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Pagadebit di Romagna, il vino simbolo della ripresa

Il Pagadebit è un vino romagnolo simbolo della ripresa qualitativa della regione. Ha un nome particolare che si traduce con paga i debiti, ma la sua origine deriva dalla natura stessa del vitigno.



PAGADEBIT, L'ORIGINE DEL NOME

Il suo nome è talmente bizzarro da far credere a uno scherzo: “Pagadebit”, così è battezzato un vino bianco di Romagna (delle province Forlì-Cesena), bandiera, assieme al Trebbiano e alla Ribolla, della ripresa qualitativa della viticoltura “bianca” della Regione.

A dir il vero, i vini (soprattutto i bianchi) negli anni Sessanta/Settanta non avevano una grande fama a livello nazionale. Addirittura il Pagadebit era prossimo alla scomparsa, rimasto in unico filare con pochi quintali di uve dalle parti di Trentola, nelle vicinanze di Bertinoro.
Negli ultimi anni, grazie a questo trio (Trebbiano, Ribolla, Pagadebit), e ad alcuni produttori illuminati, la considerazione dei consumatori è cresciuta.

Pagadebit_Enio Ottaviani_Cibovagare

“Pagadebit” tradotto in italiano significa paga i debiti, ma non solo. In terra di Romagna viene anche chiamato “straccia cambiali”. Un significato molto chiaro al punto che le bottiglie vengono inviate come messaggio quando si vuole ricordare a qualcuno un conto in sospeso da incassare.

IL VITIGNO

L’origine però è ben altra, racchiusa nella natura stessa del vitigno, il Bombino bianco, da cui si ricava molta uva. Ha acini robusti e resistenti alle intemperie in modo che, anche nelle annate peggiori, i contadini possano trarre profitti per pagare appunto i debiti.

Vitigno Pagadebit_Cibovagare

Il Pagadebit non è un vitigno, come molti pensano, a cominciare dalla stessa Treccani, ma l’uvaggio è costituito da uve di Bombino bianco (per l’85%), mentre il 15% sono altre uve bianche di Romagna. Il Bombino bianco è un vitigno originario delle pianure pugliesi, giunto in Romagna quando i Bizantini governavano Ravenna e vennero chiamati gli scalpellini da Trani per lavorare il marmo.

PAGADEBIT E REBOLA

Un altro bianco di Romagna, la Rebola, porta un nome che non è quello del vitigno, in realtà si tratta di Pignoletto diffuso da secoli nel bolognese e pare che nelle tavole del riminese dal 1378 (secondo documenti trovati a Savignano sul Rubicone), come “Riubola o Greco”.

Rebola_Cibovagare

Recentemente ho assaggiato Strati, Pagadebit Dop e Rebola Colli di Rimini (bottiglia unica che unisce 17 produttori) Doc (oltre al Sangiovese Caciara) della cantina familiare Enio Ottaviani di San Clemente di Rimini, nel bel mezzo della Valconca.

Strati_Ennio Ottaviani_Cibovagare

Il primo non è più un bianco per pagare i debiti, bensì un vino swing, moderno che sembra fatto su misura per il territorio, ovvero per locali “les pieds dans l’eau” e per le serate al fresco in un dehors. Perfetto servito con le canocchie “crude”, le sogliole dell’Adriatico alla mugnaia, piadina e salumi.

La Rebola un vino fresco, sapido e persistente, assai adatto agli sgombri alla griglia, grigliate (strepitose in casa Ottaviani) e al brodetto di pesce.

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