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Gelati in musica

Il gelato è la colonna sonora delle nostre passioni


Per molti sono la metafora del colpo di fulmine o di un flirt: durano l’espace d’un matin e si disciolgono come neve al sole, dopo averli gustati. Come l’amore offrono tante sfumature sensoriali: floreali, fruttate, dolci, sapide, zuccherose, stucchevoli, amare… Si presentano con molteplici colori, quasi un caleidoscopio magico, ma quando si arriva in fondo se ne vanno senza lasciare alcuna traccia. Sono intensi, forti, vibranti, e vigorosi, ma non hanno la consistenza per colpire i sensi con con continuità. Forse qualcosa rimane in bocca: la voglia matta di riprovarci, subito, almeno un’altra volta e poi ancora, ancora, fino al bicchiere d’acqua gelata. Magari come fosse l’ultima volta…. Sono i gelati, un dolce creato per i bambini, ma consumato soprattutto dai grandi.

Amatissimi dagli autori di canzoni e canzonette. C’è chi come Pino Daniele nel bellissimo album Come un gelato all’Equatore, li ha cantati come metafora dell’amore. C’è chi li ha presentati in maniera languida, roca, nello stile straordinario di Paolo Conte quando canta Un gelato al limon; chi, come Lucio Battisti ne I giardini di marzo, se ne è servito per quel grido melanconico e struggente dell’uomo che vendeva i gelati. Canzoni e gelati sembrano un binomio ben assortito perché hanno molti punti in comune: una volta assaporati si dissolvono, si dimenticano, per tornare solo quando vengono riassaporati, ma non sono gli stessi: così come cambiano i gelatieri nel tempo, può cambiare la voce o l’arrangiamento di una canzone.

Entrambi, poi, sono due momenti sensoriali vuoti se non vengono riempiti di ingredienti, e di parole e musica. Un gelato senza crema, senza pistacchio o senza frutta è il nulla, come una canzone senza musica. È la creatività che li rende concreti e vivi.
Pur essendo effimeri, gelati e canzonette possono ricordare momenti di vita, emozioni, sensazioni, sentimenti. I gelati possono far riaffiorare ricordi: la villeggiatura… quel chiosco, il bar dell’incontro fatale, dove il gusto di lamponi o di nocciola era inconfondibile, così come l’amore di quell’estate. O ancora quella serata di calura in città alla ricerca di un gelato alla frutta, di una granita, che si è trasformata in una storia estiva. Un posto, un sapore, un’emozione, una persona: si legano allo stesso modo a una canzone che poi, una volta passata di moda, viene dimenticata, bruciata, magari per far poi riaffiorare alla memoria dei sentimenti quando, metti un giorno in autostrada, una radio la ritrasmette…

Ma com’è il gelato oggi? Il tempo ha cambiato anche lui: non più il gusto alla crema, al fior di latte, al cioccolato, al limone, alla fragola, al pistacchio, alla nocciola; i nuovi signori del freddo hanno imposto il salmone, la cicoria, il Gorgonzola, l’aglio, il risotto, i gamberetti, i gusti al Puffo, alla cipolla, al formaggio Puzzone di Moena… Per fortuna ci sono gelatieri che continuano a produrre eccellenti gelati dai gusti tradizionali, a cominciare dalla nocciola; dunque si può fare l’affogato <<fai da te>>, fuori moda, ma eccellente per chi continua ad amarlo. La ricetta è semplice: mettere in una tazza grande alcune palline di di nocciola, quindi versarci sopra un doppio caffè. Si può fare anche al ristorante; in questo caso non permettete al cameriere di effettuare l’operazione in cucina, prendete i due ingredienti separati e procedete a tavola voi stessi.

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