Pici, pecorino e castagnaccio
Da Pontremoli a San Gimignano, le principali tappe gastronomiche della via Francigena toscana
Abbiamo percorso la via Francigena, in maniera “eretica” sulle orme di profumi, sapori e saperi e le scoperte sono davvero state tante. Partiamo dunque dall’Alta Lunigiana: a Pontremoli gustiamo il pane cotto in teglie foderate da foglie di castagno che conferiscono al prodotto il suo caratteristico aroma. Anche a Vinca, borgo sperduto di quattro case, assaggiamo un pane unico, fragrante e aromatico, ottenuto dalla combinazione di farina di grano tenero e di crusca. E ancora a Montignoso il pane “marocco”, frutto di farina di grano tenero con mais, il cui impasto è insaporito da olive nere fresche, rosmarino, peperoncino tritati, salvia, aglio e sale, fatto cuocere in forni a legna su foglie di castagno. I diversi pani si possono accompagnare con i pecorini e le caciotte della Lunigiana o con i saporiti salumi: dal lardo di Colonnata, alla Vergazzata (pancetta stagionata nelle conche di marmo), alla Barbina (salume ricavato dal muscolo della gola del maiale che viene ricoperta di sale e spezie); dal filetto della Lunigiana alla mortadella.
Continuiamo nelle rarità gastronomiche (nel paese che non c’è, Zeri): un ovino di razza autoctona, l’agnello di Zeri, che si è mantenuto intatto grazie all’isolamento della zona. La preparazione tipica prevede la cottura in un testo di ghisa, messo sotto la cenere. Davvero gustoso! Il territorio è rinomato anche per le castagne, da cui il castagnaccio: farina,pinoli, gherigli di noci triturati, scorza di arancia a pezzi, rosmarino, uvetta. Sempre con la farina le lasagne bastarde, pasta che, insieme ai testaroli (quadretti fatti con acqua, farina, sale e cotti in testi di terracotta) sono i piatti locali più diffusi. Nel piccolo borgo di Filattiera, un’altra scoperta sfiziosa: la spalla cotta di cui il comune della Lunigiana rivendica la paternità, riconosciuta altrove. Aulla merita una sosta per la rotella appunto di Aulla, mela autoctona e per le focaccette fatte con farina di grano e di granturco che devono la loro particolarità alla cottura in testi di terracotta. Simili alle focaccette sono i panigacci di Podenzana: piccoli dischi di farina di grano e acqua, cotti in testi di terracotta.
Il viaggio tra sapori e saperi continua nel cuore della Garfagnana, la montagna povera della provincia lucchese dove una cucina minimalista e sostanziosa (zuppe o torte salate) trova nel farro il suo ingrediente simbolo. Il territorio è rinomato anche per le castagne, da cui la preparazione dei Ciacci o Necci, dei dischi cotti nei famosi “testi” di terracotta, farciti e avvolti come cannoli. Il Biroldo è il salume che più rappresenta Lucca e la Garfagnana. Un prodotto nato alla fine dell’Ottocento ottenuto con la testa, i polmoni, le frattaglie, la lingua e la cotenna del suino. Da segnalare anche lo storico Buccellato, un dolce rotondo o ellittico, di colore bronzeo, prodotto secondo un metodo di lavorazione rimasto invariato da anni. Eccoci a Camaiore dove il prodotto più significativo è la mortadella, ottenuta da tagli di primissima scelta (lombo, spalla, coppa e pancetta di maiale) aromatizzati con spezie, una specialità della salumeria locale dal gusto dolce e delicato.
Da Camaiore raggiungiamo Pietrasanta, famosa nel mondo per l’arte e la lavorazione del marmo, dove ritroviamo le ricette povere di una terra che ha valorizzato con la semplicità della sua cucina la tradizione culinaria dei contadini e dei pescatori locali. Molte zuppe di ortaggi come il cavolo nero e il pomodoro canestrino, frutti di mare e molluschi usati per zuppe di pesce. Pietrasanta è rinomata anche per il fagiolo schiaccione, protagonista incontrastato di molte zuppe, ma ottimo anche con il pecorino, nonché per il l’antica produzione del marzapane (e dei marzapanini) di Pietrasanta, la cui fama è legata alla Fiera di San Biagio. Raggiungiamo Buonconvento: dopo una visita al Museo della Mezzadria, eccoci a Monte Oliveto. Ci fermiamo per una degustazione di vino nella cantina storica dell’Abbazia, i cui monaci producono anche un liquore preparato secondo una ricetta della farmacia dell'Abbazia: La Flora di Monteoliveto, un'infusione di 23 erbe invecchiata per più di 6 mesi. Il viaggio ci fa scoprire anche il pecorino di Pienza: dalla forma tonda e dal colore bianco con sfumature violacee, deve la sua tipicità all’utilizzo di latte di pecora sarda.
La sosta in Val d’Orcia non può non includere l’assaggio del prosciutto di Cinta Senese e del lonzino di maiale.Tra i piatti tipici segnaliamo i saporiti crostini con milza e fegatelli, il pansanto (fettina condita con cavolfiore lessato, aceto e olio), la “bruschetta” e la panzanella. D’obbligo assaggiare i pici, una sorta di spaghetti fatti a mano, con farina e acqua.La selvaggina è molto diffusa nella cucina della Val d’Orcia: il fagiano e la faraona, cucinata alla Creta (aromatizzata con spezie, lardellata, avvolta in carta oleata, spalmata di argilla e cotta in forno) o preparata con uvetta passita e Vin Santo. Diffusa è la scottiglia, uno stufato preparato con diverse carni.
Una sosta obbligata è l’Enoteca La Fortezza, la prima nata a Montalcino, in cui gustare uno dei migliori vini del mondo: il Brunello dei più blasonati produttori. All’interno del Castello trecentesco di Poggio alle Mura, oggi conosciuto come Castello Banfi, il “Museo della Bottiglia e del Vetro” vale una visita. Oltre al rinomato Brunello, val la pena assaggiare il miele biologico e la mandorlata, un dolce bianco fatto con mandorle, miele e canditi, dalla forma rotonda e dalla consistenza morbida. Da Montalcino ci spostiamo a Siena dove i ricciarelli,il panpepato e il panforte offrono il lato dolce della città. Tra i giacimenti gustosi segnaliamo il Buristo, un insaccato a forma di pagnotta realizzato con grasso e cotenne del suino cotti insieme a sangue, spezie, sale e pepe; e la Finocchiona ottenuta da carni suine macinate e impastate con sale, pepe, aglio, vino rosso e semi di finocchio selvatico.
Al confine tra le Crete Senesi e la Val d’Orcia, nella zona di Trequanda, si producono altri buoni salumi, come la Gota. San Giovanni d’Asso, in provincia di Siena, è molto ricco di tartufo bianco. Oltre ai pici, tra i piatti da ricordare ci sono anche gli gnudi (tortelli fatti solo con il ripieno senza essere avvolti nella pasta), la rinomata ribollita e i fagioli all’uccelletto, stufati con pomodoro, erbe aromatiche, aglio e pepe. Il viaggio ci porta infine a San Gimignano noto per la produzione secolare dello zafferano e per la Vernaccia, uno dei vini storici del patrimonio enologico nazionale.