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La tradizione dei mercati ittici in Romagna

I mercati ittici romagnoli e le aste del pesce sono un esempio del grande lavoro fatto dalle cooperative in una regione che ha tanto da insegnare.



Alle 3.40 del mattino del 19 luglio Rimini è buia e inaspettatamente silenziosa. La osservo tanto dalla hall dell’hotel che ha alle spalle il lungomare e di fronte viale Regina Elena: per strada non si vede anima viva, eccetto qualche ragazzino, da solo o in gruppo, immerso nella movida.

Il taxi arriva dopo circa dieci minuti dalla chiamata, il tempo di spiegare al portiere notturno il motivo della mia alzataccia. Sono venuta in Romagna per visitare i mercati ittici all’ingrosso e capire come funzionano le aste del pesce. L’Emilia-Romagna vanta una tradizione culturalmente molto solida di questi luoghi, presenti a Rimini, Cesenatico, Cattolica, Porto Garibaldi e Goro.

È Massimo Bellavista, responsabile Pesca e Acquacoltura Emilia-Romagna di Legacoop Alimentare (l’associazione di categoria maggiormente rappresentativa cui aderisce la totalità delle cooperative romagnole), responsabile nazionale della formazione dei pescatori e sicurezza e salute dei lavoratori imbarcati di Legacoop e membro del Consiglio Consultivo Europeo dei mercati dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, a farmi scoprire queste affascinanti officine del mare, funzionali e autogestite. Un modello di cooperazione ittica efficiente ed efficace, che ancora una volta mi fa riflettere su quanto questo sistema sia avanguardistico.Massimo Bellavista

IL MERCATO ITTICO DI RIMINI

Il mercato ittico di Rimini è stato fondato nel 1945 dalla Cooperativa Lavoratori del Mare, che lo gestisce ancora oggi. Ci arrivo alle 5 del mattino accompagnata da un taxista che, in quanto figlio di pescatori, conosce bene questa realtà. Via Fratelli Leurini, una piccola traversa di via Sinistra del Porto, segna un confine evidente tra la città che ancora dorme e il mondo del mare, sveglio e attivissimo ancor prima dell’alba.Mercato ittico di RomagnaL’edificio che sto cercando è in fondo alla strada, trafficata da furgoni che scaricano e caricano migliaia di cassette di pesci di diverse specie e pezzature: canocchie, seppie, alici, sgombri, gallinelle, calamari, razze tra quelli che riconosco, altri invece per me inediti, come il ghiozzo, in Romagna meglio conosciuto come paganello. Mi avvicino alle cassette: ognuna ha un bigliettino che riporta alcune informazioni relative alla tracciabilità del pesce e alla sua vendita. È indicato il numero dell’acquirente, il peso, il nome della specie in italiano e in latino, il nome della barca che lo ha pescato, la data e l’ora in cui è stato venduto.

Mercato Ittico RomagnaVarcata la porta del piano terra dell’edificio, entro in un’aula magna strutturata come un anfiteatro, con circa 400 postazioni che dall’alto scendono verso il basso, a mo’ di imbuto. È l’asta di cui mi ha parlato a lungo Massimo, la mia guida. Solo un centinaio di posti sono occupati dai clienti di questo mercato: grossisti, dettaglianti (pescherie), rivenditori di pesce e ambulanti che, premendo i pulsanti di un telecomando, scelgono quali cassette del pescato giornaliero, consegnato qualche ora prima dai pescatori locali, comprare e a quale prezzo.

Le cassette vengono fatte scorrere su un lungo nastro trasportatore, gestito da una decina di uomini con camice bianco e guanti, disposto al centro della stanza e il pesce contenuto al loro interno viene presentato da quattro astatori dotati di microfono, chiusi dentro la consolle ubicata dietro al nastro. In alto due monitor luminosi indicano il numero di postazione dell’acquirente, il prezzo, il tipo di pesce, il peso lordo e netto, il nome della barca e c’è un video zoomato del prodotto.Mercato del pesce RomagnaMi siedo e assisto un po’ all’asta per capire cosa succede. L’ambiente, tra astatori, lavoratori del mercato e acquirenti, è quasi tutto composto da uomini, le donne presenti si contano sulle dita di una mano. Gli astatori annunciano il pesce, che fa la sua passerella sul nastro trasportatore, gli ipotetici acquirenti lo scrutano dall’alto e sui monitor, se non sono convinti scendono per guardarlo bene dal vivo, bloccano la cassetta con il telecomando e sugli schermi luminosi compare il loro acquisto.

La donna vicino a me (una delle cinque in aula) blocca un po’ di cassette, si chiama Marina ed è la titolare della pescheria a Bellariva. “Vengo qui tutte le mattine perché trovo sempre il pesce bello”, mi dice mentre scende ad approfondire la conoscenza del suo shopping ittico.

Le voci del pubblico si sovrappongono a quelle della regia di vendita: dal tono confidenziale dei commenti e delle battute è facile intuire che i compratori si conoscono tra di loro e sono conosciuti dagli organizzatori del mercato ittico. È passata un’ora e dentro fa troppo caldo, esco per cercare di intercettare Dino Cappello, il direttore di questo magnifico non luogo, ma è troppo impegnato con l’asta e decido di aspettare che finisca di lavorare. Scopro che l’asta termina quando tutto il pesce sarà smaltito.Asta del pesce di RomagnaNel frattempo seguo un uomo che entra in un ufficio a prendere una fattura o forse una bolla. Mi trovo di fronte Maura che gestisce l’amministrazione del mercato ittico e che mi spiega come si fa a diventare compratori. Bisogna registrarsi e consegnare una serie di documenti, come la visura camerale, la partita iva, il modulo di iscrizione e il numero del conto corrente. Il mercato media tra i pescatori e gli acquirenti, ma il sistema di entrata e uscita dei soldi è totalmente trasparente e la transazione viene gestita direttamente dalla banca.

Chiedo a Gaetano, che fa parte della cooperativa dei facchini, dove sono i pescatori. Mi risponde che arrivano alle 2.30 a scaricare il pesce e vanno via prima delle 4.30, quando inizia l’asta dei compratori. Sono quasi le 7, il pesce è finito e dopo che anche gli ultimi acquirenti sono andati via, chiedo a Dino come è andata la mattinata.

Mi dice che ne hanno venduto circa 8000 kg, solo 400 kg sono rimasti invenduti e andranno in beneficenza. Dino sottolinea come il mercato ittico di Rimini sia attivo da quasi ottanta anni grazie a un controllo rigoroso della qualità e delle caratteristiche organolettiche del pesce, fatto da un veterinario, e a un sistema trasparente che tutela, in primis, il pescatore. Il produttore conferisce direttamente al mercato ittico e il mercato vende al compratore: l’incasso è immediato e garantito perché la cooperativa blocca un eventuale acquirente insolvente, impedendogli di usare il telecomando.

IL MERCATO ITTICO DI CESENATICO

Il mercato ittico di Cesenatico è il più antico della Romagna, nasce nel 1920 ed è il primo dotato di una struttura fisica organizzata con servizi che ne permettono l’attività commerciale, per molti anni gestita dal comune in regime di monopolio. Nel 1960 la struttura viene nuovamente edificata e si sposta sul porto canale dove ha ancora sede. Dal 2016 a oggi la gestione è affidata alla Co.Fa.C., la cooperativa facchini. Cesenatico ha una tradizione marinara molto forte che si evince anche dalla presenza, alle pareti della struttura, di bandiere che rimandano alle famiglie dei pescatori locali.

Il mercato all’ingrosso funziona come quello di Rimini, ma è più piccolo, ammette anche i ristoratori e inizia alle due del pomeriggio. Gode di ottima fama tra gli operatori ed è riconosciuto come la migliore asta del pesce del territorio romagnolo per l’attenzione al mantenimento della qualità del prodotto, grazie a una minuziosa cernita del pescato e al pieno rispetto della catena del freddo. La struttura è sempre ad anfiteatro e nel mezzo della sala, oltre al nastro trasportatore dove scorrono in continuazione le cassette di pesce, c’è la cabina di vendita che riproduce la prua di una barca ed è gestita da due astatrici, le prime della storia di questo luogo.

Colpisce la gestione femminile di un posto prevalentemente ad appannaggio maschile. Anche la direttrice del mercato ittico di Cesenatico è una donna: si chiama Homa ed è una veterinaria iraniana che lavora qui da 18 anni e controlla personalmente il pesce, valutandone l’aspetto sanitario, sensoriale e organolettico. Quando le chiedo come è cambiato il mercato negli anni, risponde senza esitare: “è sicuramente diminuita la quantità di pesce”.

Anche Massimo, la mia guida in loco, è d’accordo con questa affermazione, ma aggiunge che la diminuzione del pesce è anche una conseguenza delle politiche europee relative alla riduzione dello sforzo di pesca, che hanno inevitabilmente portato a un drastico calo del numero delle barche.

IL MERCATO ITTICO DI CATTOLICA

L’ultima città che visito è Cattolica. Arriviamo alle 10.30 e, sul porto, incontro subito i due Marco, pescatori subacquei professionali che rientrano dalla loro nottata in mare con 150 kg di cozze che venderanno al mercato ittico della città per l’asta del giorno. La pesca subacquea è una pesca selettiva fatta a mano e la loro attività si diversifica in base alla stagionalità: a metà estate calano le reti da posta fissa (per la pesca di sogliole, cicale e altre prelibatezze nostrane), in primavera le nasse per la seppia, in autunno e inverno i cestelli per le lumachine. Uno dei due pescatori è andato in pensione, ma ogni tanto si concede qualche giro in barca perché non ci si può congedare dal mare, anche se per i suoi figli auspica un altro mestiere: il suo è usurante.

Di fronte alla barca dei due Marco c’è la Eugenio Pozzi, il cui armamento appartiene alla cooperativa Casa del Pescatore, che gestisce il mercato ittico di Cattolica dal 1940 e che ha investito nel peschereccio per non perdere la pesca del pesce azzurro. Daniele, il capitano, è un ragazzo marchigiano che governa un equipaggio di tre pescatori albanesi (Yonis, Baki, Kreis). Mi dice che da mezzanotte alle 10.30 hanno pescato 700 casse da 7 kg cadauna di alici, che venderanno in parte tramite il mercato ittico, in parte attraverso il loro commerciante.Pesca RomagnaIl mercato ittico di Cattolica occupa un’area abbastanza estesa della zona portuale. Gli edifici delle marinerie sono ospitati in quelle che un tempo erano le case di riposo per i marinai anziani. Il sistema di funzionamento dell’asta è uguale a quello di Rimini e di Cesenatico, ma questo mercato è più piccolo, ospita circa dieci barche provenienti dalla costa che va da Civitanova a Cattolica ed è aperto a grossisti, dettaglianti e distributori storici.

“La compravendita nel nostro mercato è molto trasparente e viene gestita direttamente in banca, tramite transazione elettronica: la barca conferisce alla cooperativa, che vende ai compratori. Alla fine della giornata, la cooperativa provvede alle transazioni prelevando i soldi dal conto corrente dell’acquirente, trasferendoli a quello del pescatore e trattenendo una percentuale, ovvero i cosiddetti “diritti di agio”, mi spiega Nicola Tontini, il direttore della struttura. Il vantaggio di comprare da questo tipo di aste è che c’è un controllo effettivo sulla domanda-offerta, sulla qualità del pesce proposto (monitorato a livello igienico-sanitario da un team di esperti guidato da Nicola, laureato in scienze naturali) e un’equità di prezzo.

Chiedo a Nicola che fine faccia il pesce invenduto, risponde che non avanza quasi mai perché le barche si portano via eventuali residui dell’asta per rivenderli direttamente o in altri mercati. Apprendo, inoltre, che la cooperativa Casa del Pescatore, da marzo 2023, ha un punto per trasformare il pesce locale che, durante la sua stagionalità, viene pescato in grosse quantità. Il laboratorio realizza piatti pronti e sughi a base di vongole e cozze, ma anche seppie, lumachine, canocchie, razze e pesce azzurro semilavorato o congelato. Questi prodotti, realizzati con materie prime freschissime e sempre rintracciabili, vengono venduti direttamente dalla cooperativa, in una bottega attigua al laboratorio o in alcune GdO romagnole con il marchio “Casa del pescatore”. Negli ultimi anni la Cooperativa commercializza anche i prodotti ittici a marchio collettivo territoriale come la “Cozza Romagnola” e la “Vongola Romagnola”, cui aderiscono tutti i pescatori e allevatori di molluschi delle marinerie dell’Emilia-Romagna.

LA COOPERATIVA DI RICERCA A SERVIZIO DEI PESCATORI

Mi congedo dal direttore e mentre scendo le scale, Massimo mi fa notare altri due uffici che si trovano al primo piano dello stesso palazzo della Casa del Pescatore. Il primo è Mare.A (dove A sta per assistenza), una società di servizi fondata nel 1986 da due biologi marini, un ragioniere e un chimico, oggi tra le aziende leader, nel panorama nazionale, per la gestione delle problematiche igienico sanitarie nel settore ittico, grazie anche a un laboratorio di microbiologia.

Il secondo ufficio appartiene alla società cooperativa M.A.R.E., creata nel 1995 da un gruppo di biologi con un profondo interesse verso il mare, le marinerie, il mondo della pesca e la ricerca. Oggi la cooperativa è diventata un attivo centro di servizi di consulenza e di ricerca applicata collegata all’assistenza tecnica verso le imprese di acquacoltura, ma anche un interlocutore privilegiato nei progetti di cooperazione europea, nei rapporti con le istituzioni locali, nazionali ed europee, con istituti di ricerca e partecipa alla realizzazione di diversi progetti transnazionali ed europei, attraverso programmi europei come ERASMUS, Fondo Europeo per la pesca e l’acquacoltura, Interreg, con lo scopo di portare avanti e divulgare buone pratiche, strategie di sviluppo sostenibile del settore o iniziative tese allo sviluppo dell’istruzione e della formazione professionale a favore dei pescatori.Pescatori RomagnaChiedo alla presidente, Fulvia Vanni, quali siano i progetti attualmente in corso. Mi racconta del FishNoWaste, un’iniziativa che coinvolge una partnership adriatica tra Italia e Croazia, tra cui la cooperativa Lavoratori del Mare di Rimini. Il progetto ha come tema principale la gestione dei rifiuti nei porti e nel mercato ittico della città. È guidato dall’Università di Padova, con il ruolo di lead partner, e da quattro organizzazioni croate che, insieme, portano avanti una strategia tesa a ridurre l’inquinamento marino e i rifiuti dispersi in mare.

Un altro progetto in corso, che vede coinvolti sia l’Associazione Legacoop Agroalimentare, che Massimo rappresenta, sia la Cooperativa MARE, è sulle professioni del mare, finanziato dalla Commissione Europea, che mira a sviluppare nuovi profili professionali e nuove competenze nella Blue Economy, al fine di garantire l’occupabilità dei pescatori, ma anche per favorire l’avvicinamento delle giovani generazioni alle professioni blu.

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