Salviamo la Prunola!
Storia del distillato veneto e di altri marchi che hanno fatto onore al Buon Paese
Il Buon Paese ha lasciato un patrimonio gastronomico ingente, vuoi per la scarsa attitudine al marketing dei bravissimi artigiani del gusto, tutti rapiti dalla ricerca spasmodica dalla qualità del prodotto, così come quando il cane fissa solo l'osso. Pochi giorni fa un pasticciere mi confidava una certa difficoltà di reperire frutta candita. Ebbene, nella "Garzantina" sono riprodotte immagini di fine Ottocento dell’azienda F.lli Dondero di Firenze, di cui non ho trovato più traccia, così come la "Tortionata" della pasticceria Tacchinardi di Lodi, i tortellini in scatola "Tampieri" e "Dall’Osso" di Bologna, la ditta Simioni Leone di Treviso (pubblicizzata nei primi anni ’900 con uno splendido manifesto di S. Delneri).
Perché “rottamare" una tale eredità, unica nel mondo? Salviamo ancora il salvabile. Una grida che ho ascoltato sere fa, a Castelfranco Veneto: "salviamo la Prunola", prodotto ottenuto dalla distillazione di prugne selvatiche (amoi), diventato nel tempo identità del territorio, con una lunga storia, che parte dal prodotto casalingo per arrivare poi, attraverso varie vicende storiche, a una piccola impresa di distillazione, chiusa negli anni’70.
Il distillato, facente parte ormai della comunità di Castelfranco, ha ripreso vita anni fa per mano di un’ultima proprietaria, rimasta sola a condurre la filiera produttiva che, a quando si dice nel borgo veneto, nonostante abbia diversi pretendenti per la sua Prugnola, non intende cedere questo simbolo territoriale. Insomma molti temono della scomparsa di questo distillato, fatto conoscere soprattutto da un sindaco della città, Ubaldo Serena, che dette vita appunto alla Distilleria Serena. Una storia come molte altre che si possono raccogliere in giro per il Buon Paese, forse ci vorrebbe più interesse (anche economico) a ciò che ancora possediamo per non perdere ulteriormente l’identità.