Il Cobia non è un serpente
È un pesce sostenibile, etico e salutare: c'è chi lo considera il superfood del futuro
- L'allevamento integrato "dall'embrione alla tavola"
- La catena del freddo e il consumo a crudo senza abbattitore
- La certificazione friend of the sea
Gastronomi e food lovers attivate i vostri sensi: un nuovo ingrediente ha fatto il suo ingresso in cucina. Si chiama pesce Cobia: è bianco, magro, saporito, etico, ma soprattutto sostenibile. Nonostante l’assonanza con il Kobe, non è giapponese, ma viene allevato a 40 metri di profondità sulla costa atlantica, a largo di Panama, in gabbie grandi quanto lo stadio San Siro.
L'allevamento integrato "dall'embrione alla tavola"
L’azienda Open Blue Cobia è pioniera di questa forma di allevamento “secondo natura” che comporta sfide, ma anche diversi benefici per il pesce, per l’ambiente e per il consumatore. La modalità di allevamento integrato “dall’embrione alla tavola”, l’ambiente incontaminato in cui vive, il continuo monitoraggio delle acque, un’alimentazione a base di olio e farina di pesce, proteine vegetali, vitamine e minerali (senza ormoni, coloranti, pesticidi, antibiotici) fanno sì che nel Cobia la presenza di parassiti sia azzerata.
Il pesce Cobia è Anisakis free e si può consumare crudo senza l’obbligo di abbattimento. La ricchezza di proprietà nutrizionali (le sue carni contengono almeno il triplo di omega 3 rispetto a un salmone di allevamento) lo identifica come un superfood a tutti gli effetti. La sua versatilità lo rende un jolly della cucina: può essere gustato a crudo in tutta la sua croccantezza e freschezza, ma anche cotto alla griglia, al forno, in padella, brasato, fritto, al vapore o bollito.
La catena del freddo e il consumo a crudo senza abbattitore
Il Cobia viene congelato appena pescato, senza fare stoccaggio e ha una shelf-life di circa 20 giorni. “Grazie al nostro sistema integrato dall’embrione alla tavola siamo in grado di garantire ai nostri clienti e distributori un prodotto di alta qualità lavorato e porzionato alla fonte. La catena del super freddo (fino a -35°) che abbiamo implementato – spiega il vice presidente di Open Blue Cobia, Bernie Leger – garantisce una qualità del pesce come appena pescato”.
Per il momento la distribuzione in Italia riguardo soprattutto il fresco ed è destinata alla ristorazione tramite il canale Horeca, ma per essere in linea con una maggiore sostenibilità nel futuro Open Blue punta a un’inversione di paradigma con l’80% di prodotto surgelato e il 20% fresco. Il commercio porzionato refrigerato e l’etichetta che consente il consumo a crudo senza passaggio in abbattitore nel Belpaese è previsto per ottobre. Il prossimo step saranno le pescherie in modo che sia reperibile anche al consumatore finale. Il costo sarà di 15 euro al chilogrammo: il metodo di allevamento garantisce una qualità e una reperibilità costante che annullano le oscillazioni di mercato.
La certificazione Friend of the Sea
Il Cobia è certificato Friend of the Sea, un’organizzazione italiana operativa a livello internazionale che verifica, attraverso frequenti controlli in loco, la sostenibilità e la tracciabilità della pesca per tutelare l’habitat marino e il consumatore finale. FOS è nata nel 2008 e oggi conta 700 aziende di pesca, acquacoltura, trasformazione e distribuzione in 65 Paesi nel mondo. Di fronte a un mercato in continua crescita (secondo la Fao il consumo mondiale di pesce per il 2025 arriverà a 31 milioni di tonnellate), FOS mira a un sistema pesca capace di sostenere la domanda attraverso un’ottimizzazione della produzione a minor impatto ambientale che lasci riposare il mare.
“I prodotti delle aziende certificate provengono da stock non sovra sfruttati, pescati con metodi selettivi che non catturano specie in pericolo, non hanno impatto sul fondale marino e da attività svolte nel rispetto delle condizioni di lavoro degli equipaggi”, sottolinea Paolo Bray, fondatore e direttore di Friend of the Sea. In questo contesto, Open Blue Cobia rappresenta una case history per la piscicoltura naturale, sia per il metodo di allevamento in Oceano aperto, sia per l’impatto positivo sulla comunità panamense.