La sobrietà non vieta la pastiera
E neppure le altre specialità
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Nel napoletano regna sovrana la pastiera (il mio dolce preferito in assoluto), che come vuole la tradizione dei giacimenti e dei dolci, ha una sua leggenda che la lega al culto di Cerere, le cui sacerdotesse portavano in processione l'uovo, simbolo di rinascita. In origine forse pane di grano e farro farcito di ricotta poi la ricetta è stata perfezionata nel monastero di San Gregorio Armeno tra il XVIII e il XIX secolo. E' una torta di pasta frolla farcita con un impasto di ricotta fatto di zucchero, tuorli d'uova, cannella, scorza di limone, scorzette di cedro e acqua di fiori d'arancio che gli conferiscono quel profumo inimitabile. Quindi grano, prima cotto in acqua poi immerso nel latte bollente e gli albumi montati a neve. Obbligatorio, una volta versato il composto, ricoprire con fettucce di pasta disposte a losanga. Un'eccellente pastiera a Napoli si può assaggiare da Scaturchio (Piazza San Domenico Maggiore, 19), da Giuseppe Bellavia (via Luca GIordano, 138) e in una storica gastronomia nel quartiere Fuorigrotta (Piazza M. Colonna, 2) dove si può gustare anche un altro tipico rustico del periodo pasquale: il casatiello (è un pane, simile a un grosso ciambellone, in cui si conficcano le uova).