Bottura Chef
Tradizione con fantasia
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Forse è un “fattore” di crescita fisiologico: quando un settore diventa oltre modo “mediatico” nascono premi, classifiche e riconoscimenti. Così dopo il cinema, la moda, il design e la televisione (domani web, web tv) anche il mondo del cibo conferma la regola. Da un po’ di tempo fioccano da ogni parte del mondo incoronazioni. Last but not least è arrivata la notizia su Massimo Bottura dell’Osteria della Francescana di Modena, giudicato miglior chef del mondo dall’ Accademia Internazionale della Cucina, organismo non certo popolare, di cui fanno parte l’ Accademia della Cucina Italiana e le altre accademie europee (francese, spagnola etc).
Senza nulla togliere alla bravura, più volte sottolineata su questa rubrica, di Bottura (tra l’altro molto considerato dai suoi stessi colleghi internazionali), questo premio, fino ad oggi, era in Italia “clandestino” sebbene in passato siano stati premiati Bocuse, Adrià, Gherard, insomma il ghota mondiale della cucina.
E’ però significativo aver issato in alto uno chef italiano perché se guardiamo al passato i nostri cucinieri sono stati sempre snobbati, a cominciare dal prestigioso concorso “Bocuse d’or” o dalla stessa classifica dei migliori 50 ristoranti del mondo dove, appaiono nomi made in Italy ma mai ai primissimi posti.
Che sia cominciato un’epoca dove il mondo non giudica più superficialmente la nostra cucina come di casa o come la più salubre, gustosa e basta? Che sia cominciato un’era nella quale ai nostri cuochi non viene solo chiesto di preparare spaghetti al pomodoro, ma piatti dove gli ingredienti tradizionali vengono proposti anche in modo diverso dalla nonna e quindi si valuta la creatività e la professionalità?
Massimo Bottura, modenese verace, è il prototipo dello chef contemporaneo: colto, attento alle forme artistiche, può fare il bollito tradizionale, così come i tortellini, conosce i giacimenti del suo territorio come pochi, ma ha saputo usare gli stessi con procedimenti e forme diverse dando vita ad una cucina del futuro, frutto del passato: una filosofia di cucina che nulla ha da spartire con la “molecolare”, corrente nella quale è stato ingiustamente inserito. Al di là del valore del riconoscimento è davvero significativo che la generazione dei Bottura sia continuamente “visibile” nei contesti internazionali come protagonista perché finalmente il made in Italy non è solo pizza o lardo di Colonnata o Parmigiano Reggiano – grana padano o aceto balsamico tradizionale di Modena o prosciutto di Parma - San Daniele. Sine qua non
Davide Paolini