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Vini naturali, vini liberi o vini etici?

Istruzioni per l’uso per addentrarsi nell'argomento più discusso del momento


Uno dei temi di attualità che riguarda più da vicino il mondo del vino, si riferisce alla legislazione, non certificata e ancora oggi mai comunemente condivisa, della naturalità dell’uva e del suo processo di vinificazione. Il vino accompagna il cammino dell’uomo da millenni, seguendone gli spostamenti e adeguandosi alla ciclicità scandita dalla sua maturazione biologica. Affermare che il vino sia un prodotto “naturale” sarebbe come dichiarare, ad esempio, che le chiese italiane sono adornate di semplici blocchi di marmo levigati. In questo modo si elude che è stato l’uomo e la sua intelligenza a portarlo al raggiungimento di opere straordinarie. L’uva senza la cura dell’uomo sarebbe destinata all’acetificazione attraverso il processo catabolico di distruzione dell’alcool in acido acetico e alla sua successiva volatilizzazione.


Detto questo, oggi la domanda da porsi è un’altra: possiamo trovare un vino che rispetti la salute dell’uomo e del sistema in cui vive, che non sia dannoso per l’ambiente e che sfrutti i meccanismi di conoscenza e coscienza per ottenere un prodotto gratificante anche per l’intelletto?

Recentemente ascoltando un’intervista a Oscar Farinetti, imprenditore che stimo e ammiro come pochi altri in questo paese, sono venuto a conoscenza del suo progetto chiamato “Vini liberi”. Anche in questo caso ci si rifà alla purezza del vino, al minimo contenuto di anidride solforosa, al legame con il territorio nell’assenza dei pesticidi. Tutto bene, tutto perfetto; non ho ancora avuto modo di assaggiarli e sono molto curioso. 


Preciso che non sono contro le grandi aziende, lavorando per una di esse, anzi: le possibilità che hanno queste di sperimentare aiuta il progresso indispensabile al mondo del vino. Probabilmente però non sono ancora pronto ad associare il nome di Michel Rolland o quello di una delle aziende più grandi del nostro paese, con quello dei vini naturali. In effetti credo che i primi vini senza solforosa verranno prodotti proprio da queste realtà, che con la tecnologia del tappo Stelvin, ovvero del tappo a vite di ultima generazione, saranno capaci di mettere in bottiglia vini sensibili ma perfettamente protetti nel loro contenitore ermetico. Forse è un mio limite, ma non sarà l’ennesimo tentativo di mostrare una faccia della medaglia che aiuta l’altra nella commercializzazione?


A questo punto mi siedo in disparte e pretendo di conoscere e incontrare le persone che producono questi vini e di affidarmi al mio semplice e primitivo istinto di valutazione personale. Mi torna sempre più spesso alla mente una citazione di Salvo Foti, suggerita da un suo professore di enologia che domandava: “Sapete quale è il primo ingrediente per fare un vino di qualità? L’ingrediente segreto è l’etica della persona che lo produce.”


Vogliamo quindi vini naturali, vini liberi o vini etici?



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