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Quando l'innovazione uccide la tradizione

La filosofia del "famolo strano" funziona solo nell' "ammore"


“La tradizione è un’innovazione riuscita”, un assioma (o postulato che dir si voglia) che trova la sua ragion d’essere anche a Natale. In queste giornate convulse di caccia ai regali e alla preparazione del pranzo di Natale (così leggo, ma vedo grandi flussi e poca gente con le borse piene, il che mi ricorda un detto: Chiesa maestosa, ma poca devozione), l’Italia è inondata di panettoni.

Sì, il mio amatissimo dolce nazionale (così l’ho battezzato) ha davvero fatto breccia, come mai, sia al Nord sia al Sud, nelle Isole come a San Marino e in Vaticano. Dovrei sorridere, ma non posso, anzi sono indignato proprio da una sciocca ricerca di diversità a tutti i costi, che toglie al panettone quel sapore e quel profumo che crea il clima di Natale, così come quel sentore di sedano che si coglie il giorno di Natale, quando nelle case si prepara il fatidico piatto di tortellini, cappelleti, anolini in brodo.

 

Al grido di “Famolo strano” o, secondo alcuni, all’insegna dell’innovazione dentro ai panettoni (e pure al pandoro) ci si mette di tutto (cosìvengono carrozzati al mojito, al pistacchio, alla zuppa inglese, al peperoncino, al limoncè, al gianduja, alla zucca, al maxi ciok, alla panna-whisky, alla nocciola, al fior di latte). Il disciplinare, ahimè, permette ogni deroga terrena, in tema di farciture, creme, coperture, frutta (peccato anche non verdure e ortaggi!).

La contraddizione che non permette per chiamarlo panettone è di ridurre la fatidica percentuale di burro, stabilita nel 14% , sotto la quale si vedono ormai tante focacce. Insomma, in un’era in cui il burro è addirittura visto come il diavolo, non si concede di utilizzarne meno, mentre si dà il via libera a panettoni del "senza". Non solo, ma non è permesso di definire panettone il prodotto che, in luogo del burro, contiene olio d’oliva. Le stranezze dei disciplinari o di potente dolci lobby. 


Il 2016/17 però segna un grande ritorno: il Pandoro, ovverosia il dolce per chi non ama frutta candita e uvette (soprattutto i bambini e quelli cresciuti all’insegna del "non mi piace" il panettone). Un benvenuto a questo dolce burroso di origine veronese (è stato brevettato addirittura a fine Ottocento dal pasticciere Domenico Meregalli) e al ritorno, sempre veronese, del Nadalin.

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