Roscioli Roma: l'arte di fare i fornai
Roscioli Roma: due chiacchiere con Pierluigi, sui duecento anni del forno più famoso della capitale e su una famiglia al servizio della panificazione, ma non solo.
- La differenza tra fare il fornaio e usare il forno
- La colomba pasquale di roscioli
- Non solo forno
- Contatti
Era il 1824, a Roma, quando l’odore del pane, che da Via dei Chiavari invadeva ogni vicolo di Campo de’ Fiori, usciva dal forno della famiglia Roscioli. Nel raccontare tutta la storia che c’è nel mezzo, fino a oggi, la parola più importante è proprio famiglia.
Da Marco Roscioli e il suo impianto di due secoli addietro e l’ultima generazione, composta da Anna, Pierluigi, Alessandro e Maria Elena, ne è passata di farina per Via dei Chiavari. Un tempo mai tradito nel tramandarsi di un mestiere che non ha smesso di evolvere e che si è trasformato in un un’epicentrica scossa di gusto legata alla panificazione e alla gastronomia romana.
“Cinquant’anni fa’ i fornai erano gente strana, ma chi volevi che lavorasse di notte? Le notti romane erano abitate da giocatori di cavalli, briganti e fornai, poi c’era chi si godeva la bella vita, ma non lo vedevi in giro, c’erano i locali dove aspettavano l’alba”, così esordisce proprio Pierluigi Roscioli in una notte ancora fredda di fine marzo e in questo articolo i virgolettati saranno tutti i suoi.
Siamo nel laboratorio di via Augusto Armellini alla Magliana, una fucina grande e snodata in diversi ambienti di produzione tra pane e dolci, dove il colore predominante è ovviamente un bianco alternato da sfumature di acciaio che scorrono coi carrelli e che, tra tutte le sfumature di cotto, evidenziano quella linea grossolana di ferro e ghisa che disegna le bocche dei forni.
LA DIFFERENZA TRA FARE IL FORNAIO E USARE IL FORNO
Tra una chiacchiera e l’altra, il vero mattatore degli impasti da queste parti è Giulio Basile, un cadetto fedele al giuramento fatto al lievito madre, che lui chiama mamma. Pierluigi e Giulio hanno una sintonia fatta di schietta intimità operativa. Seguire i movimenti di Giulio nella lavorazione di un impasto, siamo in pieno periodo di colombe pasquali, ha il fascino indiscusso di veder nascere (e crescere) qualcosa di magico. Ascoltare il racconto di un mestiere, da chi a Roma ne ha scritto la storia, invece, ha nella voce e nel modo di fare di Pierluigi tutta l’autenticità che si può cercare nella semplicità di un’arte.
“Sono cresciuto in una famiglia di fornai, guardando una famiglia di fornai e scegliendo di fare il fornaio. Un mestiere difficile, ma che non riuscirei mai a mettere via perché fare il pane e usare il forno sono due cose che ti entrano nel sangue. Forse per questo si eredita questo lavoro. Ho visto cambiare Roma di notte e di giorno, con la fortuna del lavoro che mio nonno e mio padre hanno impostato con lungimiranza. Tutte le mattine da sempre serviamo i grandi alberghi e ancora oggi sono tra i nostri clienti più importanti. Siamo ancora una famiglia e non diamo loro solo pane fresco e prodotti da forno, ma un rapporto di fiducia e un servizio unico che a ogni alba dedichiamo a loro come a tutti”.
Roma sicuramente è cambiata, gli anni passano per chiunque, ma quello che è cambiato con lei è il lavoro del fornaio e la concezione del pane come alimento. “Il boom economico, la crescita del livello medio di benessere così come il cambio generazionale e in alcuni casi epocale degli abitanti del centro di Roma, hanno trasformato il nostro lavoro. Nei decenni siamo passati dall’essere artigiani di un prodotto umile ad artigiani di un alimento sempre più ricco e prezioso, anche nelle sue evoluzioni. Quello che non è mai cambiato certamente è la capacità e la caparbietà di lottare con i lieviti, con le temperature e con l’umidità. Usare il forno rimane la sfida costante e più importante di questa professionalità, d'altronde ci chiamiamo fornai apposta, perché dobbiamo saper usare il forno prima ancora di saper fare il pane”.
Se il forno rimane una sfida, essere un fornaio è diventata un’impresa e non solo nel senso imprenditoriale del termine, perché trovare nuove generazioni capaci di prenderla di petto, quella sfida, è davvero difficile. “Stiamo cercando di impostare il lavoro affinché tutti gli impasti siano lavorati di giorno, fino a sera, in modo che il maggior numero di prodotti possa essere infornato la mattina presto. Se lavori tanto, e bene però, sai che il pane deve cuocere la notte e sono sempre di meno le persone che abbiano voglia di lavorare di notte. Credo sia normale, per carità, forse anch’io lo risparmierei ai miei figli, però questo è un problema. Io qui ho persone che sono cresciute con me e che insieme a me hanno fatto la storia del nostro pane, ma trovare oggi personale così è quasi impossibile. Sono tutti affascinati dalle lievitazioni, poi però il lavoro pratico vince sempre più spesso sull’entusiasmo”.
LA COLOMBA PASQUALE DI ROSCIOLI
Siamo a fine marzo ed è tempo di Colomba, il grande lievitato pasquale nato sulla coda dei panettoni natalizi. In questo periodo quindi, oltre ai tre o quattro quintali di farina che vengono lavorati ogni giorno, tra i laboratori si sente il profumo dell’arancia candita e del burro che legano l’elasticità degli impasti destinati a produrne la prima sfornata della stagione.
“La colomba e i grandi lievitati sono la sfida più bella ogni anno, tarare gli impasti con gli ingredienti e seguirne la lievitazione fino alla cottura è un processo lungo tre giorni, questo ti lega al prodotto nel tempo. La nostra Colomba prevede due impasti e almeno 24 ore tra il primo e la cottura, in tre fasi di lavorazione, poi altre 12 a riposo prima di essere confezionate.
Pensa che negli anni ’50 qui a Roma le facevamo quasi solo noi e ne sfornavamo un numero dieci volte superiore rispetto a oggi. Adesso i forni artigianali che sfornano pane, dolci e pizza su grandi numeri sono davvero pochi, ma sono aumentate le piccole botteghe e forse il segreto di questo lavoro oggi è proprio lì, in quei luoghi dove si consuma la passione di un fornaio o di una fornaia e del loro piccolo progetto fatto di orari che non esistono e di studi su farine, acqua e lieviti”.
Giulio e Pierluigi, saranno le due e mezzo di notte (anzi di mattina), si passano le porzioni di impasto da pirlare prima di essere messo nei pirottini. La maestria nelle mani che armonizzano l’impasto per permettergli una crescita uniforme durante la lievitazione, sembra un’abitudine semplice da rispettare con cura, ma è nel riempimento dei pirottini che il gioco si fa bello. “Guarda, le mie colombe le riconosci subito quando escono dal forno perché saranno le più belle – ride Pierluigi, dando con complicità alle parole quel senso di amichevole di sfida con Giovanni, che l’accetta sorridendogli altrettanto – io metto l’impasto in un unico blocco, senza dividerlo in due. Ci vuole più attenzione nel cercare di dargli una forma fin da subito, ma secondo me vengono meglio”.
Così, mentre Giovanni posiziona l’impasto in due porzioni, la cui più piccola viene messa trasversalmente per dare forma alle ali della Colomba, Pierluigi lo adagia in un'unica pezzatura. Una tecnica che, se apparentemente non sembra possa coprire l’intera forma, devo dire che sorprende nel vedere poi il lievitato riempire ogni spazio del pirottino crescendo in cottura.
Mentre almeno altri dieci fornai si muovono come se il resto del mondo non esistesse, Pierluigi e Gianni sono due fornai che hanno un affiatamento invidiabile e la passione reciproca che li lega ai quintali di prodotti che sfornano ogni giorno, è così evidente che mentre mangi una ciambella appena fritta e zuccherata li guardi pensando che torneresti un’altra notte ancora. In quel momento, mentre hai sonno, li guardi e pensi realmente che vorresti essere lì sempre a impastare colombe, pane scuro e pane casareccio, bun, filoni e cornetti che la mattina danno il buongiorno a Roma, con la storia di un gusto che ha visto cambiare la storia stessa.
NON SOLO FORNO
“Non lo so che succederà negli anni a venire, noi finché ce la faremo rimaniamo qui e continueremo a fare quello che ci viene meglio da sempre. Forse, un traguardo di evoluzione potrà essere una linea di prodotti cotti e abbattuti da rigenerare, anche solo per andare incontro ai tempi di lavorazione, consegna e consumo moderni”. La famiglia Roscioli tra forno e gastronomia è una storia autentica e al confezionamento, c’è da dargliene atto, le Colombe di Pierluigi si distinguono e sono (quasi sempre) le più belle.
Tra le mille bellezze del cuore di Roma, se passate tra Via dei Chiavari, Via dei Giubbonari o Via del Conservatorio (sono tutte e tre vicinissime) fermatevi da un Roscioli a caso, ne vale la pena.
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