Risotti
Interpretati da chef e sagre popolari
Leggi il domenicale!
Un paio di settimane fa, alla manifestazione “Territori in Festival”, a Montecatini, ho assaggiato, preparato dai bravissimi organizzatori della Sagra della Panissa vercellese, un loro risotto fatto come Dio del Gusto comanda (riso carnaroli, fagioli di Saluggia, salam d’la doja, vino rosso), nonostante fosse preparato in una cucina da campo, per un numero di commensali assai elevato.
La panissa, da non confondere con la pur altrettanto appetitosa paniscia alla novarese (carnaroli, cotenne di maiale, salamin d’la doja, vino rosso), è un piatto di cucina del territorio sempre più difficile da assaggiare, mentre ormai, il risotto, fiore all’occhiello in grado di rappresentare la migliore espressione del made in Italy, ha traslocato: dalle “cucine economiche delle nonne” a quelle tecnologiche degli chef.
Oggi infatti questo piatto trova sempre più spazio nei menu dei locali top, cucinato con straordinaria fantasia, quasi fosse, il riso, più duttile della pasta per essere manipolato. Riso e pasta: un’accoppiata vincente che, nonostante, per qualche tempo siano stati “snobbati” dalla grande cucina, restano, anzi si rafforzano, quali capisaldi della espressione culinaria italiana.
Soprattutto per quanto riguarda il riso non va dimenticato (e spesso succede, quando si parla di grandi prodotti italiani): è una bandiera della produzione agricola nostrana. Varietà pregiate, utilizzate anche da grandi chef stranieri, come il carnaroli, il vialone nano, Roma, baldo arrivano dai vari territori lombardi, veneti, piemontesi, sardi. E da non dimenticare l’evoluzione gastronomica importante degli ultimi anni di produzione di riso stagionato, assai amato da molti di quegli chef che lo hanno portato alla ribalta internazionale. Dal riso al pomodoro o alla parmigiana eccoti fiorire qua e là dei primi, impensati solo qualche anno fa: il risotto allo zafferano e polvere di liquerizia di Massimiliano Alajmo (Le Calandre di Sarmeola di Rubano) che per lungo tempo ha tenuto banco per l’uso inconsueto della liquerizia così come l’originale risotto con acciughe, limone e cacao di Carlo Cracco (Milano). E ancora Davide Scabin (Combal.0, Rivoli) con il suo riso foie gras e foglie di carciofo; il risotto in casseruola di Massimo Bottura (Osteria la Francescana, Modena); il mantecato con salvia all’ananas, filetti di pesce persico al pan verde di Giancarlo Morelli (Pomiroeu, Seregno).
A dir il vero la madre di tutti i risotti “moderni” e “post moderni” è “riso, oro e zafferano” di Gualtiero Marchesi, la cui bravura in questo piatto si riflette nei suoi allievi, a cominciare da Enrico Crippa (il Duomo di Alba) con alcune sue recenti, riuscitissime proposte: il riso, i porcini e l’anice stellato e ancora riso, castelmagno e cardamomo nero.
Sine qua non