Chi si rivede?
Il vecchio bollito!
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A volte tornano…in tavola. Magari ritoccate, camuffate o modernizzate. Sono le ricette d’antan che, gira e rigira, sono le radici della cucina, sia essa moderna o post moderna, nuova o nouvelle, fusion o confusion, destrutturata o ricostruita. Certo cambia il look e spesso pure le cotture: ma l’ispirazione affonda sempre nel passato. E oggi più che mai la ricerca della sostanza, della materia prima originaria, nonché la voglia di non sprecare, sono tra le priorità. Forse per questo è in atto il grande ritorno del bollito in trattoria, così come nei ristoranti e nelle tavole di casa. Chi si rifà alla ricca tradizione piemontese o emiliana o veneta del bollito, il cui solo scopo è di ottenere carne saporita da accompagnare con varie salse, chi invece ricorre al lesso che si differenzia perché la carne che si assaggia è ottenuta sfruttandola soprattutto per il brodo.
La diversità consiste, a dir il vero, nei tagli utilizzati, ricchi, ma solo in parte, quelli per il bollito, tratti dal quarto posteriore, meno cari in assoluto perché ottenuti dal quarto anteriore, quelli per il lesso, spesso in Toscana e in Romagna riproposti in versione serale come avanzo (si fa per dire) di una seconda preparazione (in padella con le verdure, chiamato francesina, o freddo in insalata).
Comunque sia, bollito o lesso, gli ingredienti sono anche le cosidette frattaglie (lingua, testina, zampino etc) dunque tagli ritenuti da molti consumatori dediti (purtroppo per loro), al filetto o alla fettina senza grasso, “da evitare”. Sette sono i tagli del tradizionale bollito piemontese (Carrù è la capitale del bue grasso) con a parte lingua, testina, coda, zampino, cotechino e gallina, il tutto con sette salse. Troppo il pesante carrello fumante di fronte ai ritmi della vita moderna?
Ebbene, anni fa, Massimo Bottura con l’ormai famoso “bollito non bollito”, cotture a bassa temperatura, tagli già porzionati nel piatto, ha segnato una nuova proposta, alleggerita, più digeribile pur non tradendo le radici di questa tradizione. Il macellaio F. Cazzamali di Romanengo propone, d’altro canto, un bollito leggero ed economico: testina, muscolo e cappello di prete.
Al ristorante Vite di Coriano (Rn) della Comunità di San Patrignano il bollito misto di carni è tutto di razza chianina (allevate a metri 100): cotechino, muscolo, lombo, guancia, lingua è digeribile, magro e porzionato. Ci sono però gli amanti del bollito fumante al taglio e al carrello (come ad una cerimonia) ecco quindi a Milano, al lunedì sera, ormai da anni, al ristorante Sambuco, ma pure alla Locanda Castelvecchio di Verona, all’ Osteria del Borgo di Carrù, da Giovanni a Padova dove la tradizione continua. Sine qua non
Davide Paolini