Ma dove vai se il format non ce l'hai?
In città è boom di nuovi format
Format qui format là, attualmente è il ristorante più famoso, altro che tristellati o chef televisivi. Tutti lo vogliono: avvocati e pubblicitari in crisi di lavoro, cuochi e chef da affiancare alla prima attività in cui il numero dei commensali è in discesa rapida, maitre e sommelier per assurgere finalmente a patron, venture capital, fondi di investimento e finanzieri per investire nel cibo, il Santo Graal del momento. Tutti insomma lo vogliono, tutti lo cercano il format (o formàt uno slang sempre più presente), il nuovo Figaro. Ormai le vie delle città metropolitane hanno sostituito la sequenza di negozi di abbigliamento con pizza, piadina, panini, cannoli, pasta fresca, pasta al momento, panetterie con breakfast incorporato, macellerie con battuta al coltello, pescherie con carpacci, gelaterie e via andare.
Questa fotografia delle nuove città Bengodi, che vede Milano al primo posto, con l’arrivo di decine (anzi più) di pizzaioli da tutta Italia, nonché di format di ristoratori e osti stellari, ha fatto sì che l’Italia si avvicinasse alle grandi città europee, dove si mangia a tutte le ore del giorno e della notte. Anzi è in atto anche la rottura dei canoni fondamentali del made in Italy, il cosìdetto stile che vuole il pasto o la cena composta da antipasto, primo e secondo piatto, dessert (lasciamo i formaggi che non fanno parte della tradizione in tutta Italia) perché nei format si mangia un solo piatto e in breve tempo (altrimenti il cliente potrebbe riflettere sulla qualità dell’offerta).
La tendenza sul pronto e rapido ha riflessi anche nella realtà casalinga, dove ormai il motto di casa è preparare, abbattere, rigenerare e, voilà, il pranzo o la cena sono pronti davanti al televisore per seguire le ricette veloci della Parodi e della “Prova del cuoco”. Il cappuccino e la brioche rimangono l’unico must vintage, quello del bar, dove al mattino si può leggere “a gratis” la “Gazzetta dello Sport”. È davvero bizzarro che questa evoluzione del “fuori casa” (ovverosia il format e le sveltine dei pasti casalinghi) contrasti con i consumi alimentari che, in realtà, mostrano un trend salutistico e una ricerca della qualità. I dati che continuamente inondano le pagine dei giornali, le notizie in tv e le inchieste infatti mostrano sempre in salita i prodotti “Bio” (da cui non avrai altro bio più sano di me, nuovo comandamento del Mangiarbene). Altre parole magiche, quali “lievitazione naturale o lievito madre”, grani antichi, sono diventate le più utilizzate dai consumatori nelle panetterie, così come la pasta dovrà essere di cereali o con legumi, le salse anche di pomodoro giallo, le acciughe devono essere del mar Cantabrico, la colatura di Cetara, la carne di vecchia vacca spagnola, il prosciutto spagnolo. Troppi, tanti contrasti, ma siamo sicuri che i dati sui consumi siano davvero uno specchio di questa Italia?