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Il Timorasso dei Colli Tortonesi

La zona dei Colli Tortonesi ha un'identità composita e accogliente, da terra di confine. Il Timorasso è l'uva più significativa di questo territorio: un vitigno perduto, riscoperto negli anni Novanta da Walter Massa.



Da Milano bastano 50 minuti di macchina per arrivare, persino meno che da Torino. Siamo a sud est del Piemonte, nella provincia di Alessandria, in una terra di confine, sia geografico che culturale, da sempre crocevia di popoli e commerci. Perché, qui, non solo si marca il passaggio tra montagna e pianura e tra suoli di epoche geologiche molto distanti tra loro, ma anche quello tra quattro regioni, il Piemonte, la Lombardia, la Liguria e persino l’Emilia romagna.

Il risultato è una terra non solo bella dal punto di vista paesaggistico e ricca di biodiversità, ma anche animata da un’identità composita e accogliente, profondamente piemontese nella tenacia, ma aperta alle culture circostanti. Parliamo della zona dei Colli Tortonesi, un’area rurale per molto tempo rimasta fuori dai palcoscenici enologici calcati dalle più blasonate denominazioni piemontesi, ma che negli ultimi trent’anni sta avendo la sua rivalsa grazie a un vitigno locale antico: il Timorasso.

DERTHONA

L’intera area si sviluppa attorno alla città di Tortona, Derthona nel suo appellativo più antico, quello che le diedero i Liguri Statielli che abitarono la zona tra il secolo VIII e il V a.C., prima dell’arrivo dei Romani. E proprio Derthona è stato il nome scelto dal consorzio dei produttori locali per identificare il vino prodotto con uve Timorasso nella zona dei Colli Tortonesi.

Un’operazione volta ad allontanare il vino dal vitigno per avvicinarlo piuttosto al suo territorio di origine, esattamente come è stato fatto dai cugini di Barolo con il Nebbiolo. Perché comunicare Derthona significa raccontare la storia di una cittadina che, seppur piccola, è sempre stata al centro di importanti eventi storici, dall’epoca romana a quella moderna.

Derthona_colli tortonesi_cibovagare

Il merito spetta alla sua posizione geografica che, sin dall’antichità, l’ha messa al centro degli scambi commerciali che avvenivano sulle vie del sale che collegavano la Pianura padana all’entroterra ligure, fino a diventare, con i Romani, vero e proprio presidio fortificato di tutto il territorio e delle grandi strade consolari (le vie Fulvia, Postumia, Aemilia Scauri e Vercellina).

Granaio della Liguria con gli Ostrogoti nel ‘500, grazie alle sue fortificazioni sopravvisse all’avvicendarsi dei popoli per tutto il periodo medioevale (dai Goti, ai Bizantini, ai Longobardi, ai Franchi), fino a schierarsi, nel secolo XI, con Milano in difesa dell’avanzata di Federico Barbarossa, che la distrusse nel 1155.

Proprio l’alleanza col capoluogo lombardo l’accompagnerà fino all’annessione al Regno di Sardegna, rendendo Tortona partecipe dell’avvicendarsi delle signorie milanesi, dai Visconti, agli Sforza fino agli Spagnoli. Distrutta per mano di Napoleone nel 1801, nel Risorgimento, con la ricostruzione da parte dei Savoia, la città è stata portata a un nuovo splendore, conservando del suo passato di fortezza l’antica torre del Castello.

UN TERRITORIO VARIOPINTO

Boschi, vigne e aree coltivate; montagne, colline, pianure e numerosi corsi d’acqua caratterizzano il paesaggio dell’areale dei Colli Tortonesi, che dal punto di vista geologico si presenta diviso in tre fasce. Una meridionale, prevalentemente montuosa con altitudini fino a 1600 metri s.l.m., in cui domina il substrato geologico più antico corrispondente al Dominio Oceanico Ligure-Piemontese.

Una fascia centrale, dove le altitudini variano tra 140 e 900 metri, generatasi dal cosiddetto Bacino Terziario Piemontese, con suoli composti da sedimenti marini dell’antico mare Padano, alcalini e calcarei. Nella fascia settentrionale, infine, dominano la scena di sedimenti di origine continentale trasportati dai numerosi corsi d’acqua che segnano longitudinalmente la zona, creando l’attuale pianura alessandrina, dove l’altezza massima è poco superiore ai 500 metri.

Colli tortonesi_Timorasso_Cibovagare

Ulteriori formazioni isolate sono la formazione di Cassano Spinola (Messiniano) e le Marne di Sant’Agata Fossili (Tortoniano), che si trovano nella zona centro settentrionale. Si tratta quindi di suoli perlopiù marnoso-argillosi ricchi di sali, in grado di conferire quindi grande sapidità e longevità ai vini. Anche il clima, che beneficia degli influssi marini provenienti dalla Liguria, contribuisce a porre le basi per una viticoltura di qualità.

I VINI DEI COLLI TORTONESI

Proprio in virtù della varietà di influenze economico-culturali che hanno animato questa terra di confine, tanti sono i vitigni e i vini previsti nella DOC Colli Tortonesi, con le sottozone Monleale e Terre di Libarna. Istituita nel ’74, la DOC abbraccia il territorio di 47 comuni della provincia di Alessandria, per un totale di circa 2.000 ettari e prevede vini bianchi, rosati e rossi, ottenuti da uve Cortese, Favorita, Moscato bianco, Timorasso, Barbera, Croatina, Dolcetto e Freisa.

Concentrandoci solo sulle più rappresentative, potremmo semplificare dicendo che a tirare le fila della viticoltura locale sono oggi essenzialmente il Timorasso per i bianchi (95% minimo del vitigno, anche in versione Riserva con 21 mesi di affinamento) e per lo spumante Terre di Libarna (60% del vitigno), e la Barbera per i rossi (85% minimo del vitigno, Superiore e Riserva dopo un invecchiamento di 24 mesi), protagonista anche della sottozona Monleale con vini maturati per 20 mesi, di cui almeno 6 in legno e del Terre di Libarna Rosso (60% del vitigno).

SUA MAESTÀ IL TIMORASSO

Se la Barbera è l’uva più diffusa in Piemonte, il Timorasso è rappresentativo unicamente di questa area della regione dove, secondo gli scritti dell’agronomo Pier De’ Crescenzi, era presente già in epoca medievale. Essendo un’uva difficile, a maturazione medio-tardiva e che richiede un gran lavoro in vigna perché “fa molto verde”, come si dice in gergo di un vitigno dalla vegetazione abbondante, era andato quasi perduto, nonostante la buona qualità dei suoi vini. A riscoprirlo è stato, negli anni ’90, un produttore della zona, Walter Massa, che con determinazione e lungimiranza ne ha fatto il cavallo di battaglia dell’areale.

Produttori_Timorasso_Cibovagare

Qualche anno fa ci aveva raccontato la storia della sua intuizione, ecco le sue parole: «io, che sono un po’ megalomane (ma tutti quelli che fanno vino sono un po’ megalomani, perché credono di poter creare qualcosa e investono tempo e soldi per farla), ho pensato: “perché dobbiamo utilizzare lo Chardonnay o il Cabernet per arrivare comunque dietro ad altri che lo fanno meglio?” E allora mi son detto: “proviamo a fare ‘sto Timorasso, che all’epoca stava davvero sparendo”». Il tempo gli ha dato ragione: se agli inizi del 2000 erano tre produttori a coltivare 2,5 ettari vitati di Timorasso, oggi le aziende sono diventate una cinquantina per poco meno di 330 ettari vitati.

Del resto, anche il vitigno è uno di quelli che nei vini dà il meglio di sé sulla distanza, quando a dominare la scena gusto-olfattiva ascendono le tipiche note di idrocarburi che ne caratterizzano il profilo varietale, sostenute da un’acidità sempre giovanile e all’altezza del corpo pieno e sapido. Un vino capace di mutare ed evolvere in complessità e per questo esempio di grande versatilità di abbinamento a tavola, dove può spaziare dalle verdure nel caso di annate più giovani, fino a risotti, paste ripiene e carni non troppo elaborate, per le più ampie vecchie annate.

I PRODOTTI E LA CUCINA

Un assaggio delle specialità enogastronomiche del territorio tortonese lo abbiamo avuto in visita alla cantina La Colombera della frazione di Vho, di proprietà della famiglia Semino. Nella nuovissima sala degustazione, inaugurata lo scorso maggio, Elisa Semino e il suo compagno Davide Ferrarese, consulente agronomo che si divide tra il Gavi e i Colli Tortonesi, propongono in un accogliente clima familiare un’interessante degustazione di prodotti e piatti tipici in abbinamento ai loro vini.

In particolare, abbiamo potuto assaggiare, nell’antipasto misto, salumi selezionati da piccoli produttori locali come il salame cotto, la pancetta e il Salame Nobile del Giarolo, prodotto a ridosso del monte Giarolo, le ricottine fresche e l’insalata russa piemontese col tonno, da abbinare a un profumato calice di Cortese. A seguire, una pasta ripiena di “confine” tra Liguria e Piemonte, quale i ravioli ripieni di carne e verdure col sugo Derthona (sugo d’arrosto al burro) che si sposano perfettamente con il Timorasso e, infine, il vitello tonnato che si accompagna ancora molto bene con un Timorasso invecchiato di qualche anno, oppure con un fruttato Barbera.

Salame nobile del Giarolo_Cibovagare

Per chiudere in dolcezza, irrinunciabile un assaggio delle pesche di Volpedo, pesche gialle e bianche tagliate in quarti con la buccia e messe in barattolo con acqua, zucchero e limone, da servire con un dolce calice di Moscato bianco. Tutta l’area compresa tra il comune di Volpedo-Monleale e i comuni limitrofi della Bassa Val Grue e Val Curone, è infatti famosa anche per la frutticoltura (rinomate anche la Fragola Profumata di Tortona, Presidio Slow Food, e la ciliegia bella di Garbagna) che qui si è sviluppata su grandi numeri a partire dagli inizi del ‘900 sui vocati suoli sabbiosi di epoca tortoniana, oltre che per la coltivazione di legumi e cereali, su tutti il raro e pregiato Mais 8 file. Insomma, non solo viticoltura, ma una vera e propria vocazione rurale a tutto tondo, fiero retaggio di questa gente di confine che finalmente ha trovato, in un vino di origine contadina, il veicolo della propria rivalsa.

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