L’eleganza di un Pinot Nero
Sulle colline di Mazzon, terra d’elezione del ribelle e affascinante vitigno
Galeotte furono le giornate altoatesine del Pinot Nero, tra Egna e Montagna, dal 10 al 12 maggio. La XIII edizione del concorso nazionale dedicato all’elegante e ribelle vitigno si è conclusa con la vittoria della cantina Kellerei Girlan di Cornaiano. La presenza di ben nove vini locali tra i primi dieci classificati, mi spinge a indagare sul terroir della bassa provincia di Bolzano per capire cosa lo rende così adatto a quest’uva, tra le più difficili sfide di molti vignaioli.
Incontro lo storico produttore Peter Dipoli, appassionato di Pinot Nero. Approfitto della sua onniscienza per dissipare il mio primo dubbio sul Blauburgunder (nome autoctono del vitigno): le discrepanze con il cugino borgognone. Peter non tergiversa: per lui chi cerca di realizzare in Alto-Adige lo stesso vino della Borgogna, sbaglia strada.
Il francese ha un PH meno elevato che ne rende più tardiva la maturazione così che, quando un Pinot Nero altoatesino è pronto, uno borgognone della stessa annata inizia appena a maturare.
Ma cosa rende questi luoghi terreno d’elezione del capriccioso vitigno? Il microclima della zona, essenziale per un’uva che Peter definisce “climatica”. Le tante ore di irradiazione solare, le immediate escursioni termiche tra giorno e notte, il costante soffio secco del vento Ora ne favoriscono la giusta maturazione.Queste caratteristiche climatiche caratterizzano soprattutto le colline di Mazzon, considerate il Blauburgunderhimmel (il paradiso del Pinot Nero). Terreno calcareo, altitudine tra i 300 e i 450 m s.l.m. e la delicata tecnica di vinificazione indigena incidono ulteriormente sulla completa espressione del potenziale del vitigno.
La visita allacantina Carlotto di Ora conferma le parole di Dipoli. Tre ettari e mezzo, coltivati per metà a Pinot Nero, ubicati a Mazzon e, per metà a Lagrein, siti a Ora, per un totale di 20/23.000 bottiglie annue. La filosofia di Ferruccio (padre) e Michela (figlia enologa) Carlotto è che il vino non va costruito in cantina, ma si fa in vigna e questa deve essere nel posto giusto.
Sulla vinificazione Ferruccio non transige: fermentazione e stoccaggio esigono il legno, l’acciaio non fa respirare il vino. Filari di Mazzon è il solo Pinot Nero che ricavano dai loro appezzamenti: affinamento in botte grande e in barrique per un vino che, nel bicchiere, è elegante, pulito, fruttato e profondo. La conversazione con Ferruccio è illuminante per farmi capire le difficoltà del lavorare con una natura imprevedibile e la verità delle parole di Soldati sul vino “immisurabile, effimero, ineffabile, misterioso […] Esigere che sia stabile è la più grande sciocchezza che un bevitore possa commettere”.
Di ritorno verso casa, mentre guardo i vigneti dal treno, ripenso al silenzio evocativo delle colline di Mazzon, alla brezza dell’Ora, allo stretto legame dei locali con il territorio, ai saporiti pani di cereali e, con ancora gli aromi di Pinot Nero in bocca, mi rendo conto che forse, nonostante la breve permanenza, non sarà facile dimenticare questi luoghi.
AZ. AGRICOLA PETER DIPOLI
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FERRUCCIO CARLOTTO
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