Peposo di daino, altro che manzo!
Tra i boschi della valle bassa del Sieve tante sfiziosità di selvaggina
Le stelle sono tante…Comode da raggiungere in aereo, treno, taxi, by pedibus. Le 3G (maxi giudizio di valore Gastronautico) chiedono invece pazienza per scovarle e, soprattutto, tempo per arrivarci. Metti il Ristorante “Artemide”: per raggiungerla una tortuosa strada fino a quando non ti appare alla vista, inerpicata tra i boschi della bassa valle del Sieve. Un viaggio che vale la pena, già ben condito all’arrivo dai profumi della cucina e dalla vista di un locale “spettinato”. Una volta seduto, vedo sfumare vassoi che gridano “lo voglio”: tagliatelle con ragù fumanti, enormi montagne di formaggi e salumi. Noto intere famiglie in gita fuori porta.
La scelta dei piatti non è facile alla vista; mi viene la tentazione di assaggiare tutto, vedo alcune “chicche” a cui non riesco proprio a rinunciare e, soprattutto alcune sfiziosità. In primis il “peposo” di daino, e non di manzo, come invece recita la ricetta originale del peposo dell’Impruneta. In questa località, nota per la cottura dei mattoni, i fornacini usavano mettere spezzatino di carne con molto pepe, pomodoro, vino rosso in un tegame di terracotta e posizionarlo poi all’imboccatura del forno. Lo avevo più volte assaggiato nella sua versione originale, ma il daino lo rende più piacevole. Di contro, dal sapore intrigante e raffinato, ho assaggiato il cinghiale in agro dolce, un piatto non facile reso ancor più gustoso con patate al forno a legna (così come sono tutte le cotture del locale) e fagioli zolfini.
La carta ovviamente offre ben altro, come la selezione dei tagli di maiale di nera romagnola, ma già avevo assaggiato un antipasto di squisito patè di fegatini (mi hanno ricordato il patè di foie gras), gelatina di vinsanto, scorzette d’arancio candito e un morso di pecorini locali. A questo primo invitante boccone ho fatto seguire, come è d’uopo in una trattoria verace, l’assaggio di paste fatte in casa, la cui sfoglia è preparata con la farina di un vecchio molino locale. Così ho conosciuto i piacevoli cappelletti con un inedito ripieno di piccione. Qui però devo fare una chiosa, forse a Molin del Piano sono conosciuti come “cappelletti”, ma la forma è quella degli anolini.
Comunque li ho scoperti stuzzicanti e appetitosi, come del resto i tortelli ripieni di patate con il ragù di cinghiale, profumato da costringermi alla scarpetta. I dolci sono tutti made in Artemide, tra cui il semifreddo al pistacchio, degno di menzione per il sapore complesso da farmi pensare, sbagliando, a uno zabaglione. La carta dei vini è onnicomprensiva della Toscana vinicola, di cui ho scelto un vino di rimembranza (Leopardi non c’entra): il Pinot Nero del Marchese Pancrazi, il primo (nel 1991) a produrre (per un famoso e fortunato errore di scambio di barbatelle) nella Regione questo vitigno, oggi assai diffuso.
Contatti
Ristorante Artemide
Via di Galiga 21, Molino del Piano (FI)
055.8317240/328.0189904
info@ristoranteartemide.it
artemideristorante.wixsite.com