Lo speakeasy di Roma
Incontro con Antonio Parlapiano del Jerry Thomas Project
Come è noto, Speakeasy è un termine che arriva direttamente dall’era del proibizionismo americano dove parlare a bassa voce era una regola d’oro per garantire la riservatezza dei luoghi dove si serviva alcool in barba alle leggi. Parlapiano (è il suo vero cognome) è curiosamente una traduzione letterale del termine, speak-easy.
Antonio ha avuto la fortuna di essere instradato fin dai 16 anni in un mondo che ha finito per affascinarlo tantissimo. I suoi attuali 24 anni di onorata carriera nella mixologia iniziano al Friends Bar, un vero e proprio luogo di formazione per i migliori baristi romani di oggi. Da lì in poi, dopo varie esperienze in street bar e hotel a 5 stelle, le cose sono partite fino al Jerry Thomas Project, nato per sbloccare il bartending capitolino dal dominio dell’American bar, del Flairbartending, dall’utilizzo di prodotti liofilizzati e dargli un respiro internazionale. Parlapiano a 32 anni, reduce da un workshop di Stanislav Vadrna, vero guru dello stile giapponese di fare bartending, decide di seguire il consiglio del maestro e di importare questo stile in Europa. Insieme a dei suoi amici investe su quello che diventerà l’attuale Jerry Thomas Project.
Rompemmo tutti i salvadanai di casa e mettemmo insieme la somma che ci aveva chiesto Eleonora del Backstage Bar e prendemmo il posto. Ad Aprile arrivò Stanislav e abbiamo ospitato il suo corso di tre giorni. L’11 Aprile 2010, aprimmo il bar come festa di fine corso. All’inizio avevamo pochi soldi così potevamo contare solo su un banco frigo, senza postazioni. Il bar era la metà di quello che è oggi perché disponevamo di una cucinetta dove facevamo i nostri famosi croque monsieur. Avevamo uno specchio sulla parete esterna della cucina che prendemmo a martellate e lo sostituimmo con un collage di articoli di giornali da tutto il mondo che crollava praticamente ogni sera per il calore che si sprigionava dalla cucina. Avevamo anche perdite idrauliche, i nostri divani avevano uno strano sentore di muffe che abbiamo dovuto eliminare ripetutamente con un getto di vapore a 100°. Insomma ridevamo molto.
Nel tempo il Jerry Thomas Project decolla e il nome inizia a circolare grazie anche alla filosofia che lo contraddistingue: una produzione rigorosamente home made.
Tutto quello che non era distillato, lo producevamo noi, dal liquore al bitter. A Roma prima di noi non esisteva niente del genere, fare queste cose era decisamente a rischio per le norme Haccp, ma a noi non interessava perché eravamo costituiti come circolo privato. Il nostro locale per la legge è al pari di una casa privata.
Nel 2012 il Jerry Thomas Project entra nella hall of fame della cocktail &Spirit di Parigi e tra i primi 25 bar europei. Inizia l’escalation negli eventi internazionali: nel 2013 è nella Top 50 dei bar mondiali con conferma sia nel 2014 che nel 2015. Nel frattempo riprendono gli inviti dei barman della scena internazionale: Jeff “Beachbum” Berry, il guru della rinascita del Tiki, David Wondrich, il mixographer dell’era del pre-proibizionismo. Gli scambi con questi personaggi sono importantissimi, soprattutto per la sperimentazione di nuovi cocktail, la ricreazione di quelli storici della golden age e lo studio dell’erboristeria.