La Versilia ritrova le sue origini nei prodotti
La ricerca gastronomica di Riccardo Santini
Ci sono locali che hanno fatto la storia “gastronomica” della Versilia e anche delle mie esperienze in quel territorio. Così mi vengono alla mente il “Nebraska”, mitico bar dove ho conosciuto i più straordinari cru premier francesi, compreso l’universale Chateau d’Yquem, a calice, e alcuni straordinari locali quali “Romano” a Viareggio, tuttora ai massimi livelli, e “L’oca bianca” di Marco Garfagnini, sempre a Viareggio, chiuso da tempo.
Un posto a parte nei miei ricordi è riservato al Vignaccio di Santa Lucia (Camaiore) di Riccardo Santini, dalla fine degli anni Ottanta fino alla sua chiusura. Questo bizzarro personaggio, colto come pochi nell’arte di scovare prodotti rari, mi ha fatto individuare i giacimenti gastronomici, che si nascondevano nella Lunigiana e nella Garfagnana. Riccardo ha portato alla ribalta, alla fine anni Ottanta, prodotti allora poco diffusi nella ristorazione versiliese, ora molto “gettonati”: l’agnello di Zeri, la cipolla di Treschietto, il pane di Vinca. L’Osteria con cucina Il Vignaccio, (creato da Fernando Becagli, personaggio della ristorazione versiliese) può considerarsi uno dei locali storici della Versilia, aperto nel 1987, con la moglie Emiliana in cucina, vicino alla Chiesa di Santa Lucia, frazione di Camaiore e poi spostato nel 1994. Personaggio irrequieto e incostante, Riccardo, dopo aver chiuso il Vignaccio, ha avuto esperienze più o meno fortunate in altri locali (il Vignaccio al Cinquale), ma finalmente ha fatto ritorno, come consulente del patron di Bernardone, nel suo vecchio locale di Santa Lucia. Per arrivarci si sale lungo una strada tortuosa, che offre un bello spettacolo paesaggistico: le colline di Camaiore, la vista del mare e, dalla terrazza del locale e da una finestra di una saletta, l’ora tramonto vale il viaggio.
La cucina ha qualcosa di nuovo, anzi di antico, a cominciare dalla panzanella, i crostini di fegatini, la giardiniera, il paté di fegato d’oca con marmellata di fichi, l’insalatina di faraona calda con cipolla in agrodolce. Tra i primi piatti grande scelta, ma non ho ritrovato un piatto cult del vecchio Vignaccio, le tagliatelle con peperoni rossi, verdi e gialli, mentre ho potuto gustare di nuovo piatti di cui sono goloso: le seppie in zimino, il baccalà in umido e la trippa alla fiorentina. In carta non mancano i tordelli al gustoso ragù di carne e la zuppa di cipolle (di Treschietto) e patate. Grande scelta di carni, a cominciare dal cinghiale alla cacciatora, le costolette di agnello allo scottadito, il maialino al forno. Buona la selezione dei formaggi, alcuni dei quali di casari locali, mentre tra i dessert la mia scelta, già dagli anni Ottanta, cade sempre sulla zuppa inglese. Per i vini ci pensa Riccardo sempre alla ricerca di nuovi produttori. Il caffè rigorosamente di moka.