Alla Trattoria Entrà di Modena, tra tagliatelle e carta dei Lambruschi

Metti una sera a tavola, una tagliatella con ragù di carne, che ti lascia basito, nonostante la tua cultura gastronomica poggi proprio sulle “mani in pasta”. Quel piatto indimenticabile, di cui tuttora sento nella mia memoria sensoriale i sapori e le straordinarie consistenze, è un capolavoro di Elvira, cuoca della Trattoria Entrà (di Massa Finalese, Modena) che gestisce assieme al fratello Antonio, colto ambasciatore del Lambrusco.

LE TAGLIATELLE DELLA TRATTORIA ENTRÀ

Quella tagliatella memorabile, per una strana coincidenza, ho avuto il piacere di assaggiarla al tavolo di famiglia, così ne ho carpito i segreti dal racconto di Elvira, la cui passione è stata trasmessa dalla madre “azdora”. La sfoglia, impastata a mano e tirata a mattarello, viene lasciata ad asciugare per ben 7 giorni in un mobiletto, chiuso con tendine, inserito fra due finestre sempre aperte.

Una volta immersa in un grande recipiente, la pasta resta per pochi secondi in tanta acqua, per restare secca ed elastica. Un boccone prelibato, disponibile solo per 2 porzioni alla volta, condito con un sapido ragù di carne, avvolto in un mantello rosso di conserva, passata e concentrato di pomodoro, il cui profumo invita a una golosa scarpetta, che continua con le zucchine ripiene.

GLI ALTRI PIATTI E LA CARTA DEI LAMBRUSCHI

L’atmosfera verace, passionale di Entrà ha il potere di trasmettere un qualcosa in più al cibo, a cominciare da quel semplice benvenuto fatto di fette di salame, prodotto e stagionato da Antonio, per continuare con piatti che hanno un’anima, oltre al gusto che conquista il palato.

Così i tortellini fatti in casa, figli della sfoglia (segno distintivo signature) di Elvira, che cura come un neonato e che sono serviti in un succulento brodo di cappone e manzo, così golosi come i maccheroni al pettine al ragù. Questa pasta (assaggiata in altra occasione) non è quella usuale di pasta secca, bensì di mattarello, passata su un pettine da tessitura.

Gli ingredienti sono di produttori vicini o, laddove Antonio scopre il meglio, così come la croccante faraona arrosto con il suo sughetto o il lussurioso galletto alla cacciatora.
Le proposte dolci sono tante, però quella che subito colpisce è l’originale zuppa inglese alla finalese (con ciambella e 3 liquori: alchermes, mandorla amara e menta).

La carta dei vini, regno di Antonio, è sorprendente per la profondità e le opzioni italiane ed estere che offre, ma soprattutto la carta dei “Lambruschi”, vino sempre più valorizzato. Si può scegliere tra i rifermentati o i classici. Io ho puntato sul lambrusco del Professore e a quello del Gommista (it’s a joke con i “vins de garage”).