Riscoprire il piacere conviviale del vino
I vini del ristorante Il Portico di Appiano Gentile sono "giusti", sobri e onesti
È un vero peccato che il dissidio tra veronelliani matrimonialisti e marchesiani divorzisti, in fatto di abbinamenti-accoppiamenti tra cibi e vini, cucina e cantina, si protragga non solo anacronisticamente, ma anche anacrostoricamente. Premesso che si va al ristorante più per mangiare che per bere, ammesso che per ragioni di salute o per scelta (satvica) si possa anche fare a meno del vino e di qualsiasi altra bevanda alcolica, è necessario aggiornare il suddetto dissidio in fatto di abbinamenti (non solo "de gustibus", non soltanto soggettivi) cibo-vino, in relazione a un fatto storico.
A differenza dei tempi di Luigi Veronelli (pioniere nel 1971 con "Il vino giusto" dell'abbinamento per contrasto, come ricorda anche il Vaccarini nel suo "Manuale del Sommelier") e di Gualtiero Marchesi (tendenzialmente anche se non severamente savariniano...), oggi esiste un'offerta di vini che allora non ci si sognava neppure e che li metterebbe d'accordo. Li si chiami vini "sani, puliti, bio, naturali, imperfetti", resta il fatto che, vini da meditazione a parte che tali sono e tali rimarranno, oggi ci sono dei vini bevibili sul pasto e abbinabili ad ogni cibo.
Il prima il vino e poi il cibo o il viceversa, con i "vini giusti" di oggi non ha più ragion d'essere o c'è l'ha coi vini "vecchi" e non solo invecchiati...
Personalmente, marchesiano più che veronelliano, ossia meno possibilista di Veronelli e, in seguito, del Gastronauta Davide Paolini riguardo agli accoppiamenti giudiziosi o meno, in questi giorni, dal marchesiano Paolo Lopriore, a "Il Portico" di Appiano Gentile, grazie alla carta dei vini curata da Stefania Secco d'Aragona, ho scoperto dei vini straordinari. Vini buoni, sobri e onesti, che non disturbano (organoletticamente) il cibo, la tavola, e soprattutto non disturbano il commensale con "malesseri vari" nemmeno dopo molte ore dalla beva. Vini, insomma, conviviali rispetto ai cibi e all'altezza della cucina conviviale coltivata da chef Lopriore!
Personalmente e nonostante un consumo che dire sobrio e modico nella quantità è dire poco, a causa dei "malesseri" procuratimi anche con grandi e blasonati vini, perfetti e identici come cliché da esportazione in ogni bottiglia, avevo abbandonato il vino, questa fermentata acqua ex uvis, in favore dell'acqua tout court e possibilmente di fonte (concordemente con Pietro Leemann, che però al "Joia", tolto il pesce, ha lasciato la carta dei vini e dei caffè...).
Stefania Secco d'Aragona, "lady eco-wine", invece, mi ha fatto riscoprire con la (sua) carta de "Il Portico", il piacere sensoriale prolungato e salutare, privo di fastidi e malesseri, del vino a tavola.
Perché il "vino da tavola" oggi, per fortuna e per merito di pochi apripista (Josko Gravner in primis) non è più quello di una volta ma, quasi come quello di una volta, è abbordabile (più di un Gravner) nel prezzo: a volte (ricarico permettendo) anche al ristorante... Brava dunque Stefania nel comporre e nel proporre la carta dei vini de "Il Portico", e bravo Paolo Lopriore nell'aver scelto Stefania. Con i "vini giusti" di Stefania, che avrebbero soddisfatto e divertito il grande Veronelli, a "Il Portico" di Lopriore mettete pure in soffitta i "metodi" Mercadini, Piccinardi e Puisais in fatto di abbinamenti, e buon divertimento...
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