La querelle su Cracco e l'aglio nell'amatriciana
La difesa delle tradizioni contro la libertà creativa del cuciniere
L'aglio fa sempre discutere: c’è chi lo ama, chi lo rifiuta, chi lo mette a proposito e chi a sproposito.
Addirittura c’è chi scende in piazza (o meglio in consiglio comunale) contro una star dello chef system, Carlo Cracco, uno dei giudici di Masterchef che, in questo caso, è stato pesantemente apostrofato dagli abitanti di Amatrice, patria di quello splendido piatto che è l’amatriciana.
La critica è di aver inserito, tra gli ingredienti dell' amatriciana, appunto l’aglio e, nonostante la sollevazione popolare, di aver insistito sulla sua interpretazione.
Una querelle gastronomica che si presta ad alcune riflessioni: da un lato la difesa, a spada tratta, delle tradizioni, così come succede di fronte alla pasta al pesto (ricordiamo l’insurrezione per la proposta di Oldani di introdurre il burro nel pesto alla genovese), alla carbonara, alle sarde, al ragù, perfino al pomodoro e basilico; dall’altro la libertà creativa del cuciniere, con il limite dell’armonia di una pietanza.
La presa di posizione di Amatrice contro l'aglio segna, ancora una volta, il sentimento verso le memorie locali, nonostante ci sia stata un’indubbia evoluzione della cucina, solo e semplicemente nella fascia alta della ristorazione.
Tuttavia anche a questi livelli non è stata trovata ancora una “filosofia culinaria” made in Italy, che vada oltre le consuetudini dei mille, diecimila campanili.
La ricerca del nuovo che avanza con una reinterpretazione delle ricette delle culture locali non è creatività; spostare o destrutturare ingredienti e cambiare la forma di un tiramisù dalla struttura originaria è semplicemente un’operazione di scambio delle materie prime o della forma: il prodotto, ahimè, non cambia.
La cucina italiana attuale non ha gli stilemi dell’Avanguardia, non è rivoluzionaria, ma solo riformista: ciò non significa che non sia un’evoluzione che porta a una considerazione maggiore da parte della critica internazionale.
Si afferma spesso che “la tradizione è un’innovazione riuscita”: ebbene a Bologna, alla disfida del tortellino fra Bologna e Modena, ho avuto una riprova che non è così: i tortellini tradizionali erano eccellenti, quelli creativi da bocciare.