La reunion del Trigabolo di Argenta
Una cena in onore del Trigabolo di Argenta, il locale che ha segnato la storia della ristorazione italiana in soli dieci anni di attività, con otto tavoli e 32 coperti.
A volte ritornano, magari solo per una cena di beneficienza durante la quale hanno lasciano tutti i fortunati commensali con una nuvola di sapore, contenuta in un velo sottilissimo, croccante, con crema ghiacciata.
IL TRIGABOLO DI ARGENTA
Sono i bignè fritti e caramellati in salsa di agrumi, uno dei tanti piatti cult della banda rock del Trigabolo di Argenta (1983/93) che, in solo 10 anni di attività, ha lasciato un segno indelebile nella storia della ristorazione italiana con 8 tavoli e 32 coperti.
Chi ha la fortuna di rileggere i menu di questo locale, inventato da Giacinto Rossetti, cervello fine, narratore di razza, si rende conto di quanto fossero “avanti” nella tecnica culinaria e nella meticolosa ricerca della materia prima (Rossetti sostiene che la fine della loro cucina sia stata anche nell’impossibilità di reperire ingredienti di qualità…Figuriamoci oggi).
La troupe del Trigabolo si è ritrovata al completo per una cena: Igles Corelli, il direttore d’orchestra (i Pink Floyd come sottofondo), Bruno Barbieri, Mauro Gualandi, Marcello Leoni, Italo Bassi, Luigi Di Diego, Elga Cavallini, Sandro Trioschi, Bruno Biolcati (per i vini), dove hanno servito piatti che hanno segnato la storia del locale (emiliano di locazione, ma romagnolo nel dna) e della cucina italiana.
La banda, dopo il’93 si è dispersa, ma ognuno di loro ha avuto (e ha) una brillante carriera, ricca di successi professionali.
I PIATTI DELLA REUNION
La reunion è cominciata con un must: il budino di cipolla con salsa di fegato grasso d’oca, zenzero e coriandolo, poi le medaglie di faraona, con salsa di parmigiano e listarelle croccanti di culatello. Che dire? A prima vista piatti semplici? Il semplice è la cosa più difficile e in cucina non esiste. Piatti leggibili, sapori distinti: una goduria per la testa e per la pancia.
Il germano reale farcito di anguilla, cotta alla brace con salsa peperata e papavero rosso al forno: una leccornia dove emerge la tecnica di Corelli e già ci sono i segni premonitori di un futuro, assai prossimo, della cucina: l’utilizzo del fuoco e della selvaggina.
Mentre assaggiavo il germano, la mia memoria correva al fischione in salsa piccante della mia ultima cena al Trigabolo: confesso, prima di allora non conoscevo questo uccello, che fischia quando plana nell’acqua.
Poi il gran finale dei bignè fritti di Gualandi (dichiara che la reunion sarà l’ultima volta): un indimenticabile dolce (di cui ho visto signore chiedere il tris), che non compensa la malinconia di non trovare più, in quella piazzetta di Argenta, il Trigabolo, mentre la leggenda continuerà.