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L’eredità verde di Papa Francesco: un’agricoltura etica, sostenibile e fraterna

Tra encicliche, discorsi e gesti concreti, Papa Francesco ci consegna una visione dell’agricoltura come cura della terra, rispetto per il lavoro contadino e scelta di giustizia per l’umanità intera.


Papa Francesco ci lascia molto più di parole: ci lascia una visione. In un tempo in cui la terra geme sotto il peso dell’inquinamento e dell’avidità, la sua voce ha saputo risuonare chiara e profetica. L’agricoltura, per lui, non è solo produzione: è vocazione, responsabilità, speranza.

Lungo tutto il suo pontificato, ha costruito un’eredità fatta di gesti e parole, indicando la strada verso un modello agricolo che rispetta la natura, tutela la dignità umana e mette al centro il bene comune. È una visione integrale, che tiene insieme l’etica del lavoro, la sostenibilità ambientale e un’economia capace di includere e non escludere.

Nel tempo dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze e della crisi alimentare globale, Papa Francesco ha scelto di seminare parole che parlano di terra, cibo e giustizia. Il suo sguardo sull’agricoltura è profondo e radicale: la considera uno dei nodi cruciali per la sopravvivenza dell’umanità e per la costruzione di un mondo più giusto.

Etica del lavoro contadino

Per Francesco, l’agricoltura è anzitutto un atto etico. È il lavoro invisibile di milioni di mani che ogni giorno rendono possibile la vita. “Il lavoro dei contadini è un lavoro di speranza. Sono loro che seminano il futuro dell’umanità”, ha affermato in un messaggio al Festival dell’Economia Civile nel 2021. Un riconoscimento non solo simbolico, ma politico, in un sistema che spesso marginalizza i piccoli produttori, sfrutta i braccianti e considera il cibo una merce come un’altra.

Il Papa invita a riconoscere la dignità di chi lavora la terra e a superare l’idea che sviluppo significhi solo profitto. “Abbiamo bisogno di recuperare il senso del dono, della cura e della giustizia”, scrive nella Laudato Si’. In un mondo dove l’agricoltura è spesso dominata da logiche industriali e speculative, la sua voce richiama a un’economia più umana.

Custodia del creato

La dimensione ambientale dell’agricoltura è centrale nel suo magistero. L’enciclica Laudato Si’ (2015) è diventata un manifesto della sostenibilità integrale. Francesco denuncia apertamente i danni dell’agricoltura intensiva, l’uso sconsiderato di pesticidi, la deforestazione e la perdita di biodiversità. “La terra, la nostra casa comune, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”, scrive con lucidità e dolore.

Invita quindi a promuovere modelli agricoli rispettosi dell’ambiente, legati ai territori e capaci di rigenerare il suolo. Un’agricoltura che ascolti il tempo della natura, che sappia fermarsi, ruotare le colture, lasciare riposare i campi. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”, afferma nel paragrafo 139 dell’enciclica. La cura della terra è anche cura dell’uomo.

Un’economia che nutre tutti

Ma c’è anche un’altra dimensione che Papa Francesco mette in luce: quella economica. Il Papa non ha esitato a definire la speculazione sul cibo “un crimine che viola il diritto umano fondamentale al cibo” (Discorso alla FAO, 20 novembre 2014). Il cibo, ricorda, non è una merce: è vita, è relazione, è diritto.

Per questo promuove il commercio equo, le filiere corte, la sovranità alimentare. Difende il diritto dei popoli a decidere come produrre e distribuire il proprio cibo, fuori dalle logiche imposte da un mercato globale che premia pochi e lascia indietro molti. “È scandaloso non vedere il cibo come un bene universale e trattarlo invece come merce soggetta a speculazioni”, ha ribadito con forza.

Un messaggio universale

Il messaggio di Papa Francesco supera i confini della religione. È un appello rivolto a credenti e non credenti, a consumatori e produttori, a politici e cittadini. È una visione del mondo in cui l’agricoltura diventa strumento di pace, giustizia e riconciliazione.

Il Papa non coltiva utopie: coltiva coscienze. E lo fa con parole che sono semi. Sta a noi accoglierli, farli germogliare, annaffiarli con scelte concrete: scegliere cibo locale, sostenere chi lavora con rispetto, educare al consumo consapevole.

Solo così potremo trasformare la tavola in un luogo di fraternità e il campo in un laboratorio di futuro.

Grazie Francesco!

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