La scoperta di Gennaro Esposito quando non era ancora una stella
La freschezza mediterranea è sempre stata al centro della sua cucina
Metti una sera del 14 giugno 1998, a Gragnano, nel pastificio della Cooperativa Pastai Gragnanesi, l’allora direttore, Antonio Marchetti, mi erudisce sulle lavorazioni e mi mostra diversi formati di pasta conosciuti, eccetto uno. “Do you know canneroni?”, mi dice con fare scherzoso, un formato mai visto, né assaggiato.
Marchetti controlla l’orologio, nonostante fossero già le 22, mi invita all’assaggio dei canneroni in un locale (la Torre del Saracino di Vico Equense) di un giovane cuoco, Gennaro Esposito, allora sconosciuto alla critica gastronomica.
Nel tragitto in auto, Antonio mi spiega che i canneroni sono ottenuti da pasta di semola di grano duro, corta, da trafila in bronzo, di forma bucata di diametro di circa un centimetro, lunghi due. In tempi passati, il nome delle paste veniva ricercato con una similitudine con le dimensioni degli occhi degli animali; in seguito con le parti del corpo umano. Gli occhi di lupo del passato sono diventati canneroni, prendendo spunto dalla forma dell’esofago. Arriviamo al ristorante, sono le 22.30, Gennaro è sulla porta, chiavi in mano per la chiusura, dopo aver brontolato, riapre. Un rapido controllo in cucina, quindi propone l’abbinamento dei canneroni, che forse non conosceva, con sugo di calamaretti, cozze, seppioline, prezzemolo. Una pasta gustosa, piena di sapori, davvero un inizio promettente, a cui, in poco tempo, hanno fatto seguito altri piatti succulenti, come lo straordinario polipetto affogato, su scarola marinata, il calamaro ripieno di zucchine e basilico, il filetto di razza pastellato con salsa di acciughe, i medaglioni di murena con una sorprendente cianfotta (zucchine, melanzane, peperoni, patate, peperoncini verdi, pomodorini e basilico), poi ancora la rollatina di aguglia.
Sono rimasto basito dalla rapidità di questo giovane cuoco (ha preparato tutto da solo), dalla sua cucina equilibrata, fresca, con un’impronta mediterranea. Tutti i piatti sprigionavano i profumi della sua terra sorrentina e le ricette di soli prodotti locali. Come non “pronosticare” che quel cuoco sarebbe diventato un grande chef? Dunque una sorpresa continua, per finire ai dolci: Gennaro vanta un passato di pasticcere già a 9 anni, appassionato di babà, impossibile però a quell’ora perché lo chef sostiene sia necessario cogliere l’attimo della lievitazione. Arriva comunque in tavola un goloso tortino di noci, mandorle, nocciole con salsa d’arancio.
Da allora Gennaro è entrato nel gotha degli chef: 2 stelle Michelin, personaggio televisivo, consulente di ristoranti stellati: “It” (Milano, Ibiza, Londra), creatore della Festa a Vico, importante appuntamento della gastronomia italiana. La sua cucina ha sempre mantenuto le caratteristiche iniziali: freschezza, ricerca dei sapori originari degli ingredienti, valorizzazione degli artigiani meridiani.