C'è del burro nel pesto alla genovese
E' polemica sulla tesi dello chef Davide Oldani
Tempi duri per le ricette tradizionali italiane che nel giro di pochi giorni sono state messe in dubbio non da uno, ma da ben due chef stellati. Dopo la reinterpretazione della “matriciana” (sì, concordo con Aldo Buzzi e con la sua teoria di eliminare la a iniziale per restituire la scorrevolezza che le aveva dato il popolo) di Cracco con l’aglio, Oldani mette alla berlina un altro classicone della cucina nazionale: il pesto.
Gli ingredienti del pesto alla genovese
Come la migliore cultura genovese insegna, sapevamo che per fare il pesto servono delle foglie di basilico fresco (meglio se in fiore), del pecorino, del parmigiano, una manciata di pinoli, aglio, sale e dell’olio extravergine d’oliva. Ebbene, nulla permane, nemmeno le certezze più inossidabili sono destinate a durare nel tempo. secondo Oldani, oltre all’olio, una noce di burro nel pesto non solo non stona, ma è necessaria per rendere la salsa verde più cremosa, più delicata e aiuta ad attenuare la piccantezza del pecorino. Anche Anna Gosetti della Salda si era resa conto che un’eccessiva dose di pecorino rischia di coprire il sapore del basilico. L’autrice del più grande libro di ricette regionali italiane però, a differenza dello chef del D’O di Cornaredo, non ha mai messo in dubbio la presenza esclusiva dell’olio extravergine d’oliva e, per mantenere la delicatezza della ricetta, suggeriva come escamotage la sostituzione del pecorino sardo con le formaggette di latte di pecora allevata nel crinale montano ligure.
La variante di Oldani
La vicenda di Oldani ha suscitato non poche polemiche e il pubblico si è diviso tra tifosi e detrattori dello chef. C’è chi ha gridato allo scandalo e chi ha sostenuto la teoria della libera interpretazione della tradizione. Oldani dal canto suo si è appellato alla cultura del cibo, citando Ada Boni e Carnacina che nei loro libri di cucina consigliano l’uso del burro nel pesto. Noi non siamo conservatori, difendiamo la libertà di espressione culinaria, ma ci piace sottolineare che a Genova da 150 anni la maggioranza della popolazione prepara la salsa simbolo della città con l’olio extravergine d’oliva, senza aggiungere il burro.
Al di là del disciplinare di produzione, ne abbiamo avuto conferma da un signore che di pesti se ne intende un bel po’: Roberto Panizza de Il Genovese che realizza il suo prodotto di punta pestando al mortaio foglie fresche di basilico in fiore, pinoli italiani, olio Dop ligure, aglio, sale grosso di Trapani, Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi e Fiore Sardo 10 mesi. Il pesto di Panizza è gustoso, elegante e delicato, anche senza burro (alla mia domanda su come fa il pesto, la sua risposta immediata è stata: “sicuramente senza burro”).
Che l’inghippo del caso sia da ricercare nell’aggettivo “genovese” accostato a pesto?