, cui si aggiunge la pendenza molto ripida, fino al 60%, tale da imporre i terrazzamenti. Possiamo perciò parlare di viticoltura eroica».
L’aspetto più interessante della Valle è la varietà di altitudini e microclimi, oltre alla tipologia dei terreni – leggeri, magri, con pietrischi di origini glaciale e sedimenti fluviali – in grado di ospitare una grande varietà di vitigni, tutti forieri di vini freschi, sapidi, di buon grado alcolico e profumati. La produzione annuale della cooperativa ammonta a 950mila bottiglie, delle quali la quota dominante – ben il 98% – è rappresentato dai vini bianchi, dove primeggiano il Kerner, altra varietà tradizionale della zona, e il Sylvaner, seguiti da uve tipiche degli ambienti montani come Grüner Veltliner, Gewürztraminer e Müller Thurgau.
I TRE SYLVANER DI CANTINA VALLE ISARCO
La “giovane” cooperativa sin dagli esordi ha puntato sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni a bacca bianca, quali Kerner e Sylvaner. Un proposito che ha preso forma nella creazione di tre linee di produzione: Classica, Aristos e Sabiona, cui si lega una diversa versione del Sylvaner. Nasce da suoli alluvionali ghiaiosi, contenenti diorite e quarzofillite, il Sylvaner Classico, lavorato solo in acciaio per ottenere un vino di spiccata verticalità e freschezza, ideale per aperitivi e piatti leggeri.
Proviene invece da un contesto unico dal punto di vista sia ambientale, sia culturale, il Sylvaner della linea Sabiona, le cui vigne si trovano all’interno delle mura del monastero benedettino di Sabiona, ex sede vescovile del Tirolo. Il monastero sorge anche in una delle zone colturali più caratteristiche della Valle, sopra i ripidi pendii dei rilievi dioritici, dove i vigneti insistono su terreni magri, ricchi di scheletro e poco profondi, a 650 metri di altitudine.
Un luogo storico ed estremamente suggestivo, che dà vita a una produzione di Sylvaner Sabiona limitata ad appena 2.500 bottiglie. Il vino fermenta per metà in tonneau e l’altra in acciaio sulle bucce; segue maturazione sulle fecce nobili in tonneau per 15 mesi, oltre a ulteriori 9 mesi in bottiglia. Nel calice mostra un colore paglierino, con sentori complessi di zenzero, spezie e frutta a guscio, che anticipano frutta bianca ed erbe officinali. Anche all’assaggio rivela struttura e pienezza, accompagnate da giusta acidità verso un finale lungo e dai ritorni speziati e appena tostati. Un vino da lasciar maturare qualche anno e da apprezzare con pietanze di pesce e carni bianche anche elaborate.
Il Sylvaner della linea Aristos nasce invece dai vigneti migliori della Valle, coltivati con rese bassissime (da 25 a 50 hl per ettaro), per una produzione totale di appena 25mila bottiglie. Le uve sono lavorate per metà in botti grandi di legno di acacia e per l'altra in acciaio inox, con 7 mesi di affinamento sulle fecce nobili. In degustazione, mostra un bel colore paglierino tendente al verdolino, con aromi nitidi e freschi di pomi e pesca bianca, tra note di zenzero ed erbe spontanee, come ruta e artemisia, e un lieve fumé. L’assaggio rivela corpo e calore, senza perdere quel nerbo acido-sapido, che dona leggerezza alla beva. È un vino che si fa apprezzare a tutto pasto, reggendo bene il confronto con verdure, pesci e carni bianche.
LA NOVITÀ: LO SPUMANTE ARISTOS
È stato presentato proprio in questi giorni l’ultimo nato in cantina, lo spumante Metodo Classico Aristos Zero Pas Dosé, ottenuto da sole uve Sylvaner. Una novità enorme per la cantina, visto che si tratta del suo primo prodotto spumantizzato, e anche per il territorio, decisamente poco avvezzo alle bollicine. «La Valle Isarco è un territorio di vini fermi – spiega Armin Gratl – ma abbiamo scoperto che il Sylvaner è perfetto per la spumantizzazione. Perciò abbiamo selezionato la vigna, il momento ideale per vendemmiare e la tipologia. Abbiamo scelto la versione non dosata perché volevamo mettere in bottiglia tutta l’espressività di questo vitigno, senza “alterazioni” del dosaggio».
La sperimentazione era iniziata nel 2018, con poche centinaia di bottiglie, ma l’annata del debutto è la 2019, prodotta in appena 800 bottiglie. «Per le annate 2020 e 2021, però, abbiamo aumentato la produzione a 1.800 bottiglie, che diventeranno 3.500 per la 2022; il nostro obiettivo è assestarci su una quota di 5mila referenze» conclude Gratl. Affinato 36 mesi sui lieviti, lo spumante è contraddistinto da un colore paglierino chiaro, con un perlage molto fine.
L’olfatto è decisamente fragrante, incentrato su percezioni minerali e appena affumicate, accompagnate da delicate nuance di erbe, fiori e frutta bianca. Al palato si distingue per la cremosità della carbonica e per la verticalità della beva, scandita da sapidità e vibrante freschezza verso una chiosa cristallina, che chiama irresistibilmente il sorso successivo. Un prodotto piacevole e ben fatto, che proietta la piccola cooperativa e la Valle Isarco tutta verso nuove prospettive produttive, rese ogni giorno più probabili dal cambiamento climatico.