Vino in anfora: perché sì
I vini in anfora non sanno di tannini e di aromi e, per fortuna, non sono ancora inflazionati. Nella carta del Relais Villa Olmo abbiamo avuto il piacere di assaggiarne molti
Il vino in anfora mi ha sempre affascinato soprattutto perché si introita la storia ancestrale di questo nettare. L’uso di Greci e Romani di trasportare e conservare il vino nelle giare in argilla ha radici lontane.
L'anfora e i vini dei falegnami
Allo stesso tempo non ho mai amato i vini affinati in barrique, che retrogustano di legno (al punto che, anni fa, li ho definiti “i vini dei falegnami”) solo per aver successo nei mercati internazionali.
L’anfora, ottenuta dalla lavorazione della terracotta, a differenza del legno, non aggiunge tannini e aromi, ma esprime fedelmente le diverse caratteristiche dei terroir e dei vitigni nella fase di macerazione e affinamento, partecipando alla realizzazione del gusto finale.
In realtà ci sono due tipi di anfore: il primo storico, di stile georgiano (dove questa tecnica ha forse avuto origine), aperto, tipo tino; e il toscano con un sigillo che ne permette la chiusura.
La capienza delle anfore è di solito di 10 ettolitri e viene sistemata a 2-3 metri di profondità per permettere un minor passaggio di ossigeno e un miglior controllo della temperatura.
I vini di Relais Villa Olmo
Poche volte ho letto nelle carte della ristorazione “vini in anfora” (spesso invece “vini barricati”). Forse è un aspetto positivo, significa non essere ancora di moda. Il mio primo assaggio, inizio anni Novanta, è stato al Castello di Lispida, dove il giovane Alessandro Sgaravatti è stato uno dei primi produttori a utilizzare le anfore georgiane.
Con piacere ho trovato, dopo lungo tempo, finalmente dei vini in anfora nell’accogliente ristorante “Relais Villa Olmo” di Impruneta, borgo toscano dove vive una tradizione di produzione di terracotta e, attualmente, di anfore. Qui lo stesso presidente del Consorzio Chianti Classico, Giovanni Manetti, produce anfore nella storica azienda di famiglia.
Nella carta di Villa Olmo ho avuto la sorpresa di scoprire “Le Anfore” della famiglia Casadei, produttori di vini nel Chianti, in Maremma e in Sardegna.
Così ho potuto apprezzare il Trebbiano prodotto da Castello del Trebbio, vino di grande freschezza abbinato al “gazpacho al cocomero arrosto, cetriolo al gin, ostrica (un’accoppiata benedetta con il grande caldo) e al riuscito risotto mazzancolle e mortadella, finocchietto, maionese all’aglio rosso”.
Ho gustato inoltre il sorprendente Syrah delle vigne della Tenuta di Suvereto per accompagnare un piatto complesso dello chef Alessio Leporati: “piccione, cioccolato, frutta rossa, millefoglie di patate” con la sorpresa di un “cioccolatino”. Un composto di quinto quarto del volatile, ricoperto di cioccolato. Un azzardo? In realtà pollo, lepre e cinghiale vanno d’accordo con il cioccolato…Perché no il piccione?
Contatti
Relais Villa Olmo
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