Il decalogo del panettone
Un piccolo vademecum per riconoscere la qualità del lievitato e fare acquisti sicuri
È cominciata la corsa all’acquisto del panettone tornato al centro di gravità permanente degli acquisti dopo anni in sordina. La produzione tutto l’anno, vera leva di rinnovato interesse, ha contribuito al rilancio. A Natale invece, si sa, è scontato che il panettone non deve mancare, sia buono o cattivo, con o senza conservanti, tanto nessuno legge l’etichetta! Sono cresciuti i produttori al Nord come al Sud, ai pasticcieri veri depositari dell’arte di questo “lievitato” si sono aggiunti pizzaioli e fornai che ogni giorno lavorano con il lievito madre, mantenendolo fresco, vero segreto di un panettone di livello.
Anche le produzioni degli ingredienti hanno fatto un salto di qualità (farine, canditi, burro). Il successo commerciale (pare il fatturato complessivo sia di 600 milioni di euro, meno chiaro chi ha dato le cifre) ha fatto sì che negli ultimi anni ai tradizionali pasticcieri “nordisti” si aggiungesse un vasto numero di pasticcieri del sud Italia, che hanno contribuito non poco, con l’utilizzo di ingredienti locali (frutta, zucca, olive, agrumi) a creare nuovo interesse per questo dolce, un tempo solo natalizio e oggi gustato tutto l’anno.
In realtà il panettone a Natale è una tradizione “inventata”: non ci sono difatti liaison particolari con la festività religiosa (mentre ci sono eccome per la colomba a Pasqua). La grande crescita di produttori, siano essi pasticcieri, fornai e pizzaioli, pone la domanda se tutti i panettoni definiti “artigianali” siano eccellenti. Può essere garantito forse il procedimento, ma non certo sempre e comunque, la qualità.
Vediamo comunque di indicare alcune regole per dare un giudizio sul panettone, messe a punto dopo aver gustato tanti panettoni, sia di riconosciuta “paternità”, sia di outsider, così come mostrano tanti articoli di questi ultimi dieci anni, che hanno portato alla ribalta pasticcieri e fornai sconosciuti. È chiaro che al di là di questo vademecum, il gusto (che ritengo soggettivo) ha l’ultima parola: il giudizio di buono o di “no buono” influiscono sempre per decidere un acquisto o meno. Attenti all’etichetta, va controllato l’indirizzo di produzione, non sempre coincide con il brand…
1. Fondamentali sono le materie prime: qualità della farina, del burro, dei canditi e delle uvette. Purtroppo le indicazioni in etichetta non riportano mai i produttori degli ingredienti.
2.Non fidarsi sempre delle scelte delle annate precedenti, la qualità può variare di anno in anno, sono costanti solo i professionisti.
3. L’etichetta indica da subito i prolegomeni di qualità: in primis la durata massima di freschezza e fragranza di un panettone artigianale che dovrà essere massimo di 30/35 giorni, se più mesi (5/6 mesi), rientra nella sfera di prodotti industriali e quasi sicuramente contiene conservanti.
4. L’aspetto visivo è un primo test. La crosta non deve essere troppo scura; se è troppo cotta il suo sapore potrebbe sapere di bruciato. La parte sopra il pirottino non deve strabordare o essere irregolare; così come una volta staccato dal pirottino, alla vista del fondo si può percepire la qualità della cottura, nonché la percentuale di burro dalle pareti.
5. Al taglio (ma preferisco lo strappo) il coltello non deve incontrare tensioni, bensì scorrere con facilità: è già questa una prima suggestione di morbidezza.
6. La sfoliazione è l’atto che anticipa il gusto mediante il tatto, da cui si percepisce la sofficità e precede la vista con la quale si notano le alveolature che non devono essere uniformi, né strette perché in questo caso indicano un impasto duro, mentre rientrano nella normalità quando sono più marcate vicino ai canditi che dovranno essere ben distribuiti.
7. Al gusto il panettone deve dare una sensazione burrosa, soffice e morbida.
8. Le scorze d’arancio e di cedro devono essere morbide, la frutta deve essere candita e non cotta, soprattutto i canditi di qualità devono esprimere un grande aroma, mentre l’uvetta dovrà essere dolcissima con una leggera punta di acidità.
9. Il prezzo di un panettone artigianale di qualità può variare dai 22 ai 30 euro al kg.
10. Non tutti i panettoni artigianali garantiscono queste caratteristiche: la qualità del pasticciere (e il lievito madre) influisce sulla qualità finale del panettone.
Oltre ai panettoni artigianali, gli scaffali della Gdo sono colmi di panettoni industriali con prezzi molto variabili dai 2,5/3 euro al kg con la marca del supermercato fino ai 14 euro ai top di gamma. In molti casi, pur con prezzi diversi, il produttore può essere anche terzista: sono i giochi di prestigio del commercio. La larga forbice dei prezzi è dovuta soprattutto a politiche di marketing, nel periodo natalizio il panettone diventa “prodotto civetta”.
Le mie scelte di panettone: da quello del bravissimo pasticciere Achille Brena (il suo laboratorio è a Ponte San Pietro–Bergamo) che produce, ahimè, solo a Natale; all’intramontabile Teresio Busnelli che con il figlio Andrea, nella pasticceria di Arluno (MI), hanno riproposto la ricetta originale anni Cinquanta; quindi il panettone sorprendente di un fornaio, Mirko Zenatti di Sommacampagna (VR). E ancora: il panettone del pasticciere Marco Gualandi di Argenta - FE (la scuola del Trigabolo lascia il segno), quello della Casa del Dolce di Cologna Veneta (VR) (in foto); il panettone di San Patrignano e quello del pizzaiolo Renato Bosco di San Martino Buon Albergo (VR).