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200 anni di Pellegrino Artusi

Ad agosto il bicentenario dell'autore de La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene


Buon compleanno Pellegrino, sono in largo anticipo rispetto ad agosto, quando compirai 200 anni. Però il bicentenario di un personaggio così “importante” bisogna festeggiarlo già dall’inizio dell’anno, perché pochi hanno lasciato traccia nella storia gastronomica italiana. Gli auguri arrivano da un compaesano che, più volte, si è occupato di te, al punto di aver messo in scena una piece teatrale nel 1991 per celebrarti, durante il centenario del best seller “La Scienza in cucina e l’Arte di Mangiar bene”. Il tuo personaggio era interpretato addirittura dall’attore Claudio Bisio, mentre la parte cantata era affidata a Lallo Sbriziolo, voce solista dei Dik Dik (grande appassionato di cucina, patron della trattoria “Isola di Wight”).

Chi è (per chi non lo conoscesse) Pellegrino Artusi? È nato a Forlimpopoli nel 1820, a trent’anni ha abbandonato la Romagna a causa di un dramma famigliare: il bandito Stefano Pelloni, il Passator “cortese (lo credeva il poeta…), re della strada e della foresta, assale il paese e terrorizza a tal punto gli abitanti che una sorella dell’ Artusi impazzisce (c’è anche una versione più crudele di una violenza subita dalla sorella nel teatro comunale di Forlimpopoli, durante l’irruzione del Passatore).

Si trasferisce prima a Livorno, dove tra l’altro assaggia, a casa di amici ebrei, la ricetta del “cuscussù” (ovvero una versione del cous cous), che poi riporta nel suo ricettario. Quindi si sposta a Firenze dove apre un banco di cambio e, nel 1891, scrive e stampa a sue spese, la prima edizione della “Scienza in cucina”, seguita dal 1895 dalla seconda e poi con grande successo, da numerose altre. Pellegrino non cucinava, non era un cuoco, ma un grande gastronomo che “ideava” le ricette, provate e riprovate dai suoi “serventi”, come scrive nel testamento: Francesco Ruffilli di Forlimpopoli e Marietta Sabatini di Massa e Cozzile ai quali lascia soldi, alcuni gioielli, i diritti sulla “Scienza in cucina” e alcune terre.

Il suo prezioso ricettario, per anni immancabile nei corredi delle spose, è scritto in uno stile brillante, in alcuni casi divertente, lontano dai libri di ricette attuali, copia di copie, asettici e senza personalità. Chi ha avuto modo di leggere la “Scienza in cucina” non può dimenticare i personaggi, come il giovane Carlino che, preso dalla nostalgia dei cappelletti all’uso di Romagna, fa ritorno a casa. Poi il mitico Tugnazz, grande mangiatore che, per scommessa, divora montagne di tortelli fino a star male. La cucina dell’Artusi non è una cucina popolare, come molti pensano. Lo scrive lui stesso: “S’intende bene che io parlo alle classi agiate, chè i diseredati dalla fortuna sono costretti, loro malgrado, a fare di necessità virtù e consolarsi riflettendo che la vita attiva e frugale contribuisce alla robustezza del corpo e alla conservazione della salute”.

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