L'olimpo del maestro Marchesi
Con la morte di Gualtiero Marchesi si spegne la fiamma olimpica della cucina italiana contemporanea
- La nouvelle cuisine italiana
- La cucina contemporanea di gualtiero marchesi
- Il cuoco e lo chef
- L'eredità del maestro e i suoi piatti cult
Una sera di tanti anni fa, a cena ad Albaretto Torre, da Cesare, ho rubato una battuta di un tavolo vicino: “Marchesi serve carni sanguinolente, piatti così scarsi che si esce con la fame e il conto è salatissimo”. Ho chiesto alla signora quante volte avesse cenato in quel locale. “Mai”, rispose, “ma in tanti lo dicono”. Per anni, il “cuoco” Gualtiero di via Bonvesin de la Riva è stato giudicato così, solo per “sentito dire”. E ancora oggi molti continuano ad attribuirgli l’etichetta di nouvelle cuisine con tono accusatorio, non riconoscendo il suo straordinario percorso nel tempo che lo ha portato a essere (e lo sarà per lungo tempo) la “fiaccola olimpica” della cucina italiana e sottovalutando la sua capacità di interpretare l’evoluzione del gusto.
La nouvelle cuisine italiana
In proposito ho ritrovato una mia intervista ingiallita (su queste colonne, 2 settembre 1984) dove già anticipava il suo percorso culinario. “Non v’è dubbio che un giorno un nuovo tipo di cucina la soppianterà (la nouvelle), relegandola nel dimenticatoio e nei fornelli di qualche nostalgico che non vorrà arrendersi al nuovo corso. Ciò che oggi definiamo “nouvelle cuisine” rappresenta un preciso momento nella storia e nell’evoluzione del gusto: come nel campo delle belle arti si succedono epoche in cui al di là del contributo originale dei singoli, è riconoscibile uno stile che influenza un determinato periodo storico, così come accade nella gastronomia”.
La cucina contemporanea di Gualtiero Marchesi
La cucina di Marchesi, proprio perché nel tempo ha saputo sempre leggere l’evoluzione del gusto, può avere una sola e unica definizione: Contemporanea. Già negli anni Ottanta, Gualtiero ha anticipato concetti, quali la salvaguardia naturale dei sapori e dei profumi degli ingredienti, l’equilibrio delle componenti di una pietanza, più in generale la ricerca della leggerezza, non solo come esigenza del palato, ma anche della salute. “Una buona cucina”, affermava, “dovrà essere in primo luogo corretta, cioè rispondente alle esigenze caloriche del nostro tempo”. Insomma in largo anticipo rispetto ai nostri giorni, dove questi argomenti sembrano attuali, o meglio contemporanei …
Il cuoco e lo chef
Al tempo stesso il Maestro ha ben delineato quale fosse il ruolo del cuoco; mentre era sconcertato dal proliferare di giovani che, dopo poco tempo in cucina, si presentavano come chef. “Il cuoco che si limitasse a ripetere pedissequamente ciò che la tradizione gli ha insegnato disconoscerebbe quella che è la sua vocazione naturale: artigiano del gusto. Egli non è mai il meccanismo esecutore di una cucina esanime, ma il sensibile interprete del patrimonio, della tradizione, che eredita dal passato, arricchendola con le proprie esperienze e con il suo talento personale”. Sono riflessioni e pensieri di oltre trent’anni fa, tuttora presenti, ma dove sempre più mancherà “la fiamma olimpica” di Gualtiero, in grado di incendiare querelle, spesso in modo personale e provocatorio.
L'eredità del Maestro e i suoi piatti cult
Il suo valore di Maestro si capirà poi, anche chi in passato lo ha criticato volutamente per essere al centro dell’attenzione e oggi magari ne incensa le qualità. Che dire poi dei suoi piatti che sono riproposti (sarebbe più corretto scrivere copiati) o interpretati in giro per il mondo? Pochi cuochi, o meglio chef (qui ci sta), seppur famosi, lasciano in eredità tanti piatti cult come il Maestro: il raviolo aperto (quante copie... più o meno riuscite), il risotto oro e zafferano, il dripping di pesce, le quattro paste, la piramide di riso venere, il cubo di cotoletta. Il piatto che più mi è caro: l’ insalata di spaghetti al caviale ed erba cipollina: Marchesi lo ha cucinato in anteprima una sera di un fine maggio del 1985, a locale chiuso, per un gruppo di cuochi, un pittore e il sottoscritto di ritorno da una visita alle cantine Krug. Piatto d’avanguardia soprattutto perché in quegli anni gli chef avevano bandito la pasta secca, per loro poco creativa.