La cucina è contaminazione
Spesso la trasgressione ai fornelli è vista come un tradimento alla cultura locale e non come opportunità di crescita
Certo ci sono stati anche cuochi pasticcioni che in nome della nouvelle cuisine hanno messo in tavola delle ciofeche. Negli anni '80, tutto è comunque durato l'espace d'un matin, e a chi non è stato mai in un locale di nouvelle cuisine è rimasto il tarlo che chi trasgredisce alle regole della cucina di Petronilla, dell'Artusi, del Cucchiaio d'Argento debba essere bollato come «cucina francese» e non come pasticcione. Un titolo valido pure a chi serve pessime tagliatelle al ragù o lasagne.
Il sottosegretario forse dimentica che, alla morte della nouvelle cuisine, la leadership nel mondo è stata presa dalla cucina d'avanguardia spagnola o destrutturata, impersonata da Ferran Adrià e a seguire da molti chef italiani. Ebbene oggi, quando un cuoco non cucina secondo le regole "regionali" o della nonna, viene tacciato di seguire la cucina molecolare (un errore in cui sono caduti anche gourmet e critici) e di usare la famigerata chimica nelle pietanze. Insomma ciò che viene identificato come "diverso", è prima francese, poi spagnolo, poi molecolare, quasi a non volersi rendere conto che la cucina è contaminazione, nonché un'arte in movimento che non si può fermare. E di fronte alle correnti di immigrazioni, sempre più le cucine diventeranno un crogiuolo di prodotti, sapori e profumi. La vera cucina italiana sarà quella che riuscirà, ferma sulle proprie diversità culturali dei territori, anche ad aprirsi alla contaminazione.
Sine qua non