Pizza e memoria corta
Aggia sfucuà: è Milano il centro della pizza
Innanzitutto allungando la memoria storica ricordo, ad americani, inglesi e giapponesi che è da oltre mezzo secolo che vengono in pellegrinaggio a Milano a vestire, calzare, arredarsi e mangiare. Ora che hanno ricevuto la Grazia da San Gennaro che ha fatto il Miracolo a Milano all’ombra della Madonnina, scurdammece o passato! Si fa memoria corta e si dimentica lo stuolo di visionari pizzaioli emigranti napoletani che ascoltarono il richiamo e si buttarono anema e core nell’affare gastronomico nel centro finanziario, nella porta affianco alla Borsa Valori che all’epoca faceva volare l’Italia. Immaginate le migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo e i centomila impiegati di fantozziana memoria che ogni giorno dovevano mettere qualcosa nello stomaco all’ora di pranzo e di sera portare a cena fidanzate, mogli, amanti, capoufficio, quando iniziarono a sentire il profumo del forno di fuoco a legna che cuoceva un disco di pane colorato di rosso bianco verde, la gioia per vista olfatto gusto tatto, nel centro di Milano.
La pizza napoletana è nata lì, in pieno centro storico in Via Santa Radegonda, Via San Pietro all’orto, perché è lì che questo piatto originale ha “avuto parola” quindi esistenza, riconoscimento, cioè è lì che si è incominciato a parlare, parlare, parlare e a farla volare veloce di bocca in bocca come una freccia che dall’arco scocca; e con la Comunicazione si è prima nazionalizzata e poi internazionalizzata. Ho sfuocato? Però mi sono sfogato! Ora vado a rivedermi in religioso silenzio il mio docucult Pane al pane. L’alimentazione in Italia, di M. Monicelli e P. Passalacqua - 1974 - con la famosa intervista allo scrittore Mario Stefanile che parla della pizza, per vivere cinque minuti di nostalgia con tutta n’ata storia. I pizzaioli modaioli innovativi infarciscano pure con la ricotta il bordo della pizza, tanto a Milano sul riso si mette l’oro. Ho sfuocato di nuovo!