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Il disciplinare del panettone è attuale o va rivisto?

Inizia oggi la nostra Università del Panettone, in collaborazione con Petra Lafarina


A quale dolce non sareste mai disposti a rinunciare? Noi non abbiamo dubbi: la nostra scelta sicura ricade su sua maestà il panettone.

Un prodotto che ci sta particolarmente a cuore, tanto che in passato abbiamo lottato per la sua destagionalizzazione e oggi vogliamo dedicargli l’approfondimento che merita con una rubrica dedicata solo a lui.

L’ Università del Panettone nasce da una collaborazione di Gastronauta con Petra Lafarina, che ha sostenuto i nostri progetti durante questi anni e ci ha sempre accompagnato nelle nostre avventure, portando avanti una filosofia di qualità e sostenibilità.

Sarà una scuola digitale, in diverse puntate in cui, insieme agli esperti e agli artigiani di Petra Lafarina, faremo cultura sul re dei lievitati. La prima puntata è sul disciplinare di produzione.
Università del Panettone. Petra la farina
Un prodotto dolciario da forno, a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma rotonda, con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida. È così che viene definito il panettone nel disciplinare di produzione di alcuni prodotti da forno, stabilito con il Decreto ministeriale del 22 luglio 2005 (come modificato dal D.M. 16 maggio 2017) e in vigore dal 29 gennaio 2006, in cui sono indicate con precisione le sue caratteristiche e la composizione, con l’elenco delle materie prime e la quantità minima da utilizzare.

Nel documento sono riportati i seguenti ingredienti obbligatori: farina di frumento, zucchero, uova di gallina di categoria “A” o tuorlo d’uovo (derivato da uova di gallina di categoria “A”), o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo; burro ottenuto direttamente ed esclusivamente dalle creme di latte vaccino con un apporto in materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al 16%; uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al 20%; lievito naturale costituito da pasta acida; sale (compreso il sale iodato). Oltre agli ingredienti essenziali, sono inseriti anche quelli facoltativi: latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, zuccheri, lievito (fino al limite dell’1%), aromi naturali e naturali identici, emulsionanti, conservante acido sorbico, conservante sorbato di potassio. Sono previste deroghe per quanto riguarda la presenza/assenza di uva passa e canditi, per le glassature e le farciture. I prodotti privi di alcuni ingredienti, o arricchiti da altri, possono utilizzare la denominazione a patto che le variazioni siano specificate in etichetta (a es.: “Panettone senza canditi”, etc.). Non è prescritta una gamma obbligatoria di peso, e quindi le imprese sono libere di utilizzare i valori che desiderano. Il processo tecnologico della fabbricazione del panettone prevede le seguenti fasi di lavorazione, anche fra loro accorpabili: preparazione della pasta acida, fermentazione, preparazione dell’impasto con dosaggio degli ingredienti e aggiunta inerti e impastamento, porzionatura, «pirlatura» con deposizione dell'impasto nello stampo di cottura, lievitazione, «scarpatura», cottura, raffreddamento, confezionamento. I prodotti non conformi alle disposizioni del decreto possono usare denominazioni di vendita alternative quali, per esempio, “dolce di Natale”.


Leggendo il decreto rimaniamo perplessi su alcuni aspetti: gli elementi caratterizzanti principali per il panettone sono la lievitazione naturale e la presenza obbligatoria ed esclusiva di burro e uova fresche; tra gli ingredienti facoltativi figurano anche dei conservanti e degli aromi naturali identici; le regole di produzione e commercializzazione si applicano sia alle produzioni industriali, sia alle artigianali. Ci chiediamo: se la lievitazione naturale è un elemento caratterizzante la produzione del panettone, è possibile definire tali i panettoni che non vengono prodotti con la pasta acida? Ancora: il disciplinare ammette l’uso di conservanti, come acido sorbico e sorbato di potassio, non è un controsenso rispetto a una lievitazione che viene definita “naturale”? Altro punto: il disciplinare di produzione vale sia per i panettoni artigianali, sia per quelli industriali, i secondi seguono alla lettera tutti gli accorgimenti? E un grande interrogativo: i milioni di panettoni prodotti durante le feste rispettano queste regole? Non sarebbe efficace che fosse indicata anche il limite e la modalità di conservazione?

Abbiamo chiesto a Francesca Morandin, tecnologa alimentare e consulente di Petra se questo decreto fosse ancora attuale. “Il disciplinare va sicuramente rivisto perché è superato, ammette l’utilizzo di aromi naturali identici, di conservanti per evitare la muffa, quali acido sorbico e sorbato di potassio, di mono e trigliceridi e acidi grassi presenti in etichetta con il nome di E471 e di lievito di birra fino all’1%. È evidente che queste “concessioni” non tutelano il panettone artigianale che viene fatto con pasta madre, senza conservanti e senza aromi artificiali. Bisognerebbe lanciare un appello per rivedere il disciplinare in funzione della tutela del panettone artigianale”, puntualizza Francesca. Le fa eco il padre Rolando Morandin, il pasticcere guru dell’arte della lievitazione: “i veri artigiani non usano il lievito di birra, chi lavora la pasta madre, la ama, ne è appassionato, non rinuncerebbe mai a usarla perché è il segreto di un buon panettone. Io gli aromi naturali identici non li ho mai usati perché nel panettone devi sentire solo il profumo del lievito madre, dell’uvetta, dei canditi. Bisogna usare della buona vaniglia in bacche e dei buoni canditi, altro che aromi artificiali”.

Dello stesso parere è Nicola Borra G’trainer di pasticceria presso Petra. “Un disciplinare, come quello del panettone, dal mio punto di vista, deve essere attuale, perché deve tutelare chi fa davvero un panettone naturale. Bisogna premiare chi produce questo lievitato con ingredienti naturali e utilizza un lievito madre, o pasta madre, fresca e viva”, ci spiega l’esperto, e continua: “l’inserimento in questo documento della possibilità di utilizzare frutta candita diversa da quella comunemente attribuita al panettone non è un elemento che, a parer mio, deve essere cambiato. L’importante non è la novità, che deve essere introdotta all’interno di questo documento, ma la convalida di autenticità”. Nicola ci fa notare quanto siano troppe le attività che spacciano per panettone naturale un lievitato fatto con semilavorati. “L’artigianalità, la passione e il tempo che si impiega nella preparazione di questo dolce tipico, creato con lievito madre e ingredienti naturali di primissima qualità, ha bisogno di essere promossa sia da un documento, che ne attesti la reale assenza di semilavorati, sia da un pubblico sempre più attento alla qualità”, aggiunge. “Chi produce il panettone con semilavorati non dovrebbe poterlo chiamare tale in etichetta, al massimo può rifarsi a una dicitura più simile a “dolce lievitato natalizio”. La sfida è quella di costruire la sensibilità del cliente in modo che possa distinguere un prodotto naturale di pasticceria da uno creato in laboratorio sì, ma di chimica. Poi è fondamentale tutelare i maestri pasticceri che ci hanno tramandato con tanta passione la cura nella gestione del lievito naturale, ingrediente fondamentale per la riuscita del prodotto. Il disciplinare del panettone non deve seguire le mode, ma deve essere attualmente presente e promuovere chi produce il vero Panettone”, conclude Nicola.
E noi non possiamo che essere dalla loro parte e unirci al grido di W il Panettone sì, ma quello Autentico!

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