Un intero menu a base di tartufo
Al ristorante Corte dei Civalieri di Quattordio il prezioso fungo è protagonista in cucina
Aggirandosi per langhe e Monferrato, da settembre a gennaio, è possibile imbattersi nei trifolau (cercatori), che accompagnati da cani dal fiuto finissimo, vanno alla ricerca del gustoso tartufo. La leggenda narra che il fungo anticamente viveva alla luce del sole, poi per fuggire a condizioni climatiche sfavorevoli, si nascose nel sottosuolo, cercando la salvezza in altre piante con cui intraprese un rapporto simbiotico. Un prodotto prezioso, il tartufo, quanto impenetrabile e misterioso.
Di lui si conosce ben poco, ma non ha importanza: la sua fama è tale da renderlo oggetto di grande attrazione e da farlo rientrare tra i più blasonati giacimenti gastronomici del Belpaese. Tuber Magnatum Pico è la sua definizione scientifica, dal nome del medico torinese, Vittorio Pico, che nel Settecento lo classificò per la prima volta. Di estimatori questo fungo ipogeo ne vanta tanti e illustri: Camillo Benso conte di Cavour era solito regalarlo ai suoi interlocutori diplomatici per agevolare le future collaborazioni.
Il profumo e l’ aroma del tartufo sono indefinibili, sfuggenti anche ai più incalliti sniffatori alimentari. La sua forma più tipica è schiacciata o globosa, con una depressione al centro, ma può assumere anche l’aspetto di una patata con lobature quasi inesistenti. La corteccia ha un colore che varia dal grigio al giallo ocra, la polpa va dal nocciola al marrone. Le origini sono oscure, ma la sua essenza è strettamente legata a quel lembo di Piemonte che si estende dalle Langhe al Monferrato. Ed è proprio nella sua terra d’elezione che il tartufo bianco d’Alba ha trovato la sua massima espressione in cucina.
Come la più autentica tradizione piemontese insegna, il suo consumo ideale è fresco e crudo: non si cuoce, non si grattugia e non si taglia a pezzi, ma va affettato a lamelle sottili e gustato preferibilmente in piatti minimalisti, poco conditi che ne fanno risaltare l’aroma. Per poterlo assaporare nella sua pienezza, siamo andati nei luoghi del tartufo e ci siamo fermati presso la Corte dei Civalieri di Quattordio (AL) dove abbiamo “scovato” un intero menu dedicato al bianco d’alba. Battuta di fassona piemontese; morbido d’uovo, fonduta di fontina valdostana; “tajarin” ai rossi d’ uovo; entrecote di manzo fassone, patata fin de ratte: ogni piatto del menu chiamato “Tartufo 2015”del ristorante è arricchita con delle lamelle del pregiato fungo che conferiscono alle diverse portate identità, personalità e un gusto deciso, difficile da dimenticare.
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