Agriturismo in Franciacorta: il Colmetto
L'agriturismo Il Colmetto è un'oasi di pace e di buona cucina in Franciacorta
La parola agriturismo mi porta a pensare il posto in un certo modo, ma le parole che sento, soprattutto sulla cucina, mi portano a dover indossare un tacco invece che una ciabatta.
Ovviamente non è così. Ho estremizzato solo per rendere l’idea. Ma se sul ristorante avevo questa immagine, grazie a tutte le raccomandazioni ricevute, mai lo avrei pensato sul resto.
Gli animali del Colmetto sono trattati bene
Ovvio c’era da aspettarsi una bella struttura, visto che i proprietari sono imprenditori edili, ma decisamente non così, soprattutto visitando le stalle che hanno sono vere e proprie abitazioni, più simili a delle spa, visti tutti i comfort regalati agli animali.
Le caprette ti fanno ciao, tanto stanno bene. Ampi gli spazi, l’acqua che bevono è a temperatura controllata per favorire la digestione, la dieta è ricca di cereali e c’è sempre musica di sottofondo, giusto per fare qualche esempio. Risultato? 30% di produzione di latte in più.
180 capi, di sola razza francese Saanen, a cui si aggiungono maiali danesi, allevati allo stato semi brado, nutriti con le eccedenze di siero di capra e che possono immergersi in una piscinetta creata apposta per loro. Qualche asinello romagnolo, grande passione della famiglia, più da intrattenimento ai bimbi che per la filiera a chilometro zero dell’azienda.
L'orto
Continuando il giro, arriviamo all’orto che sta diventando sempre più il cuore pulsante della proposta gastronomica, soprattutto con l’arrivo in cucina di Riccardo Scalvinoni, in quel febbraio 2020 che tutti ci ricorderemo.
Una vera svolta, ancora non troppo decisiva come vorrebbe, ma già importante. E se apparentemente non si può più definire cucina da agriturismo, in realtà lo è ancora, fortemente e in modo autentico, come pochi ormai, perché qui si privilegia davvero l’autoproduzione di ogni singolo elemento, in un vero passo zero, senza sprechi e seguendo la circolarità stagionale.
E se qualcosa deve arrivare da fuori, soprattutto nello spaccio di vendita, proviene solo da altre fattorie del territorio con le quali si condivide la stessa filosofia.
La cucina dell'agriturismo
Sediamoci a tavola ora perché c’è da divertirsi e anche tanto, come immagino succeda in cucina avendo a disposizione un parco giochi di materie prime freschissime e di assoluta qualità, animali interi di cui utilizzare tutto e gli spazi adatti per poter lavorare al meglio, compreso un enorme braciere esterno dove arde sempre il fuoco. Qui non c’è ombra delle note distribuzioni. Vietato l’ingresso! Curati e moderni gli interni, con tanto legno, niente tovaglia e una bella luce.
Il menù è giocoso anche alla vista, suddiviso in princìpi, origini e primordi, con le proposte scritte senza nessun allineamento. Scegliere sarebbe difficile perché ci sono troppi piatti che vorresti assaggiare, quindi degustazione “faccio io”, con un’aggiunta doverosa.
Già dal benvenuto capisci la marcia rock e poco country del cuoco. I lievitati, sempre fatti in casa, e il burro montato di capra accompagnano la prima giostra di sapori. gelato ai fegatini di fiume da spalmare sul pane caldo, ovetto alla carbonara con il tocco di acidità dato dal formaggio di capra che ne bilancia la grassezza, tartare di cachi, rapanello e gomasio, gallina in saor che ne vorresti un piatto invece che un assaggio in un cucchiaio, e cucamelon (anguria mignon che sa di cetriolo) fermentato, da lasciare rigorosamente per ultimo.
Ci si aspetta tanto ed è quello che arriva!
Il fungo di quercia alla brace è una passeggiata autunnale nei boschi. Bellissima la carnosità e il sentore di fumo dato dalla cottura. A seguire, amatriciana di cotiche e lenticchie, servita in un tegamino, che scalda il palato e ci fa iniziare in modo molto comfort. Poi serve freschezza ed eccola con la trota bianca, crema di agrumi e cavolo nero. Un esemplare sugli otto chili, confondibile tranquillamente con una ricciola, cotta perfettamente e solo dalla parte della pelle.
Poi non può mancare uno dei primi piatti storici del ristorante: lo spaghetto con la bottarga di capretto. Capolavoro. Il fegato dell’animale è salato e messo vicino al fuoco per l’affumicatura, quindi grattuggiato su una pasta al burro cotta a puntino. Ha quasi una nota di cioccolato.
A seguire lepre, prugnolo e verza, e musetto con rabarbaro. Due piatti che rimarcano una grande personalità, con cotture e abbinamenti che stupiscono davvero la gola, senza picchi o estremi troppo marcati, ma che si uniscono in un equilibrio davvero piacevole per il palato.
Saremmo al dolce finale, ma non possiamo andarcene senza aver assaggiato il piccione alla brace. Cotto interamente sul fuoco, pianissimo e servito con il suo fondo. E come piace cucinare a lui, la selvaggina e i volatili vengono serviti in una parte cruda e una cotta. Petto a temperatura, coscia cotta. Vale l’aggiunta e deviazione dal percorso.
Il dolce è una dacquoise al sesamo, namelaka al cioccolato bianco e olive candite, accompagnata da gelato all’olio e grue di cacao. E anche sul finale nulla da dire, se non bravissimo per una proposta che troppo dolce non è, ma dove prevale la sapidità.
I vini
Ancora belle parole sulla selezione dei vini. Non ampissima, ma importante. E con importante non intendo certo i grandi nomi o prezzi, ma una bella ricerca, come uno tra i più buoni pinot neri italiani, toscano, il Cuna di Federico Staderini.
Lo cito perché oltre al fatto di meritarlo, ha anche un bel significato. Ho assaggiato per la prima volta questo vino in Romagna, Al Povero Diavolo di Torriana, proprio lì dove Riccardo ha fatto la sua più bella esperienza lavorativa 10 anni fa. Lo ritrovo qui ed è un bellissimo filo che si riunisce.
Mi appunterete che c’è molta carne al fuoco ed è lo stesso che ho pensato io. Per i grandi cambiamenti ci vuole una fase di transizione, che è questa e porterà sicuramente a realizzare, in tutto e per tutto, la sua idea di cucina basata sul mondo vegetale, almeno all’80% e che prevede in carta l’utilizzo di un solo animale alla volta.
Non vediamo l’ora, ma intanto ci godiamo anche questa fase che ci ha davvero entusiasmato, ed è una vera oasi intorno alla parola Agriturismo.