Abbinamento cibo vino: la Tenuta di Biserno incontra Verso
Un interessante abbinamento di calici e portate con protagonisti i vini della Tenuta Biserno di Bibbona e i piatti della nuova apertura milanese, il ristorante Verso.
Il sole di Bibbona ha incontrato quello di Foggia, in una degustazione abbinata che ha visto protagonisti i vini dell’azienda Tenuta di Biserno, nell’Alta Maremma, e i piatti dei fratelli Capitaneo, foggiani di origine e insieme per il loro nuovo progetto di fine dining a Milano, il ristorante Verso.
Un percorso all’insegna della solarità che accomuna entrambi i litorali di provenienza, tirrenico e adriatico, dove sono stati il calore, talvolta persino declinato in toni affumicati, e la morbidezza data dalla maturazione perfetta che contraddistingue le uve rosse maremmane, tanto quanto i prodotti del Meridione, a fare da trait di union, in un susseguirsi di portate e calici che ha saputo emozionare e stupire, senza ricorrere ad effetti speciali, ma solo alla genuinità e al rispetto della materia prima di partenza.
LA CANTINA
Prima di lanciarci nel racconto della degustazione, una breve introduzione sulle due realtà protagoniste. Tenuta di Biserno nasce nel 2001 come progetto comune dei tre rami della famiglia Antinori, ovvero i tre fratelli Lodovico (il genio di Ornellaia e Masseto), Piero (Marchesi Antinori) e Ilaria, assieme al socio Umberto Mannoni e Niccolò Marzichi Lenzi, figlio di Ilaria e oggi Amministratore delegato.
L’azienda, ubicata nel comune di Bibbona, nell’Alta Maremma, confina a nord con la DOC Bolgheri e abbraccia lo spazio di tre tenute, la Tenuta di Biserno, la Tenuta Campo di Sasso e la Tenuta di Collemezzano, per un totale di 111 ettari. La prima si estende nella zona settentrionale, a pochi passi dal mare, su terreni principalmente alluvionali, argillo-calcarei e ciottolosi a 90 metri di altitudine, dove si coltivano le uve che danno vita ai due rossi di punta dell’azienda, Biserno e Pino di Biserno.
A un’altitudine inferiore (40-60 m s.l.m.) si colloca invece la Tenuta Campo di Sasso, dove i terreni sabbiosi e il clima più caldo offrono le condizioni ideali per la coltivazione di Syrah e Vermentino, che compongono il rosso Insoglio del Cinghiale e il bianco Occhione. L’ultima realtà, la Tenuta di Collemezzano, entrata da poco a fare parte dell’azienda e non ancora in produzione, vede infine vigne di varietà bordolesi piantate a metà degli anni Novanta, posizionate in prossimità del mare su terreni misti di ciottoli, sabbie, limo e argilla.
IL RISTORANTE VERSO
A ospitare la degustazione è stato il ristorante Verso dei fratelli Capitaneo, nuova e promettente realtà davanti al Duomo di Milano, dove è stata inaugurata lo scorso dicembre. Alla guida, i due fratelli foggiani Mario e Remo Capitaneo, per dieci anni nelle cucine di Enrico Bartolini al Devero e al Mudec.
Tecnici e sperimentatori, i due sono in grado di proporre una cucina matura che si avvale di materie prime di qualità, per buona parte provenienti dal loro territorio di origine, interpretate e combinate in modo originale ma mai inintelligibile. L’elemento più caratterizzante del locale è invece la totale continuità tra sala e cucina, in assenza di barriere divisive tra le due zone, che permette al commensale di vivere un’esperienza immersiva e veramente a contatto con la brigata di cucina.
26 i coperti totali, distribuiti tra bancone, un grande tavolo divisibile e una saletta privata da 8 posti, affidati a uno staff di sala giovane e davvero accogliente, capitanato dall’affabile Marco Matta, già maître e sommelier presso Perbellini e Bartolini.
LA DEGUSTAZIONE A TAVOLA
Ad aprire la degustazione è stato l’Occhione, Vermentino in purezza proveniente dalla tenuta di Campo di Sasso, al suo debutto in commercio e il cui nome si rifà a un raro uccello acquatico della zona. Un bianco molto tipico nel profilo olfattivo, che parla di pera estiva, foglia di fico, carambola e note piccanti di pepe bianco. L’assaggio, di buon volume e caldo, rivela morbidezza e ottima acidità, con ritorni coerenti al retrolfatto di frutta tropicale e peperoncino verde dolce. Il vino ha incontrato nel suo match diretto le Capesante dorate, carote di Polignano foie gras e zafferano, un piatto incentrato sulle sensazioni dolci e la grassezza degli elementi principali, cui il vino ha risposto in modo armonico, replicando con la sua calda struttura e, a livello aromatico, con le sue sfumature speziate.
secondo calice dedicato al “primo figlio” della cantina, l’Insoglio del cinghiale, dal nome del luogo dove il tipico ungulato maremmano ama grufolare. Un vino che dialoga appieno con lo stile locale, che parla di vini rossi caldi e intensi, ma sempre di grande bevibilità e abbinabilità. Blend di Syrah, Merlot, Cabernet franc e Sauvignon (oltre a minore percentuale di vitigni rossi locali), racconta all’olfatto la macchia mediterranea, la frutta rossa matura e la spezia tipica del Syrah. In bocca rivela una trama tannica carezzevole, che si innesta su un corpo rotondo ma di ottima freschezza, interpretata da essenze vegetali e balsamiche. Il suo piatto abbinato era il risotto con arachidi, pepe verde e polvere di lamponi, bel connubio di acidità, speziature e grassezze, tra cui il vino si accomodava armoniosamente con la sua versatile verve polposa e fruttata.
Terza uscita, un calice più complesso ma sempre “amichevole” al palato che già nel nome intende richiamare il territorio di provenienza: Il Pino di Biserno, dall’albero simbolo delle pinete costiere di Bibbona. Blend di Merlot, Cabernet sauvignon, cabernet franc e Petit verdot maturati per un anno in barrique vecchie e nuove, dipinge un quadro olfattivo incentrato sulle sensazioni vegetali di macchia mediterranea, rovo e pepe verde, quindi toni fruttati dolci di mora e lampone. Il sorso offre una morbidezza quasi masticabile e un tannino ancora giovane e appena asciugante, ma ben bilanciato dalla succosità sapida. Una complessità gusto-olfattiva che abbiamo ritrovato in un piatto davvero dinamico e godibile per il mix di consistenze e sfumature aromatiche, i Ravioli di pollo ai carboni, anguilla affumicata e rosmarino, con il quale hanno saputo ricreare un’atmosfera balsamica e affumicata di macchia mediterranea anche arsa (come, ahinoi, spesso accade in estate).
Gran finale con il vino più rappresentativo della nobiltà Toscana, abbinato al piatto più iconico del Meridione rurale. Il Biserno è un classico taglio bordolese (Cabernet franc, C. sauvignon e Merlot, con piccola aggiunta di Petit verdot), emblema del territorio, ma anche dell’interpretazione che ha voluto darne la famiglia, che in questo caso ha optato per un’elevazione in barrique perlopiù nuove per 15 mesi. L’approccio olfattivo è subito profondo e ampio, arricchito da toni speziati, balsamici e tostati di cacao, che anticipano un corpo senz’altro più robusto e potente dei precedenti, ma sempre ingentilito da tannini dolci e da una morbidezza fruttata complessiva che rinfresca e alleggerisce la beva. Al suo fianco, una portata straordinaria per l’interpretazione e il rispetto riservati a una materia prima d’eccezione, l’agnello delle Dolomiti Lucane, cotto magistralmente e “semplicemente” accompagnato a una salsa di peperoni di Senise e asparagi ai carboni. Bonus del piatto, lo spiedo di interiora, una sorta di turcineddi della tradizione in chiave fine dining, che sintetizza, in un certo senso, il mood serio ma non serioso dell’ottimo progetto messo in piedi dai due fratelli Capitaneo.
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Tenuta di Biserno
Palazzo Gardini - Piazza Gramsci, 9
57020 Bibbona LI
Verso
piazza Duomo, 21
20122 Milano