Paracucchi, un grande cuoco nell'oblio
È l'iniziatore di una nuova cucina italiana
Un grande cuoco dimenticato, nonostante tra il gli anni Settanta-Novanta sia stato un innovatore e un punto di riferimento della cucina italiana: Angelo Paracucchi della Locanda dell’Angelo di Ameglia e, allo stesso tempo, divulgatore del made in Italy in Francia con il ristorante Carpaccio, a Osaka e Kyoto con due “eating corner” e la scuola di cucina. Non solo, anche maestro di tanti giovani, divenuti poi chef affermati in Italia e all’estero. Lui scorbutico all’apparenza, ma generoso nel privato, è stato l’iniziatore di una nuova cucina italiana. Pur essendo vissuto nel periodo dell’apogeo della nouvelle cuisine, non si è mai fatto attrarre dalla moda degli chef francesi, anzi ha cercato di far conoscere Oltralpe i prodotti italiani, come l’olio d’oliva extravergine, di cui era un grande esperto e fornitore a chef star come Paul Bocuse.
Il grande merito di Angelo è stato questo proprio quello di aver praticato una cucina basata sul patrimonio dei prodotti tradizionali, sia di terra, sia di mare, di cui aveva una profonda conoscenza. Ne ho avuto prova tangibile le volte che ho seguito Paracucchi a fare la spesa: dal contadino per le verdure, dal macellaio, al mercato del pesce. Con tutti i suoi fornitori c’era un confronto serrato sulla qualità: i suoi studi in agraria gli avevano fornito una conoscenza chimica, fisica e molecolare notevole che poteva traslare nelle cotture e negli accostamenti dei piatti. Il segreto della preparazione delle sue proposte si basava in due semplici accorgimenti: le cotture, che riusciva a calibrare grazie alle notevoli conoscenze di carni, pesce e verdure; i semplici condimenti, a cui faceva ricorso con olio, burro crudo e con le salse (di cui aveva anche una produzione in commercio) che non nascondevano mai i sapori e i profumi originari.
In molti piatti utilizzava sia l’aceto balsamico tradizionale, sia aceti particolari che lui stesso produceva, come quello ai lamponi utilizzato nella riuscita insalata della salute. Negli anni ha sfornato molti piatti interessanti, come i filetti di sogliola farcita ai fiori di zucca e scapeccio (salsa di sua produzione) tiepido; tagliatelle nere, ragù di seppia, calamaretti e zucchine; zuppa di pesce profumata alla malvasia delle Lipari. E ancora piccione alle pere in agrodolce, agnello in fricassea con scorza nera. C’era un piatto straordinario che non teneva in carta, ma era un vero capolavoro: il cappon magro che ho avuto la fortuna di gustare, mentre in carta, anzi in sala, Paracucchi amava preparare gli spaghetti ai frutti di mare alla lampada. Un piatto criticato da pochi esteti, richiesto da molti buongustai che nel tempo ha trovato illustri seguaci. Anche sul vino aveva idee originali, a cominciare dall’accostare i piatti di pesce con vino rosso servito al 14/15° gradi, criticato allora, seguito oggi.