Vini di Francia (e non solo) della Famille Helfrich
Da azienda familiare a colosso: il gruppo Les Grands Chais de France oggi è produttore e primo esportatore di vino francese nel mondo.
- La famille helfrich
- Il gruppo e il mercato italiano
- Un colosso dal volto familiare
- La degustazione
- Gli assaggi
LA FAMILLE HELFRICH
È possibile fare il giro del mondo del vino senza muoversi da Milano? La risposta è sì e a renderlo possibile è stata la degustazione organizzata dalla Famille Helfrich, leader del gruppo Les Grands Chais de France, che ha scelto di presentare i suoi vini nella città della madonnina.
La degustazione si è svolta lo scorso 6 marzo presso le Officine del Volo, al cospetto di circa 150 etichette provenienti da tutte le tenute del gruppo sparse per il globo, incluse le due nuove acquisizioni di Cile e Sudafrica, che sono state presentate per la prima volta al pubblico italiano.
IL GRUPPO E IL MERCATO ITALIANO
Perché Milano? Il gruppo, fondato e guidato da Joseph Helfrich, che vende nel mondo 1 bottiglia su 4 di vino francese, ha visto crescere sensibilmente negli ultimi due anni la propria presenza sul mercato italiano. Nel 2022 il giro d’affari in Italia ha infatti toccato 6 milioni e 800 mila euro, dell'oltre 1 miliardo di euro di fatturato l’anno per 700 milioni di bottiglie vendute nel mondo. Numeri che sono letteralmente raddoppiati rispetto al 2019 e al 2020, in cui si sfioravano i 3,5 milioni di euro.
Anche i volumi sono cresciuti: dalle poco più di 832mila bottiglie del 2019 e del 2020, si è superato il milione nel 2021, per assestarsi sul milione e 300 bottiglie nel 2022. Il merito? Il posizionamento capillare delle etichette in ristoranti, hotel ed enoteche italiane, ma anche nelle principali piattaforme di vendita online e nella GDO di alto posizionamento.
UN COLOSSO DAL VOLTO FAMILIARE
Il gruppo Les Grands Chais de France è stato fondato nel 1979 da Joseph Helfrich, esponente di una famiglia dell’Alsazia produttrice di acqueviti e vini tipici, partendo da un capitale di investimento di appena 5.000 franchi.
Negli anni ’80 Helfrich si rese conto che il mercato del vino era più vantaggioso di quello dei distillati e iniziò a imbottigliare e vendere vino alsaziano, soprattutto in Scandinavia. Di lì l’ascesa è stata rapida, andando a coinvolgere cantine di altre grandi regioni vitivinicole come Languedoc, Bordeaux, Jura, Loire, Bourgogne e Vallée du Rhin.
Oggi il gruppo è produttore e primo esportatore di vino francese al mondo, con oltre 170 paesi raggiunti e un fatturato che supera il miliardo di euro per 700 milioni di bottiglie. Nonostante ciò, l’azienda mantiene un profilo familiare, continuando a coinvolgere i membri della famiglia e mantenendo un approccio discreto rispetto alle acquisizioni: elemento caratterizzante del gruppo è, infatti, lasciare a ciascuna realtà produttiva la propria identità e il proprio metodo di vinificazione, con l’obiettivo di preservare la tipicità e la tradizionalità dei diversi terroir.
Il gruppo incentiva anche la coltivazione biologica (oggi al 23% degli appezzamenti) e la sostenibilità nei diversi aspetti della produzione, e dal 2021 tutte le sue aziende francesi sono certificate HVE 3, attestazione rilasciata dal Ministero dell’Agricoltura francese per l’impegno ecologico.
LA DEGUSTAZIONE
Avvicinarsi ai banchi d'assaggio allestiti per l’evento è stato un po’ come entrare nel paese dei balocchi dei degustatori di vino: dalla Borgogna a Bordeaux, dalla Valle della Loira a quella del Rodano, e poi Languedoc-Roussillon, Provenza, Jura e Alsazia, è stato possibile “visitare” tutte le più importanti aree vinicole della Francia.
Ma il viaggio è proseguito ancora in Germania, con i Riesling delle aziende Hans Baer e Fritz Walter; in Spagna, con il rosso di Castillo de Aresan, a La Mancha; in Ungheria, a Gyöngyös con l’azienda Danubiana e il suo Grüner Veltliner; in Nuova Zelanda con il Sauvignon di Hans Greyl; in Cile con il Sauvignon e il Carmenere della tenuta Las Niñas, recente acquisto del gruppo nella pregiata denominazione Apalta, e infine, con il Pinotage e il Syrah del Sudafrica, dove gli Helfrich si sono aggiudicati la ultracentenaria tenuta Neethlingshof, 100 ettari appena fuori la città di Stellenbosch, nel cuore di Cape Winelands.
GLI ASSAGGI
Visto il clima disteso e familiare in cui si è svolta la degustazione, siamo riusciti ad assaggiare praticamente tutti i vini fermi proposti, accompagnati dalla mai scontata cortesia dei referenti di zona dell’azienda che presidiavano le postazioni. Vi raccontiamo alcune delle etichette più interessanti della giornata, ovvero quelle che ci hanno fatto viaggiare di più con le papille e la fantasia.
Pole position per uno dei tasting più ammalianti, esempio, per altro, di un rapporto qualità-prezzo davvero encomiabile: il Côte du Jura Chardonnay Jura Vielles Vignes 2016 dell’azienda Marcel Cabelier, le cui uve di Chardonnay provengono dalla zona di Crançot, nello Jura, piccolo areale vitivinicolo a est della Francia, nella regione del Franche-Comté. Maturato per 24 mesi sulle fecce fini, il vino si offre di colore dorato chiaro, dal naso elegante e intrigante nelle sensazioni di albicocca, mela, crosta di pane e burro, con delicate nuance ossidative. Al gusto rivela ottima pienezza e un’acidità nettante che ne fanno un perfetto vino gastronomico.
Della stessa azienda abbiamo assaggiato anche lo spumante Extra Brut 60 mesi sui lieviti Crémant du Jura, AOC nata nel 1995 di cui Marcel Cabelier è stato proprio uno degli ideatori, caratterizzato da una beva dinamica e cremosa nella carbonica, ma dall’acidità spiccata. Entrambi i vini richiedono l’abbinamento con piatti di buona grassezza, magari che coinvolgano il tipico formaggio Comté du Jura (e qui ci viene subito in mente l’italianissima “cacio e pepe alla francese” dei ragazzi del ristorante Il Giglio di Lucca, con lo spaghetto Mancini al Comté e Vin Jaune, altra produzione tipica jurese).
In Alsazia – terra natia degli Helfrich e zona vitivinicola della Francia al confine con la Germania, vicina al corso del fiume Reno, nota per la produzione di vini bianchi e in particolare da uve aromatiche – ci ha convinto l’assaggio del Riesling Grand Cru Kirchberg De Barr 2017 del Domaine Andre Lorentz, un vino senz’altro per amatori del genere, caratterizzato al naso da eleganti sentori di zafferano, frutta gialla e iniziali idrocarburi su una bocca molto morbida e di lunga persistenza, da contestualizzare in abbinamento a piatti in cui sia presente una spiccata nota dolce.
Avvicinandosi la bella stagione, un vino che ci ha fatto immaginare spiagge assolate e relax sul lettino è stato senza dubbio il Côte de Provence Rosé 2022 dell’azienda Domaine de la Rouvière, sita nel cuore della regione della Provenza, la soleggiata Puget-ville. Blend di Cinsault, Grenache e Syrah, questo rosato dall’abito accattivante, si offre giocoso al naso, con note di pesca bianca e menta, mentre un simpatico pétillant solletica il palato: col suo grado alcolico anche contenuto è il vino da bere ghiacciato sotto l’ombrellone. Il più serio fratello maggiore Parcelle La Camargue 2022, da uve Vermentino, Syrah e Mourvèdre, con i suoi profumi più ampi che includono anche il corbezzolo e le erbe aromatiche, è invece compagno ideale di pranzi in riva al mare, tra sauté di vongole, fritture e calamari gratinati e grigliati.
Ci spostiamo finalmente a Bordeaux, nella fortunata terra di Margaux, entriamo direttamente in una delle cantine più antiche e rinomate, lo Château du Tertre, tenuta storica i cui 52 ettari di vigneto sono immutati dal 1855, quando venne definita per Margaux la classificazione Grand Cru Classé. Senza andare a scomodare il Cinquième di quest’ultima tipologia, foriera per il 2016 assaggiato di una beva di un’eleganza e di un bilanciamento rari, è espressione di terroir e grande piacevolezza anche il secondo vino Les Hauts du Tertre 2018 (blend di Cabernet sauvignon, Merlot, Cabernet franc e Petit verdot) che si distingue per l’aromaticità di frutta rossa croccante e l’ottima agilità di beva.
Last but not least veniamo a lei, la Borgogna. Ammettiamo che non è stato facile fare una scelta tra le oltre 20 referenze assaggiate di bianchi e rossi della regione. Iniziamo dai bianchi e dall’azienda di riferimento per il gruppo, Chartron et Trébuchet, con sede nella Côte de Beaune della Borgogna, quartier generale dello Chardonnay. Abbiamo trovato una beva estremamente accattivante nel Pouilly-Fuissé 2020, dove sensazioni di frutta gialla si accompagnavano a fresche note erbacee e soprattutto a un sentore affumicato davvero coinvolgente. Salendo un po’ più in quota prezzo, due le bevute indimenticabili: il Meursault 1er Cru Goutte Or 2020, elegante, salino e appena fumé, e il Chassagne-Montrachet 1er Cru Les Ebazées, ricco, burroso, affumicato, con note floreali e fruttate in perfetta armonia e un corpo dall’equilibrio magistrale.
Chiudiamo il giro con l’altro protagonista dell’areale borgognone, il Pinot nero. È stato un assaggio irresistibile il Volnay 2019, espressione tradizionale del territorio collinare di provenienza e del vitigno, dove ad avere la meglio sono le tipiche note fruttate e speziate e il frutto croccante e rotondo al palato, che lo rendono disarmante nella sua facilità di beva.
Chiudiamo sognando la Côte d’Or con il Bonnes-Mares Grand Cru, un vino raro sotto diversi aspetti. Innanzitutto perché è un Grand cru di confine visto che si trova a cavallo tra le zone di Chambolle-Musigny e il piccolo villaggio di Morey-Saint-Denis, nella Côte de Nuits; un’area dove si incontrano anche due diverse tipologie di suoli: calcareo-argillosi con marne a Morey-Saint-Denis, spiccatamente calcarei a Chambolle. L’etimologia di Bonnes-Mares (buone madri) si fa risalire alle suore Bonnes Meres della vicina abbazia di Notre Dame de Tart, primo monastero femminile dei Cistercensi, ordine che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo della viticoltura in Borgogna. Il millesimo 2016 vanta una beva di grande dinamicità ed equilibrio, con un tannino domato e un corpo quasi masticabile, ma che non inficia la flessuosità e il dinamismo del sorso. Del resto, qui, siamo nella terra dei fuoriclasse.