Il Signor Lambrusco di Vittorio Graziano
Vittorio Graziano è il vignaiolo emiliano che ha dato un significativo contributo alla dignità del Lambrusco, salvandolo dall'inflazione.
LO CHAMPAGNE EMILIANO
Giovanni Dalmasso, nei primi anni del Novecento, descriveva l’industria dei vini spumanti italiani come vini fatti con metodi “bonari, patriarcali”. Di questi spumanti il frizzante emiliano è stato definito da qualcuno “il nostro champagne”.
Grazie agli Etruschi la viti-vinicoltura si diffuse in tutta la pianura padana attraverso un metodo autoctono definito in latino lambrusca. Si sono sviluppate diverse interpretazioni terminologiche. Per alcuni lambrusca, etimologicamente, sta ad indicare cespugli e rovi (così appariva l’arterioso intreccio dei tralci di vite intorno all’albero di supporto a formare la vite maritata).
La vite alberata, infatti, è una tradizione tipicamente italica. È da essa che prende il nome il vino ottenuto dai suoi grappoli, cosicché il Lambrusco lascia in eredità quella tradizione antica di vitivinicoltura autoctona.
Questa tradizione, negli anni, ha preso una piega diversa. Il vero Lambrusco, si pensa di conoscerlo, ma molto più spesso, lo si ignora. Di sicuro, quello vero, non è quello amabile, quasi dolce, che troviamo nello scaffale del supermercato a due euro al litro.
Il vino racconta la fatica, la passione, la tecnica e la terra che lo ha allevato, maturato. Non va d’accordo con l’industria. È in questo contesto che l’essenza del Lambrusco è stata smarrita. Un'uva inflazionata, maltrattata, deartigianalizzata.
Fino a vent’anni, l’unico Lambrusco che conoscevo era quello industriale. L’idea di bere un rosso frizzante dolciastro mi faceva venire la pelle d’oca. Eppure Bologna mi ha regalato, tra le altre cose, un vino forte, intrepido e sempre in movimento. Il Lambrusco mi ha avvicinato a questi paesaggi grigioazzurri e alle persone che ne hanno mantenuto viva l’artigianalità.
VITTORIO GRAZIANO, IL RE DEL LAMBRUSCO
Vittorio Graziano è il vignaiolo che ha dato un significativo contributo alla dignità del Lambrusco. La decisione di fare vino lo ha “salvato” da una vita d’ufficio, chiuso in un cubo con due buchi, uno per la finestra e uno per la porta. Fare l’agricoltore nei primi anni Ottanta è stata una sfida. La prima vendemmia aziendale nel 1982, in precedenza solo qualche bottiglia di prova.
Il Lambrusco rifermentato è stato il primo vino di Vittorio. Si vendemmia quando l’uva raggiunge un equilibrio, un’armonia. Il segreto è tener conto delle priorità dell’annata, anche se non sempre il vino viene fuori come si vuole. E allora serve “pazienza”, buona volontà e un po' di audacia. Graziano fa ancora il Lambrusco vero, antico e genuino, seguendo in ogni accorgimento i metodi tradizionali, complicati e decisivi. La fermentazione in autoclave ha “ammazzato tutto” spiega Vittorio. Il metodo è quello emiliano che potrebbe derivare, per qualche aspetto, dal metodo del medico fabrianese Francesco Scacchi nel suo De salubri poto disertatio del 1622.
Il metodo emiliano ha una sua storia radicata da secoli a questa terra. La scoperta fu casuale, eppure se si sovrappone la zona della produzione di parmigiano e quella del lambrusco, tutto combacia. Entrambi i prodotti nascono su terreni con caratteristiche microbiologiche particolari, il latte e il vino sono influenzati da fattori ambientali, le fermentazioni, quella lattica e quella alcolica, sono operate da attività batteriche autoctone.
Come racconta Vittorio, la componente storica che fa parte del vino è di fondamentale importanza. Il metodo emiliano ha una caratteristica legata a doppio filo con l’ambiente climatico che lo circonda. Dopo la vendemmia il mosto inizia la fermentazione che è la fase di trasformazione dell’uva in vino.Quando sta per arrivare novembre e la fermentazione non è ancora finita, il liquido viene “bloccato” naturalmente dal freddo di queste colline. Tra marzo e aprile, dopo la potatura e la legatura della vite (appena prima che l’inverno lasci spazio alla primavera), gli zuccheri e i lieviti del liquido d’uva tornano in movimento e riprendono la fermentazione.
Il vino viene imbottigliato ancora in moto, così da mantenere all’interno della bottiglia le atmosfere che lo renderanno vivace. Questo metodo esiste solo in queste zone perché qui c’è un'uva forte, muscolosa, di gran corpo e carattere, che riesce a resistere al freddo e agli attacchi batterici.
L’esperienza più significativa, per quanto riguarda la rifermentazione, è quella emiliana, un luogo magico. La denominazione dei vini frizzanti emiliani era unica, ma il cambiamento climatico ha provocato mutamenti.
Vittorio Graziano ci lascia diversi pensieri in testa, “se già l’uomo è avido ed egoista, il suo vino non può parlare di passione. Se l’uomo è scarso, anche il vino probabilmente sarà scarso”.
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Vittorio Graziano
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