Fregola e Rossese, viaggio nel Mediterraneo
Fregola sarda e Rossese di Dolceacqua: la nuova ricetta di pesce abbinata a un vino rosso stavolta ci fa viaggiare di gusto tra Sardegna e Liguria.
LA FREGOLA
Versatile e saporita, gustosa come una pasta e cremosa come un risotto ma più facile e veloce. Eppure, misteriosamente, poco ricorrente nelle nostre cucine. Di che parliamo? Della fregola, ovviamente. Anzi, più propriamente, della fregula. La sua zona di produzione è la Sardegna, regione in cui è riconosciuta come PAT (prodotto agroalimentare tradizionale), dove le sue origini sono incerte, forse addirittura risalenti ai Fenici con cui i sardi intrattenevano rapporti commerciali. Mette, invece, insieme i due verbi latini frĭcāre «sfregare, strofinare, stropicciare» e friāre «sminuzzare», la divertente, quanto complessa, etimologia, risolta dall’Accademia della Crusca, che citiamo: «dal verbo latino frĭcāre “sfregare, strofinarsi” è derivato il verbo italiano fregare, da cui si è avuto il sostantivo fregola, usato originariamente per indicare “lo sfregamento dei pesci sulle rocce per depositare le uova”, da cui il valore figurato di “eccitazione sessuale negli animali e negli uomini”». Dal verbo sardo “frigare” si sarebbe arrivati dunque al sostantivo fregula (che trova anche in italiano significato di “briciola”), impiegato per indicare la pasta sarda, in quanto palline ottenute attraverso uno sfregamento. Tale è, infatti, la prerogativa della fregola: piccole sfere di pasta, ottenute da un impasto di semola di grano duro e acqua salata lavorato energicamente a mano con rapidi movimenti circolari fino a ottenere palline di diverse dimensioni (fregola e fregolone).A differenza della pasta tradizionale, oltre ad essere essiccata, viene poi tostata in forno, dove assume il caratteristico colore tra il dorato e il brunito. Una lavorazione all’insegna della rusticità che gli permette di assumere quella consistenza ruvida e quel sapore intenso e inconfondibile che regala una marcia in più a ogni piatto. L’altro aspetto caratteristico è, infine, la sua preparazione: la fregola, infatti, si cuoce risottandola, ovvero aggiungendo a più riprese acqua (o brodo) bollente e girando continuamente, oppure direttamente in minestra. Nella sua terra d’origine è normalmente servita con le arselle, ma anche con sughi di pesce, bottarga o con lo zafferano. Noi la proponiamo in una ricetta piuttosto classica, risottata con il liquido di cottura dei molluschi e una bisque di gamberi precedentemente preparata; infine, la serviamo cremosa, decorata con un mix di vongole lupino, cozze e fasolari. Un piatto dal gusto molto intenso, nel quale si fondono la dolcezza della bisque di crostacei e dei molluschi con l’abbondanza di toni umami e salmastri. Un piatto che richiede un vino altrettanto strutturato, rotondo e “saporito”. Più facile abbinarci un rosso. Ma non un rosso qualunque: un Rossese!
IL ROSSESE DI DOLCEACQUA
Sono pochi i rossi in Liguria e il Rossese di Dolceacqua è sicuramente il più rappresentativo di quella fascia collinare del Ponente che ricade nell’estremo occidentale della provincia di Imperia, a Dolceacqua, e nei comuni limitrofi distribuiti lungo la Val Nervia e la Valle Crosia. Un territorio pedemontano, che va dai 300 ai 600 metri s.l.m., dove i vigneti trovano perlopiù dimora su versanti terrazzati di medio-alta collina. Qui, la coltura di uve a bacca rossa avrebbe preso piede almeno dalla seconda metà del XIII secolo, come registrano i documenti commerciali tra il centro di Ventimiglia e il porto di Geova, in cui è citato un vino rosso “Vermiglio”. Le fonti rivelano persino la posizione di molti vigneti, ancora oggi coltivati e riconoscibili. È alla fine del Medioevo che al rosso “Vermiglio” si affiancano i bianchi “Rocesio”, o Rossese bianco, e Moscatello, il quale, ben presto, cede il posto agli impianti di Rossese a bacca nera, di probabile origine francese. Studi genetici recenti affermano, infatti, che il vitigno sarebbe originario del Mediterraneo orientale, ma si sarebbe diffuso prima a Marsiglia e poi in Liguria grazie ai commercianti greci, adattandosi all’areale di Dolceacqua. A partire dall’Ottocento i vigneti prendono le attuali posizioni in alta collina e la produzione si consolida, superando anche la difficile ricostruzione post fillosserica e attestandosi, dagli anni 50, su una produzione piccola ma rappresentativa di circa 7mila ettolitri.
KA* MACINÈ
Piccola realtà familiare che sorge a Soldano, borgo situato sulle rive del torrente Verbone, nella Liguria occidentale, quasi al confine con la Francia. Il nome della cantina significa “La casa dei Mancinei”, dal soprannome con cui era chiamato il suo fondatore Pietro Anfosso, perché mancino. Oggi, ad aver ereditato l’attività, è Maurizio Anfosso, il quale, supportato da sua moglie Roberta Rapaci, gestisce con passione pochi ettari di vigneto storico, posti in alta collina su terrazzamenti. L’azienda ha deciso di specializzarsi nella produzione di Rossese di Dolceacqua, di cui produce tre etichette. Il Rossese di Dolceacqua DOC Beragna nasce da un appezzamento datato 1876 che si trova a Soldano, nell’entroterra collinare di Bordighera, situato a un’altitudine di 350 metri. Le piante sono vecchi ceppi sorretti dalle “scarasse”, tipici pali di sostegno in legno, e le loro radici affondano sui caratteristici suoli di marne e arenarie scistose, localmente detti sgruttu, molto drenanti e facilmente sgretolabili. Ottenuto da sole uve Rossese vinificate in acciaio, il vino si mostra nel calice di un bel rubino vivo e luminoso, aprendosi a profumi di ciliegia, ribes, arancia rossa e viola, con cenni di macchia mediterranea e iodio. In bocca è vivace nell’acidità agrumata, sapido, con tannino impercettibile e finale ferroso. Un vino iodato, succoso e fresco, che trova abbinamento perfetto con ricette di pesce e molluschi in umido o al sugo, e quindi con la nostra fregola, con cui condivide il carattere mediterraneo.