Come si fa il Parmigiano Reggiano
Parmigiano Reggiano, la produzione del formaggio: dalla cagliata alla marchiatura
- Gli ingredienti usati per la produzione di parmigiano reggiano
- Come si produce il parmigiano reggiano?
Abbiamo già visto che per potersi definire tale, il Parmigiano Reggiano deve essere prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova. Da qui provengono le bovine alimentate con foraggi locali - senza insilati, alimenti fermentati e farine di origine animale - il cui latte viene trasformato nel formaggio simbolo del made in Italy.
Gli ingredienti usati per la produzione di Parmigiano Reggiano
Latte, caglio e sale: sono questi i tre ingredienti indispensabili nella produzione del Parmigiano Reggiano.
Il latte, usato a crudo, conserva i fermenti lattici naturali perché non viene trattato termicamente e ha una flora microbica derivata dai foraggi dei luoghi in cui vengono allevate le bovine.
"A renderle unico il nostro Parmigiano di montagna, la cui matricola è 3084, sono i fermenti resistenti che sopravvivono nella Val Baganza e che gli conferiscono l’odore e il sapore caratteristici. I nostri Parmigiani sono diversi l'uno dall'altro perché nascono dall’arte dei maestri casari che, con i loro gesti, trasformano il latte delle bovine allevate sui monti dell’Alta Val Baganza in formaggi speciali e non standardizzati", afferma Damiano Delfante nel Caseificio di Ravarano e Casaselvatica.
Il caglio usato è esclusivamente di vitello, ottenuto dallo stomaco dei vitelli lattanti (sono proibiti i cagli di origine batterica), il sale è il comune sale da cucina.
Come si produce il Parmigiano Reggiano?
Per ogni forma di Parmigiano Reggiano occorrono circa 550 litri di latte. Il latte del mattino e della sera precedente vengono versati nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata.
Con l’aggiunta del caglio e del siero innesto (ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente) il latte coagula lentamente finché si forma la cagliata che, attraverso un attrezzo chiamato spino, viene rotta in minuscoli granuli e messa sul fuoco per la cottura.
Quando raggiunge i 55 gradi centigradi, i granuli finiscono sul fondo della caldaia: creano una massa caseosa che viene estratta dal casaro e dà vita a due forme gemelle.
Ogni forma viene tagliata in due parti, avvolta in una tela di lino e messa in una fascera dove si modellerà definitivamente. Le viene assegnata una placca di caseina con un codice alfanumerico unico e progressivo che costituisce la carta di identità di ogni formaggio e consente di identificarne l’origine.
Alla nascita viene assegnato anche il marchio d’origine (i famosi puntini) e, se la forma supera l’esame dei 12 mesi, viene marchiata a fuoco con il marchio di selezione (marchio ovale). La certificazione di conformità sull’osservanza del Disciplinare viene svolto dall’Organismo di Controllo Qualità P-R, per conto dell’Unione Europea e del Ministero.
Quindi le forme vengono immerse in una soluzione di acqua e sale. Con la salatura finisce la produzione del formaggio e inizia la stagionatura, che vi racconteremo la prossima volta.