Il ciauscolo e le sue storie
Un prodotto simbolo di una macroregione di confine e un libro che lo racconta
Più che un insaccato si potrebbe definire una crema o una nutella di salame: è rosa, morbido e si spalma direttamente sul pane. Patrimonio gastronomico universale, il ciauscolo è strettamente collegato all’identità culinaria di una macroregione dai confini non troppo delineati, a metà strada tra Marche e Umbria, nel comprensorio dei Monti Sibillini.
Il nome rimanda al latino cibusculum, un diminutivo non casuale che allude alla “merendetta” che ogni soldato romano si portava in saccoccia come companatico e, al tempo stesso, rimanda all’idea contadina di cibo prezioso, da consumare in piccole dosi. Nella ricetta originale pievetorinese (Pieve Torina è il luogo d’elezione del ciauscolo) viene realizzato con le parti più saporite del maiale: polpa di spalla o lonza, prosciutto, pancetta e lardo per mantenere morbida la consistenza. La carne, passata tre volte nella macina con stampi dai fori sempre più piccoli per rendere la grana sottile, viene poi impastata con sale, pepe, aglio pestato. Ogni ciauscolaro ha però i propri ingredienti segreti e c’è chi aggiunge anche vino bianco, buccia d’arancia e semi di finocchio. Insaccato in budella di maiale o di vaccina, è stagionato in locali ariosi e, prima di essere pronto per l’uso, subisce una leggera affumicatura (sfumatura).
Nel libro Non di solo pane. Le storie del ciauscolo, Renato Mattioni rende omaggio a questo “ibrido frutto da suino da sollazzo e sopravvivenza. Mezzo salame e mezzo salsiccia, mezzo magro e mezzo grasso, mazza fegato pure”. Attraverso aneddoti, storie, leggende e ricordi personali, l’autore racconta con ironia e brio un prodotto simbolo di un Paese differente, spappolato e sdrucito. Da merenda dei soldati romani a cibo amato dai cristiani, il ciauscolo presenzia sulle tavole di molti papi e ha come testimonial tanti preti di montagna che sacramentavano merende pasquali con questa nutella di salame.
Mattioni non trascura di porre attenzione alla realizzazione vera e propria del prodotto, attraverso una descrizione puntigliosa delle diverse fasi della "pista" (la lavorazione del maiale), concepita come momento cruciale della vita contadina. Un insieme di festa, folclore e ripetizione quasi sacra dei gesti. Questi spaccati di vita rurale, che nel libro emergono sotto forma di ricordi o di riferimenti storici, riescono perfettamente a combinarsi con il linguaggio dei new media. Il ciauscolo 2.0 esce dalle mura dello scannatoio per connettersi senza sosta, attraverso tweet, post, pin e foto, a una comunità globale sempre più curiosa che scopre che il ciauscolo è “libero, anarchico, zotico come gli uomini di panza”, ma detesta la solitudine. Ci vuole la compagnia per farlo e per magnarlo: “il ciauscolo non viaggia mai da solo. Con il pecorino denso prima di tutto” e con le cresce, come la buona tradizione umbro-marchigiana insegna.
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NON DI SOLO PANE. LE STORIE DEL CIAUSCOLO
Scritto da Renato Mattioni
2016, Ed. “il lavoro editoriale”
pp. 47-15 euro