Viticoltura eroica. I vini estremi. Seconda puntata
Dalla Valtellina all’isola di Pantelleria: 5 esempi di viticoltura eroica.
Continua il nostro viaggio nella viticoltura eroica italiana, con altri 5 territori e i loro ripettivi vini estremi.
VALTELLINA (LOMBARDIA)
Valtellina Superiore DOCG Riserva Sassella Rocce Rosse
ARPEPE
La Valtellina è un altro territorio di antica tradizione eroica, dove la viticoltura è praticata sin dall’epoca romana. A renderla possibile sono tre condizioni geografiche fondamentali: l’orientamento della valle che va da est a ovest, esponendo a sud il versante vitato; l’inclinazione dei pendii che, compensando la distanza dall’equatore, garantisce la stessa quantità di luce che c’è a Pantelleria; e, infine, la tipologia dei suoli, di origine morenica e alluvionale, quindi ricchi di minerali utili alle viti, sebbene poco profondi e molto permeabili. Le vigne sono disposte su terrazzamenti arginati da muretti a secco di scisto, dove si accede solo a piedi e si lavora senza l’ausilio di macchinari, al massimo servendosi di piccole teleferiche per il trasporto di uve e attrezzi.
Il vitigno principe dell’areale è il Chiavennasca, nient’altro che un biotipo di Nebbiolo adattato a queste condizioni pedoclimatiche. Attraverso la tecnica di appassimento degli acini dà vita al tipico e complesso Sfursat, oltre che a vini delle 5 sottozone di grande piacevolezza e facilità di beva, come il Sassella Rocce Rosse della cantina Arpepe. Frutto dei suoli più antichi dell’areale, è caratterizzato da profumi fruttati freschi e da una sapidità che rende la beva irresistibile.
CAREMA (PIEMONTE)
Carema DOC Riserva
Cantina Produttori di Carema
Zona di confine tra Valle d’Aosta e Piemonte, e terra di passaggio verso la Francia, l’area che circonda il paese di Carema, all’estremo nord del Canavese, vanta per questo una tradizione viticola antica, seppur non favorita dalle condizioni geografiche. La viticoltura si pratica, infatti, sulle coste rocciose del monte Maletto, in vasche di terra contenute da muri a secco e riempite con la più fertile terra dei fondovalle. Gli impianti arrivano fino a 700 metri s.l.m. e si affidano alla pergola come forma di allevamento, localmente detta topia. Un’impalcatura composta da pilastri di pietra e calce, i cosiddetti pilun, sormontati da pali di castagno su cui si adagiano le viti. La loro funzione è analoga a quella della pergola valdostana e aiuta le piante a fronteggiare le forti escursioni termiche tra giorno e notte; inoltre, un tempo permetteva ai coltivatori di ottimizzare gli spazi e coltivare anche ortaggi sotto al pergolato.
La varietà protagonista della zona è ancora il Nebbiolo, nel biotipo locale detto Picutener (o Picotener), che in questa versione Riserva, prodotta dalla Cantina dei Produttori Nebbiolo di Carema, mostra il suo lato accessibile e gioviale, caratterizzato da sorprendente acidità, tannini levigati e profumi di visciole e legni balsamici.
LIGURIA
Cinque terre DOC Vigne Alte
Cooperativa Cinque terre
Le Cinque Terre sono tra i territori eroici più suggestivi e complessi, dove alle pendenze e al rischio di frane e smottamenti si somma l’imprevedibilità del meteo marino, alle sue mareggiate e ai suoi venti forti. La distanza dal mare è, infatti, molto ridotta, mediamente tra 0 e 5 km, con la maggior parte dei vigneti a picco sui flutti e talvolta addirittura raggiungibili solo in barca. Gli impianti si spingono fino a 900 metri di altitudine e sono disposti in appezzamenti piccoli e frammentati, su terrazzamenti contenuti da muretti a secco.
La forma di allevamento tradizionale è la pergola bassa, che protegge le piante dall’insolazione e dai forti venti, ma che, di contro, costringe il viticoltore a lavorare chino. Le uve tipiche dell’areale sono il Bosco e l’Albarola, con il più recente Vermentino, protagoniste in blend del raro passito Sciacchetrà e di bianchi di luce e di mare, come il Vigne Alte della Cooperativa Cinque Terre, che arriva da vigneti a oltre 300 m di altitudine e combina profumi marini con erbe di macchia e una verticalità gustativa da vino di montagna.
COLLINE DI CANDIA (TOSCANA)
Toscana IGT Vermentino nero Vernero
Podere Scurtarola
Il paesaggio delle colline di Candia, che ricade nel territorio dei comuni di Massa, Carrara e Montignoso, è tra i più aspri e selvaggi del nostro Paese, caratterizzato da fitti boschi e dalla presenza incombente delle Alpi Apuane. Anche il clima risente di questa conformazione, ed è soggetto a elevata piovosità, causata dall’incontro tra le brezze marine provenienti dal vicino Mar Ligure con i venti freddi montani. La viticoltura si è potuta sviluppare in questo territorio solo grazie al lavoro coordinato degli agricoltori, che hanno creato, nei secoli, piccoli terrazzamenti sui terreni estremamente scoscesi (fino al 70-80%), contenuti da muretti a secco e collegati tra loro da sentieri scalinati verticali.
La coltivazione è difficile e impegnativa, richiede continui interventi di manutenzione per regimentare le acque e contenere l’erosione, e si poggia interamente su una comunità molto ridotta e sempre più anziana. L’isolamento dell’areale ha fatto sì che qui si mantenesse intatto un patrimonio di vitigni autoctoni antico, che annovera varietà rare come la Barsaglina (o Massaretta) e il Vermentino nero. Quest’ultimo è protagonista del Toscana IGT Vermentino nero Vernero del Podere Scurtarola, un vino dal carattere speziato e dal bel tannino rotondo.
PANTELLERIA (SICILIA)
Pantelleria DOCG Passito Ben Ryé
Donnafugata
La viticoltura sull’isola siciliana di Pantelleria ha origini remote e riporta direttamente ai Fenici-Punici che vi introdussero la forma di coltivazione ad alberello, riconosciuta nel 2014 patrimonio Unesco. Le basse piante di alberello pantesco sono, infatti, l’unica risposta efficace alle difficili condizioni climatiche e geologiche dell’isola vulcanica, che annoverano venti battenti, siccità e suoli sabbiosi e permeabili. Il viticoltore affronta queste avversità servendosi anche di muretti a secco in pietra lavica, indispensabili per contenere i terreni sabbiosi, proteggere le piante dal vento e convogliare e trattenere l’umidità.
La principale cultivar qui è lo Zibibbo (o Moscato d’Alessandria), protagonista di vini sia secchi che dolci, quando lasciato appassire esposto al sole cocente. È il caso del Ben Ryé, prezioso passito prodotto da alberelli di età media di 60 anni, dislocati nelle diverse contrade dell’isola. Un nettare ambrato che è un concentrato di profumi isolani, dallo iodio alla roccia vulcanica, dalla frutta secca agli arbusti costieri, dal gusto denso e appagante.