Parmigiano dal gusto molto "umami"
Il Parmigiano è tra i prodotti più ricchi del quinto gusto
Per lunghi anni siamo stati all’oscuro di un gusto sconosciuto. Tutti eravamo convinti di averne solo quattro: dolce, salato, amaro e aspro. Poi Ikeda Kikunae, professor di chimica all’Università Imperiale di Tokyo, ha individuato un gusto ulteriore, oltre ai quattro canonici: l’umami. Il goloso ricercatore lo ha scoperto, mentre gustava la zuppa “dashi” (base di tutta la cucina giapponese) con un’abbondante quantità di un tipico ingrediente: l’alga “kombu”, trovandola molto più gustosa. Il quinto sapore pareva essere appannaggio solo della cucina giapponese, soltanto dopo decenni di ricerche e la creazione di un’organizzazione mondiale, è stato confermato quanto Ikeda avesse scoperto.
L’umami è infatti un vero e proprio gusto sapido, piacevole che proviene da glutammati e da diversi ribonucleotidi (tra cui inosinato e guanilato) che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari. Dopo un secolo dalla scoperta di Ikeda, l’umami ha avuto un riconoscimento scientifico allorchè la scienza nel 1997 a San Diego durante l’Isot (international Symposium on Olfaction and Taste) ha dato l’annuncio ufficiale che portava all’attenzione del mondo il quinto gusto. A seguire nel 2013 la cucina giapponese (Whasoku) ha avuto il riconoscimento di “Patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco” e, non poco, ha contribuito la maestria nell’uso del sapore umami degli ingredienti, invece dei grassi animali. Molti sono infatti gli alimenti della cucina giapponese, ricchi di questo sapore (sapido e non salato): il katsuobushi (tonno essiccato) il miso, i Funghi shitake essiccati.
La grande sorpresa della presenza di glutammato si trova soprattutto in uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy: il Parmigiano Reggiano. In una scala di valori questo formaggio è secondo solo all’alga Kombu; infatti questa contiene 3400 mg di glutammato per 100gr, il Parmigiano Reggiano 1680 mg di glutammato per 100gr. Un giacimento interessante per la cucina del Sol Levante, di cui ho gustato un menu al ristorante “AALTO part of Iyo” di Milano, dove il parmigiano è stato utilizzato dallo chef Takeshi Iwai in ricette di cucina giapponese, a cominciare dallo “tsukemen italiano”. Si tratta dello spaghettone Benedetto Cavalieri intinto in un dash arricchito di parmigiano reggiano 30 mesi, completato con olio e pepe nero (primo assaggio). Poi a questo vengono uniti olio di ginepro e lime (secondo assaggio), in ultimo, aringhe affumicate (terzo assaggio). Intrigante è pure “anguilla sumibiyaki” versione italiana: cotta alla carbonella, laccata con riduzione in aceto e polvere di liquirizia, tataki di manzo, insalata riccia con olio di alloro e una originale e riuscita maionese con rafano, panna acida e parmigiano reggiano 24 mesi. Per chiudere, piacevole gelato ai fichi e crumble al parmigiano.