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Le Cassandre del vino bio

I vini cosiddetti naturali, in quanto minoranza vinicola, nel complesso vanno salvaguardati per la loro diversità a fronte dell'omologazione


Pare siano diventati un tiro al bersaglio: prima ha sparato Robert Parker con le sue profezie sulla fine della truffa dei vini naturali, poi è arrivata Jancis Robinson, altra star delle critica enologica internazionale, che ha previsto poco spazio al consumo dei cosiddetti naturali negli anni a venire (circa l'1% del mercato globale). Un coro di Cassandre verso il bio, il biodinamico e gli orange wine da parte di tutto l'establishment internazionale della critica.


Vorrei per qualche riga liquidare l'importante discorso qualità di questi vini "diversi", chiudendola con ciò che ha scritto un guru dell'enologia: «la qualità di un vino dipende dalla qualità del degustatore e siccome la qualità del degustatore non esiste…».
 Sì perché vorrei inoltrarmi in un ragionamento filosofico che tocca la globalizzazione e la conseguente germinazione di diversità. In realtà abbiamo vissuto negli ultimi due o tre decenni nella realtà di vini prodotti con affinamento in barrique, concentrati, alcolici, muscolosi…. . Questo modello americano-australiano, supportato dalla critica made in Usa, ha condizionato il mercato e, di conseguenza produttori e consumatori, aprendo il successo a quei produttori che si sono allineati, per ragion di Stato (si legga = vendite) al carro dei vincitori. E su quelle quattro ruote, come succede in politica, in economia e nelle mode, sono saliti molti critici, a loro volta, rafforzando lo status quo dei vini globalizzati. 


Così, come insegna l'antropologia culturale, i modelli dominanti, loro malgrado, generano diversità molto resistenti: i vini cosiddetti naturali rappresentano questa minoranza vinicola, così come lo sono stati i giacimenti gastronomici. Questi vini hanno una valenza culturale, sebbene molti siano "scordati" (ovverosia con ossidazioni e acidità sopra il livello di guardia), abili a sfruttare un 

trend vincente, ma nel complesso vanno salvaguardati per la loro diversità a fronte dell'omologazione. Da cui si evince un corollario: la critica imperante del modello globale non può accettare impunemente le minoranze perché mettono a rischio la loro supremazia di casta, così come succede in tutte le espressioni artistiche.

Sine que non

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