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La cucina è contaminazione

Spesso la trasgressione ai fornelli è vista come un tradimento alla cultura locale e non come opportunità di crescita


L'affermazione del sottosegretario alla cultura, Ilaria Borletti Buitoni, sul fatto che in Italia si mangiasse male o addirittura peggio che nel passato, ha fatto tanto rumore (per nulla?). Forse ciò che è passato sotto silenzio di questa provocazione, è stata la seconda tesi per la quale il deterioramento fosse dovuto all'imitazione dei cuochi italiani della cucina francese. Questo assunto, sebbene sia un luogo comune, trova una ragion d'essere nella convinzione di larga parte degli italiani da sempre legati a tradizione e culture locali. Ogni trasgressione dei cuochi (ingredienti, presentazione, cottura con metodi innovativi) viene tacciata con l'insulto: «nouvelle cuisine, vade retro!». Ma pochi conoscono quale sia stato questo movimento che molto ha insegnato (cotture più leggere, composizione etc) a quei pochi chef in grado di usare quella filosofia con intelligenza (Gualtiero Marchesi, Ezio Santin).

Certo ci sono stati anche cuochi pasticcioni che in nome della nouvelle cuisine hanno messo in tavola delle ciofeche. Negli anni '80, tutto è comunque durato l'espace d'un matin, e a chi non è stato mai in un locale di nouvelle cuisine è rimasto il tarlo che chi trasgredisce alle regole della cucina di Petronilla, dell'Artusi, del Cucchiaio d'Argento debba essere bollato come «cucina francese» e non come pasticcione. Un titolo valido pure a chi serve pessime tagliatelle al ragù o lasagne

Il sottosegretario forse dimentica che, alla morte della nouvelle cuisine, la leadership nel mondo è stata presa dalla cucina d'avanguardia spagnola o destrutturata, impersonata da Ferran Adrià e a seguire da molti chef italiani. Ebbene oggi, quando un cuoco non cucina secondo le regole "regionali" o della nonna, viene tacciato di seguire la cucina molecolare (un errore in cui sono caduti anche gourmet e critici) e di usare la famigerata chimica nelle pietanze. Insomma ciò che viene identificato come "diverso", è prima francese, poi spagnolo, poi molecolare, quasi a non volersi rendere conto che la cucina è contaminazione, nonché un'arte in movimento che non si può fermare. E di fronte alle correnti di immigrazioni, sempre più le cucine diventeranno un crogiuolo di prodotti, sapori e profumi. La vera cucina italiana sarà quella che riuscirà, ferma sulle proprie diversità culturali dei territori, anche ad aprirsi alla contaminazione.

Sine qua non

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