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Romagna: l'eredità di Gianfranco Bolognesi

Il ristorante La Frasca di Gianfranco Bolognesi ha cambiato la storia della cucina romagnola, portando alla ribalta un patrimonio unico di prodotti e di vini



La memoria corta del pianeta gastronomico versus l’eccessivo entusiasmo di “fenomeni” pasticcioni, che durano l’espace d’un matin.

Il mio primo riferimento corre a Gianfranco Bolognesi, patron della Frasca di Castrocaro (e potrei aggiungere Gian Luigi Morini patron del San Domenico di Imola), guarda caso ambedue “romagnoli”, sebbene Imola sia in provincia di Bologna.

A dire il vero, lo stesso trattamento di oblio è stato riservato a un “fuoriclasse” come Angelo Paracucchi, umbro in terra Ligure.
Gianfranco Bolognesi e Marco Cavallucci alla Frasca di Castrocaro Terme

Gianfranco Bolognesi ha fatto cambiare musica alla cucina romagnola

Bolognesi è scomparso qualche mese fa, così come Morini, ma i soloni del cibo lo hanno subito dimenticato, poche righe sull’immenso lavoro fatto da questo “spigoloso” ristoratore per la cucina e i vini di Romagna, negli anni bui, sia del made in Italy a tavola e in cantina, sia delle tradizioni della sua terra.

Soprattutto i vini delle terre del Passator cortese (mica tanto, la sorella di Pellegrino Artusi ha potuto constatare che fosse tutt’altro) hanno sempre avuto una scarsa considerazione, forse perché il Sangiovese aveva in comune lo stesso vitigno degli illustri concorrenti toscani (Chianti, Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano).

Ebbene, la Frasca è riuscita nel tempo a diventare un faro per la diffusione della conoscenza dei rossi virtuosi di Romagna, grazie alla fama di Gianfranco, che ha occupato un posto di primo piano nazionale come sommelier (nel 1974, tra l’altro, aveva vinto il campionato italiano con un accostamento originale, poi molto diffuso, quale il gorgonzola abbinato al Marsala di Marco De Bartoli).

La cucina della Frasca (con ai fuochi Marco Cavallucci) è stata altresì importante per far cambiare la musica sulla Romagna, da sempre accostata solo ai cappelletti, alla piadina, al raviggiolo, al tortello sulla lastra, conditi con Casadei alla consolle.

La Romagna rivisitata della Frasca

La decodificazione (termine che non amo) delle tradizionali ricette regionali, compreso il ricettario artusiano sono state proposte alla Frasca come “nuovo nella tradizione” tra cui: garganelli fatti a mano al vino rosso, scalogno e zucchine, gnocchetti al ragù di gamberi, manfrigoli con erbe di campo e piselli, cappelletti vuoti con dadolata di triglie e prosciutto, rosette di agnello alla senape, faraona alla creta, rombo chiodato al sale di Cervia (ora tutti lo utilizzano), carne di maiale di mora romagnola.

Lo chef Bruno Barbieri, durante Masterchef ha apostrofato una concorrente, dicendole di sgrezzarsi un po' e di guardare più all’Emilia e non alla Romagna in cucina. Chapeau alla bravura di Bruno in cucina, ma dimentica che la culinaria romagnola dispone di un grande e unico patrimonio: offre infatti ricette di montagna, di collina, di mare e perfino meticce della Romagna-Toscana.

Non solo, ma rifacendomi a un vecchio detto popolare…”Scendendo da nord lungo la via Emilia, chiedete da bere: finché vi danno acqua siete in Emilia, quando riceverete del vino sarete in Romagna! Nel nostro dialetto, infatti bé (bere) significa vino”.

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